La salute delle e dei migranti

Giulia Faraci

Due sono i focus di ricerca per quello che concerne il tema della salute delle e dei migranti: il primo è quello della violenza e il secondo è quella della paura.

La salute è uguale per tutti?

Nel seminario online “La salute delle e dei migranti” del 9 dicembre scorso, la generalizzata vulnerabilità delle e dei migranti viene evidenziata attraverso l’accentuata necessità di accesso a cure e servizi. Questo ha focalizzato l’attenzione sulla possibilità degli attori sociali di intervenire. L’obiettivo è dunque quello di inquadrare la salute come condizione che attira a sé fenomeni di natura politica e socio culturale.

L’intreccio che si prende in considerazione è quello dei rapporti di potere che emergono dalla condizione di fragilità dei migranti e di ampi processi socioculturali. Tutti i contributi partono da due condizioni preliminari:

  1. Il cosiddetto migrante sano, ovvero l’inizio dell’esperienza di migrazione presenta una condizione in cui i migranti sono più sani dei nativi ed è proprio per tale ragione che affrontano il viaggio di migrazione;
  2. Nel procedere con l’esperienza di migrazione arriva l’erodersi della loro condizione; la precarietà della vita che il migrante condurrà a causa di inadeguate e inefficienti processi di integrazione e cura.

I contributi dati a tale condizione sono diversi: in particolare un aspetto interessante è il loro sentirsi discriminati ovvero il loro punto di vista sull’essere oggetto delle discriminazioni come elemento che contribuisce in modo considerevole sulla condizione di salute della persona.

Due sono i focus di ricerca per quello che concerne il tema della salute dei migranti: il primo è quello della violenza e il secondo è quella della paura che porta a disincentivare nella maggior parte dei casi il ricorso all’assistenza medica soprattutto per le donne migranti in maternità. 

Quando la paura guida le scelte

Ci soffermiamo dunque sulla dimensione della paura, in particolar modo su quella prodotta dalla solitudine e dalla vulnerabilità delle e dei migranti.

Nella sua ricerca Pamela Pasian mette in luce i vari punti di contatto delle istituzioni che si occupano di integrazione dei migranti, affinché possa essere più chiaro il modo con cui si scrive la biografia delle donne in particolare.

L’anno in cui è avvenuta tale ricerca, ovvero il 2018 fu un anno di riforme sul tema dell’immigrazione. Queste hanno smantellato diritti acquisiti soprattutto per donne irregolari. In questo frangente abbiamo esaminato il sentimento della paura enfatizzata numerose volte, intendendola come prodotto di affetto individuale e di produzione di un ‘io corporeo’.

Da cosa però è prodotta la paura? Attraverso interviste di diverse donne i sentimenti della paura differiscono da individuo a individuo come ad esempio chi lo ha manifestato a causa di una scarsa conoscenza della lingua, chi per la lo scoperta di essere incinta sola e lontana dal proprio marito o ancora quella della scoperta di dover affrontare un parto cesareo. Tuttavia la paura è riscontrabile con sfumature diverse in base alle esperienze vissute.

Dalla ricerca ne emerge che alcune volte essa scaturisce anche dal giudizio: testimonianze riportano il considerevole numero di donne che abortiscono in silenzio attraverso medicinali non adatti e in situazioni che necessiterebbero di cure ospedaliere. La dimensione di questo sentimento è molto rimbalzata ed emerge sia dalle donne che negli operatori di servizio con cui entrano in contatto. Un medico volontario presso un centro di accoglienza migranti racconta come nel post-partum queste donne diventino completamente invisibili.

Sicuramente la retorica costruita a danno dei migranti e un clima sociale, politico e mediatico ostile non favorisce tutto questo. Le donne infatti temono molte volte di essere controllate dalle istituzioni e questo orienta molto le condotta della pazienti : per la paura che gli assistenti sociali intervengano portando via il bambino qualora dovessero riscontrare una situazione problematica,  le donne tendono a non rivolgersi alle strutture opportune. In ultima analisi si riscontra come la paura conduce anche a scelte consapevoli non sempre positive.

Un’esperienza raccolta è quella di una donna che racconta della sua gestazione gemellare in cui uno dei due gemelli era podalico e nonostante ciò confessa di aver smesso di seguire gli incontri di preparazione al parto, perché le era stato vivamente consigliato un parto cesareo e questo destò in lei molta paura, e mettendo al centro se stessa fece prevalere questa emozione a discapito di una condotta doverosa.

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Foto di jnylee da Pixabay

Discriminazione percepita

La salute mentale delle e dei migranti è stata analizzata attraverso un focus specifico che in Italia è stato scarsamente analizzato, ovvero quello della discriminazione etnica auto-percepita che può incidere in modo determinante sulla salute.

In questo particolare momento sono diverse le ragioni che sollecitano l’interesse sulla salute delle e dei migranti a causa di possibili contagi causati dal fenomeno migratorio.

Questo perché, come si è osservato anche in precedenti pandemie, il senso di responsabilità da attribuire ad altri si configura come una retorica ormai consolidata.

Occorre aggiungere come esista una maggiore difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria e tutto questo comporta un aggravamento dell’effetto sfavorevole sulla loro salute.

Il fatto di essere esposti a forme di discriminazione, intese come insieme di comportamenti e pratiche che producono comportamenti differenziali sulla base di età, genere, appartenenza religiosa, abilità corporee, colore delle pelle ecc.., emerge come importante fattore di rischio per la salute di chi ne fa esperienza.

Questo è rilevante sia nel caso della discriminazione espedita, ovvero quella oggettiva, ma anche su quella percepita, ovvero quella associata a un peggior status di salute mentale in termini di presenza di sintomi depressivi, disturbi d’ansia o anche specifici sintomi psichiatrici.  

Si mette quindi in evidenza l’interazione fra la presenza di questi sintomi e la discriminazione percepita per rendersi conto della pervasività di tale comportamenti discriminatori all’interno della società.

Ciò nonostante è indubbio che le principali istituzioni sanitarie a livello europeo, a partire dall’OMS, stiano dimostrando negli ultimi anni una crescente attenzione e consapevolezza al tema della salute dei migranti.

Un aspetto sicuramente critico è rappresentato dall’effettiva volontà e capacità dei governi nazionali, molti dei quali stanno proponendo atteggiamenti di chiusura e di strumentalizzazione del fenomeno migratorio, di adottare politiche intersettoriali in grado di modulare in modo positivo il fenomeno sociale della salute.

Vi è dunque un impulso ancora maggiore se si considera che la salute rappresenta essa stessa un veicolo di integrazione delle generazioni attuali e future.


 

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