Il prezzo dell’atomica sotto casa

Autrice
Elisa Mondino

Il prezzo dell'atomica sotto casa

L’inchiesta del novembre 2020 “Il prezzo dell’atomica sotto casa” di Sofia Basso, ricercatrice dell’Unità Investigativa Greenpeace, rivela il ruolo che il nostro Paese ricopre nell’ambito delle armi nucleari. 

Sebbene l’Italia non l’abbia confermato, a Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone) sono custoditi 40 ordigni atomici statunitensi. Un’eredità spaventosa della Guerra Fredda, quando gli Stati Uniti dispiegarono bombe tattiche in tutta l’Europa occidentale. Nonostante gli arsenali siano stati ridotti dopo la caduta del Muro di Berlino, l’Italia continua a essere “casa” di bombe nucleari, come parte del sistema NATO del “nuclear sharing”. 

Ciò comporta che l’Italia abbia un suo proprio budget nucleare. Infatti, se l’ammodernamento delle bombe B61 alle nuovissime B61-12 è a carico degli Stati Uniti, il Paese ospitante deve procedere al rafforzamento della sicurezza dei bunker atomici, all’acquisto dei caccia americani F-35 e all’addestramento operativo per le missioni nucleari. Malgrado le cifre siano di difficile quantificazione, nel 2018 l’Osservatorio Milex stimò che la spesa italiana arrivasse fino ai 100 milioni all’anno. 

All’ingente spesa, si aggiunge la minaccia di una catastrofe nucleare. Come rivela uno studio del Ministero della Difesa, un attacco terroristico alle basi militari di Ghedi e Aviano, potrebbe causare dai 2 ai 10 milioni di vittime, a seconda dei tempi di intervento e dalla direzione del vento. Come se non bastasse, come scrive Sofia Basso, “il rischio che un’esplosione accidentale, un guasto tecnico, un errore umano, un attentato o un’azione non autorizzata possano scatenare un disastro nucleare è insito negli armamenti atomici”. 

I rischi non finiscono qui. Vi è infatti la possibilità che gli Stati Uniti decidano di effettuare un attacco nucleare proprio a partire dal territorio italiano. In questo caso, l’ultima parola spetterebbe alle autorità italiane, ma, come afferma Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e presidente della Fondazione Icsa “l’Italia è ancora padrona a casa sua. Poi se voglia esercitare questa facoltà o chiudere un occhio è un altro discorso”. 

Dato il grande coinvolgimento dell’Italia, non è difficile capire il perchè della sua assenza dal Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW). Promosso dalle Nazioni Unite nel 2017, il TPNW è il primo trattato internazionale che metta al bando l’uso delle bombe nucleari e che vieti anche la loro produzione, test, acquisizione, trasferimento e schieramento. La sua entrata in vigore nel 2021 è stata resa possibile grazie alla 50esima ratifica necessaria dell’Honduras, il 24 ottobre scorso. “In tutto questo processo ha brillato l’assenza, quando non l’esplicito sabotaggio, dei Paesi nucleari e dei loro alleati, Italia compresa”, afferma Sofia Basso, “L’unico Paese NATO a partecipare ai lavori ONU è stata l’Olanda, che comunque ha votato contro il TPNW.” 

Dalla sua approvazione, sono state presentate alcune mozioni al parlamento italiano per chiedere l’adesione dell’Italia al Trattato. Mozioni di poco successo, poiché i pochi impegni approvati risultano vaghi e non vincolanti. Ad esempio, così recitava una mozione approvata nel settembre 2017: “l’esecutivo si impegna a valutare, compatibilmente con gli obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica e con l’orientamento degli altri alleati, la possibilità di aderire al trattato giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti alla loro totale eliminazione”.

Tuttavia, se la politica italiana è ambigua sull’argomento, l’opinione pubblica italiana si schiera nettamente contro alla presenza di arsenali atomici sul territorio nazionale. Come emerge dal recente sondaggio di Greenpeace Italia, ben il 79% degli italiani chiede che le testate nucleari americane sul suolo italiano siano ritirate. Ancora, il 79% chiede lo smantellamento degli arsenali nucleari mondiali e l’81% ritiene che l’Italia dovrebbe aderire al TPNW.

Quindi, non si può che condividere il messaggio di Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia: “un pianeta sempre più instabile è più sicuro senza armi nucleari. È tempo che l’Italia prenda una posizione chiara e definitiva sulle armi atomiche, chiedendo il completo ritiro delle bombe americane dal proprio territorio e ratificando il TPNW ”.

Insomma, gli strumenti per mettersi alle spalle la minaccia di una guerra nucleare ci sono. Basta volerli usare.


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