Erasmo da Rotterdam e la pace

Brani scelti a cura di
Tiziana Provvidera

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In occasione della 54ª Giornata Mondiale della Pace, proponiamo una selezione di brani di Erasmo da Rotterdam sulla pace, scelti da Tiziana Provvidera per la rubrica Zibaldone durante il primo confinamento. Una petizione per la pace nata in uno stato di costrizione che proponiamo alle amiche e agli amici del Centro studi Piero Gobetti come un augurio per un 2021 all’insegna della pace nella libertà. La parola di Erasmo suona alta e come un monito da ascoltare all’Europa di ieri e all’Europa di oggi impegnata in una prova in cui è in gioco il suo destino e il suo possibile futuro (Pietro Polito, direttore del Centro studi Piero Gobetti).

Zibaldone

Ora se nel mondo c’è una cosa che conviene affrontare con esitazione – ma che dico, che bisogna in tutti i modi evitare, scongiurare, tenere lontana – di sicuro è la guerra: non c’è iniziativa più empia e dannosa, più largamente rovinosa, più persistente e tenace, più squallida e nell’insieme più indegna di un uomo, per non dire di un cristiano. Invece – chi lo crederebbe? – oggi si entra in guerra di qua, di là, dappertutto, con estrema leggerezza, per le ragioni più futili: e la condotta di guerra è caratterizzata da un’estrema crudeltà e barbarie.

(Dulcebelluminexpertis, 1515 (Adagia n. 3001), in Erasmo da Rotterdam, Adagia. Sei saggi politici in forma di proverbi, trad. di S. SeidelMenchi, Einaudi, Torino 1980).

Al giorno d’oggi la guerra è un fenomeno così largamente recepito, che chi la mette in discussione passa per stravagante e suscita la meraviglia; la guerra è circondata di tanta considerazione, che chi la condanna passa per irreligioso, sfiora l’eresia: come se non si trattasse dell’iniziativa più scellerata e al tempo stesso più calamitosa che ci sia. Bisognerebbe invece domandarsi qual genio malvagio, quale flagello, quale calamità, quale Furia infernale abbia originariamente immesso un impulso così bestiale nell’animo dell’uomo, abbia indotto questo essere pacifico, che la natura ha preordinato a una solidale convivenza, – il solo essere predestinato alla salvezza – a farsi promotore e vittima di sterminio, con una frenesia così selvaggia, con tali esplosioni di follia.

(Dulcebelluminexpertis, 1515 (Adagia n. 3001), in Erasmo da Rotterdam, Adagia. Sei saggi politici in forma di proverbi, trad. di S. SeidelMenchi, Einaudi, Torino 1980).

Siamo arrivati a un tal grado di frenesia, che tutta la nostra vita è dominata dalla guerra. Non c’è tregua. La guerra imperversa a livello di nazioni, a livello di regni, di città, di principi, di popoli. Non rispetta rapporti di parentela, non conosce vincoli di sangue, mette fratello contro fratello, arma il figlio contro il padre. […] Eppure nessuno fa domande, nessuno si leva a dire una parola di riprovazione: cecità della mente umana! C’è chi plaude, chi esalta, chi chiama santa un’iniziativa superdiabolica e aizza principi già per conto proprio farneticanti, dando, come si dice, esca al fuoco.

(Dulcebelluminexpertis, 1515 (Adagia n. 3001), in Erasmo da Rotterdam, Adagia. Sei saggi politici in forma di proverbi, trad. di S. SeidelMenchi, Einaudi, Torino 1980).

Nelle corti dei principi, come in una sorta di porto, trovo rifugio. «Ci sarà certamente» dico «presso di loro un posto per la pace: costoro sono più saggi del volgo, tanto da essere lo spirito della plebe e l’occhio del popolo». E tutto promette bene. Vedo scambi di saluti cordiali, amicizia negli abbracci, giovialità negli incontri, e ogni altra manifestazione di umana bontà. Ma – cosa indegna! – fra loro non mi fu dato di scorgere nemmeno l’ombra della vera concordia. Tutto è trucco e finzione, tutto è corrotto da fazioni palesi, occulti dissidi e rivalità. Alla fine scopro che presso costoro a tal punto non abita la pace che è proprio da qui che scaturiscono e germogliano tutte le guerre. Dove potrò andare – me misera! – dopo tanti disinganni?

(Querela pacis (1517), in Erasmo da Rotterdam, Il lamento della pace, trad. di C. Carena, Einaudi, Torino 1990).

La grande maggioranza dei popoli detesta la guerra e invoca la pace. Sono ben pochi oramai coloro la cui empia infelicità dipende dall’infelicità generale, e dunque bramano la guerra. Se sia giusto o meno che la loro malvagità prevalga sull’aspirazione di tutti i buoni, giudicatelo voi stessi. Vedete che fino ad ora si sono mostrati inutili i trattati, inconcludente la forza, la punizione. Adesso provate invece quale non sia l’efficacia della concordia e della generosità. Da guerra nasce guerra, vendetta provoca vendetta. Adesso sia la bontà a generare bontà, la generosità solleciti ad essere generosi, e si giudichi più regale chi avrà rinunciato ai propri diritti.

(Querela pacis (1517), in Erasmo da Rotterdam, Il lamento della pace, trad. di C. Carena, Einaudi, Torino 1990).

Mi rifugerò fra i banchi dei dotti. La buona letteratura rende umani, la filosofia più che umani, la teologia divini. Fra costoro, dopo tanti vagabondaggi, troverò certamente riposo. Ma, ahimè, anche qui un altro genere di guerre: certo meno cruento ma non meno folle.

Le scuole in dissidio tra loro e, come se la verità differisse a seconda del luogo, certe nozioni non attraversano il mare, altre non oltrepassano le Alpi, altre ancora non varcano il Reno; anzi in una stessa università, il dialettico fa guerra al retore e il teologo dissente con il giurista, al punto che nemmeno nelle più insignificanti questioni esiste accordo tra loro e sono frequenti i duelli più accaniti su questioni di lana caprina: nel calore della discussione salgono dalle argomentazioni agli insulti, dagli insulti alle percosse; non si pone mano a picche e pugnali, ma ci si trafigge con stili avvelenati, ci si sbrana a vicenda con i denti dei propri scritti e l’uno avventa con la propria lingua frecciate letali sulla reputazione dell’altro.

(Querela pacis (1517), in Erasmo da Rotterdam, Il lamento della pace, trad. di C. Carena, Einaudi, Torino 1990).


Tiziana Provvidera

Tiziana Provvidera collabora con il Centro studi Piero Gobetti, l’Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli a e la Sapienza Università di Roma. Si occupa in particolare di filosofia politica ed etica nel mondo classico e nella storia del pensiero moderno e contemporaneo. Tra i suoi lavori si segnala l’epistolario tra Norberto Bobbio e Eugenio Garin e le Opere politiche del filologo e erudito seicentesco Giusto Lipsio, alla cui figura ha dedicato una monografia.

2 commenti
  1. Antonino Drago
    Antonino Drago dice:

    «Quale preghiera, vorrei sapere, recitano i soldati durante [le] messe? Il Pater noster?
    / Faccia di bronzo! Osi chiamarlo “padre”, tu che vuoi tagliare la gola al tuo
    fratello? / “Sia santificato il tuo nome.” Che cosa c’è che disonori di più il nome
    di Dio che queste vostre risse? / “Venga il tuo Regno.” Preghi così tu, che con
    tanto sangue hai edificato la tua tirannide? / “Sia fatta la tua volontà così in cielo
    come in terra.” Lui vuole la pace e tu prepari la guerra? / “Dacci il nostro pane
    quotidiano.” Chiedi al Padre comune il pane quotidiano tu, che incendi le messi
    del fratello e preferisci morire di fame tu stesso, piuttosto che egli ci possa vivere?
    / Con che fronte pronunci queste parole: “E rimetti a noi i nostri debiti come noi
    li rimettiamo ai nostri debitori”, tu, che ti appresti alla strage di fratelli? / “E non
    ci indurre in tentazione.” Scongiuri il pericolo della tentazione tu, che con le tue
    azioni mortifere metti a rischio la vita del tuo fratello? / “Ma liberaci dal male.”
    Chiedi di essere liberato dal male tu, che dal male sei ispirato a ordire il male estremo
    del tuo fratello?» (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, 1509).
    II

    Rispondi
  2. Centro Gandhi odv
    Centro Gandhi odv dice:

    La citazione riportata da Antonino Drago è erroneamente riferita all' Elogio della follia, perché è compresa nello scritto di Erasmo Querela Pacis. Il lamento della pace

    Rispondi

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