La nostra solidarietà a Extinction Rebellion per il diritto al dissenso

La manifestazione del 18 settembre

Il 18 settembre il gruppo locale di Extinction Rebellion ha organizzato una giornata di mobilitazione in Piazza Castello a Torino.  Nei giorni precedenti l’organizzazione aveva ripetutamente invitato giornalisti e capi redattori dei tantissimi giornali italiani a intervenire in tavole rotonde, dibattiti e a raggiungerla in piazza quel giorno. 

La richiesta era che si potesse discutere intorno alla necessità che i giornali e le TV italiane pubblichino un nuovo piano editoriale, impegnandosi a dare il giusto peso alla “più grande crisi che l’umanità si sia mai trovata ad affrontare” (un po’ come è stato fatto dal quotidiano inglese «The Guardian»).

Ci sono tanti giornalisti in Italia che vorrebbero parlare di crisi climatica e continuano a non trovare spazio nelle grandi redazioni. Ci sono tante persone che non conoscono ancora la gravità della situazione in cui ci troviamo, perché i giornali e le TV non ne parlano. Non nel modo in cui dovrebbero, perlomeno.

Quel giorno, in particolare, erano stati invitati i direttori locali di Repubblica, La Stampa, Il Corriere della Sera e della RAI. Dopo un’ora di interventi e flash-mob in piazza, nessuno di loro si era ancora presentato. Così otto persone sono salite e si sono incatenate sulle colonne che dividono Piazza Castello dalla Piazzetta Reale, accendendo un fumogeno a testa di 40 secondi (per puro effetto scenico). L’idea era restare lassù, seduti e senza recare danni a niente e nessuno, finché almeno uno dei direttori invitati fosse arrivato in piazza. E così è successo: alle 20 circa, dopo 4 ore, è arrivato il capo redattore del Corriere di Torino e le 8 persone sono scese dalle colonne.

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Le denunce

Extinction Rebellion è un movimento radicalmente nonviolento, che pone tantissima attenzione al linguaggio, alle modalità con le quali si scende in piazza e al rapporto con le forze dell’ordine.

A distanza di 2 mesi, quelle persone sono state denunciate per “Accensioni ed esplosioni pericolose” (Art. 703 del codice penale), per aver acceso un fumogeno di 40 secondi durante la manifestazione, e “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” (Art. 650 del codice penale), per non essere scesi dalle colonne quando ordinato.

Ad oggi, nel giro di un mese sono arrivate al gruppo torinese multe e denunce per una somma totale di 20.000 €, così come anche sta succedendo per le manifestazioni che si sono tenute a Roma, soprattutto per il presidio durato più di due giorni davanti alla sede dell’Eni organizzato con queste richieste:

  1. Porre fine agli incentivi che lo Stato concede a tutte le aziende che traggono profitto dalle attività estrattive;
  2. Rifiutare di concedere qualsiasi tipo di finanziamento a Eni fino a che non invertirà completamente la propria politica energetica rinunciando definitivamente ai combustibili fossili;
  3. Contrastare la narrativa di “greenwashing” di Eni sostenendo con noi l’inconsistenza e l’ipocrisia della “transizione verde” che questa azienda dice di perseguire; 
  4. Rifiutare di concedere qualsiasi tipo di finanziamento a Eni fino a quando non smetterà di sfruttare selvaggiamente le risorse delle popolazioni più povere del mondo.
  5. Porre fine immediatamente alla partecipazione di Eni nei programmi di educazione e formazione di studenti e insegnanti delle nostre scuole  sulle tematiche ambientali.

La raccolta fondi

Extinction Rebellion ha attivato una campagna di raccolta fondi per contribuire alle spese legali che i/le militanti si trovano adesso ad affrontare. 

Extinction Rebellion non è l’unico movimento che in questo momento sta subendo una qualche forma di repressione e, come nel caso di Dana Lauriola e del movimento NOTAV, è evidente che sia in atto un vero e proprio tentativo di mettere a tacere ogni forma di dissenso sfiancando chi ha il coraggio di fare qualcosa, attraverso forme di azione e di protesta nonviolenta.


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