Fake news e disinformazione: accettiamo serenamente la complessità
Autrice
Maria Chiara Todaro
Venerdì 8 gennaio 2021 durante il terzo incontro del progetto #hackforinclusion, il Civic Hackathon organizzato dal progetto “IN EDU – INclusive communities through Media literacy & Critical Thinking EDUcation”, Maria Giovanna Sessa e Bruno Mastroianni ci hanno accompagnato in un percorso che ha attraversato la questione molto spinosa delle fake news e della disinformazione.
Maria Giovanna Sessa, ricercatrice EU DisinfoLab, inizia il suo discorso con una premessa molto importante:
“Nessuno di noi è immune da queste problematiche e tutti, volontariamente o meno, ne siamo inglobati”.
Hillary Clinton usò per la prima volta il termine “fake news”. Adesso spesso viene associato alla parola “epidemia” per evidenziare le sue proprietà di diffusione e contagio. Da qui il termine infodemia, ossia la circolazione di una quantità immensa di informazioni, talvolta scorrette e altre volte meno, spesso monopolizzate, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento, a causa della difficoltà di individuare fonti affidabili.
Il termine più appropriato per definire questo fenomeno è disordine informativo. Ingloba le tre categorie principali nelle quali prendono vita le fake news che conosciamo:
- la misinformazione, la condivisione e la diffusione in modo inconsapevole di false informazioni;
- la disinformazione, condividere false informazioni volontariamente per causare danni;
- la malinformazione, condividere informazioni vere vengono per causare danni, spesso spostando informazioni private nella sfera pubblica (il revenge porn ne è un esempio).
Le fake news si presentano in forma molto diversa tra loro. Tendono a servirsi di un forte impatto emotivo, di un discorso semplificato e spesso decontestualizzato e di una terminologia molto pesante che possa dare un senso collettivo a qualcosa di sconosciuto. Tutte queste strategie catturano velocemente l’attenzione lettore/spettatore/auditore che facilmente assorbe queste informazioni, trovando in loro la conferma delle proprie opinioni personali.
In questo periodo molto delicato, attraversato da una pandemia, le fake news soddisfano la propria “sete di seguaci”. Causano confusione e disinformazione sulle cause del virus (da cui non sono esenti neanche i membri del nostro Parlamento), sulle misure di contenimento, sull’efficacia del vaccino e così via.
In questa dinamica anche NOI abbiamo il nostro posto, essendo fruitori e produttori di informazioni online (prosumer). Pertanto possiamo lavorare sulla media literacy, educarci ed educare a uso consapevole dei media al fine di sfruttarne al massimo il potenziale.
Tutto questo deve avvenire parallelamente al fact-checking (controllo della veridicità dei fatti e delle notizie da parte di esperti, attivisti, società civile), alla moderazione dei contenuti (a cui deve lavorare la piattaforma) e una necessaria regolamentazione (da parte delle istituzioni).
In questo discorso si inserisce il filosofo e social media manager Bruno Mastroianni con una frase illuminante:
“Conoscere non è questo, conoscere è il contrario. C’è una piccola umiliazione nel conoscere. La conoscenza crea sorpresa”.
Il termine “fake news” è fuorviante perché contiene in sé il concetto di deresponsabilizzazione. Noi abbiamo la nostra responsabilità, il nostro ruolo: come sfruttarlo?
Bruno Mastroianni ritiene che per trovare delle soluzioni sia necessario partire da una distinzione molto importante, quella tra informarsi e conoscere. “Informarsi” vuol dire raccogliere dati su una parte di realtà che non riusciamo a raggiungere, è un’operazione iniziale e veloce a cui si deve aggiungere un percorso complesso e verticale, di acquisizione, selezione e rielaborazione delle informazioni, per arrivare alla conoscenza.
I due istinti dell’uomo su cui si costruisce il gioco informativo sono la tendenza a risolvere velocemente qualcosa che si percepisce come complesso e la tendenza a polarizzare i discorsi in giusto/sbagliato. Controllare il flusso di informazioni sarebbe un fallimento, ma possiamo controllare questi due istinti. Quando ci troviamo di fronte a delle informazioni è necessario modificare il nostro modo di percepirle, non considerarle come punto finale, ma come l’inizio di una ricerca, che parte dalla fonte, la sua affidabilità, la ricostruzione del contesto, fino al confronto con le altre versioni.
“Io e te stiamo coltivando un giardino di fonti attendibili o ci stiamo accontentando delle notizie (input) che ci arrivano, invece di usare la ricerca (search)?”
A questa domanda Bruno Mastroianni risponde con l’immagine della tridimensionalità. La base non basta (l’informazione), bisogna aggiungere l’altezza che è data dalla narrazione, e la profondità, data dal confronto tra le varie narrazioni.
Dobbiamo eliminare la logica dell’urgenza decisionale. Bisogna accettare con serenità la complessità delle sfumature e l’umiliazione che l’incomprensione può creare. Il punto di partenza è iniziare a costruire lentamente una propria e libera conoscenza partendo dai punti interrogativi. Siamo pronti a farlo?
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