L’opposizione alla nuova legge contro l’aborto scatena forti proteste in Polonia | Craig Brown
I manifestanti stanno portando avanti un’azione nonviolenta per contenere i rischi di contagio e fronteggiare la violenza da parte della polizia.
Il rischio di maggiore disobbedienza civile durante la pandemia non dovrebbe essere sottovalutato. Non è solo il rischio di contagio ad annullare le manifestazioni – sono sempre di più le decisioni legislative relative alla sanità pubblica che comportano una brutale soppressione del dissenso.
Quest’anno, molti paesi hanno scelto di dare priorità alle proteste contro queste ingiustizie, rispetto al rischio sanitario che potrebbe potenzialmente derivare da queste proteste.
Ciò che è accaduto in Polonia, ha costretto un considerevole numero di persone a correre quel rischio. Giovedì scorso, la Corte Costituzionale, controllata dal partito al potere, PiS (“Diritto e Giustizia”, in polacco Prawo i Sprawiedliwo?? ), ha dichiarato che l’aborto non sarà ammesso sulla base di difetti del feto gravi e irreversibili. Questo consente la pratica solo se la madre è in pericolo di vita oppure se la gravidanza è stata conseguenza di stupro o incesto. Così, giovedì pomeriggio, sono iniziate le proteste.
Prima di parlare delle proteste contro la legge anti-aborto che hanno avuto luogo a Varsavia, è importante fare una piccola digressione sui fatti accaduti sabato 24 ottobre, in Piazza Bankowy. Mentre una dozzina di volanti della polizia correvano su e giù per Aleja Solidarno?ci, un uomo che sembrava guidare la protesta ha avvertito quasi senza fiato, “Non andate lì. Gli agenti della polizia… stanno picchiando tutti. È tremendo.”
Circa cinque minuti prima che io arrivassi, la polizia aveva circondato alcuni manifestanti che protestavano contro le misure di lockdown, aggredendoli con spray al peperoncino, granate e manganelli, mentre gli altri, storditi e perplessi, si disperdevano nella piazza.
Questo contesto appare particolarmente importante per le proteste contro la legge anti-aborto, per due motivi. Il primo è che, per quanto le proteste complottiste di sabato siano state pericolose, una buona fetta dei partecipanti – gli “Entrepreneurs’ Strike” – erano lì per manifestare l’orribile sensazione di incertezza e di ansia causata da un eventuale nuovo lockdown.
Non è una coincidenza che le manifestazioni contro la legge anti-aborto abbiano ricevuto il sostegno da parte di contadini, minatori e tassisti che, mentre conducono le loro proteste parallele a Varsavia, cantano cori solidali contro il PiS. È probabile che le richieste del “Women’s Strike” rimangano focalizzate sui diritti delle donne – in affinità con la difesa dei diritti della comunità LGBTQ+ e di altre minoranze – ma nelle proteste contro la legge anti-aborto emerge un forte e radicato malcontento nei confronti del partito di governo, che potrebbe avere risonanza più ampia.
Il secondo motivo per cui il contesto in cui hanno avuto luogo le manifestazioni è importante ha a che fare con il mantenimento dell’ordine pubblico. Infatti, il 22 ottobre, quando hanno avuto inizio le potreste contro la decisione della corte, i manifestanti sono stati aggrediti dalla polizia con spray al peperoncino, proprio fuori la residenza del Vice Primo Ministro Jaros?aw Kaczy?ski.
Lunedì sera, quando i manifestanti hanno bloccato le strade e i ponti di Varsavia, la polizia si era schierata in modo palesemente diverso rispetto a sabato. Su Krakowskie Przedmie?cie, fuori il Palazzo Presidenziale, c’era un cordone della polizia abbastanza scarno, mentre i manifestanti protestavano sventolando cartelli e poster.
Nei pressi della Chiesa di Santa Croce di Varsavia, lo stesso problema. Sugli scalini c’erano i “difensori” della chiesa, gente comune. E nel punto in cui i manifestanti avevano bloccato la strada, all’incrocio con ?wi?tokrzyska, neanche l’ombra di un agente della polizia.
Ligi al rispetto del distanziamento sociale? Sabato, però, i presupposti per una potenziale aggressione da parte della polizia, c’erano tutti… tenuta antisommossa, spray al peperoncino e gas lacrimogeni. In quest’ultimo anno, la presenza delle forze dell’ordine polacche a tutte le manifestazioni è stata piuttosto autoritaria, con le lunghe e allarmanti file di furgoni in agguato nelle strade periferiche. Dalla Rosary March di ottobre 2019 alle manifestazioni LGBTQ+ di marzo 2020…
Quindi, per me la questione più complicata è capire che ruolo avesse avuto la vigilanza lunedì, sia per i manifestanti che per i gruppi ultranazionalisti e cattolici che “difendono” la chiesa. Alcuni manifestanti hanno fatto irruzione nelle chiese per protestare, altri hanno affrontato i membri del secondo gruppo, i quali erano stati richiamati dallo stesso governo polacco e dal partito al potere. Con indosso pantaloni beige e giacche nere, le pattuglie si erano appostate tra la Chiesa di Santa Croce e la Chiesa di Sant’Anna, che si affaccia sulla principale via turistica della Città Vecchia di Varsavia.
La polizia potrebbe anche essersi sparpagliata tra i manifestanti. Blocchi stradali e proteste erano piuttosto distribuiti per le strade della città, per poi convergere verso sera nei pressi della Chiesa di Sant’Alessandro. Intorno alla mezzanotte, poi, la polizia si è mostrata ancora più decisa a porre fine alle manifestazioni.
È importante notare che durante la manifestazione, le forze dell’ordine non sembravano disposte a seguire gli ordini del PiS di rispondere con violenza, e allo stesso tempo erano decise a non trasferire il loro monopolio sull’uso “legittimo” della forza nelle mani delle milizie di destra. È probabile che un’amministrazione sindacale liberale di Varsavia abbia esercitato pressioni sulla polizia.
Inoltre, i manifestanti contro la legge anti-aborto non hanno aizzato il pungolo della violenza “facile” contro i gruppo di destra. Mercoledì, ho assistito a uno sciopero del lavoro organizzato da donne in modo nonviolento, una forma d’azione che invita a una partecipazione molto più ampia. Pur riducendo il rischio di contagio, uno sciopero del genere comporta un ulteriore pericolo, perché il semplice fatto di essere impiegati è una grande fortuna in un momento storico come questo. Hanno seguito altre manifestazioni in tutto il paese, con più di 430,000 partecipanti in 410 proteste diverse.
È stato dichiarato che la polizia militare e quella antisommossa sono state schierate a causa degli scontri tra i manifestanti e gli attivisti dell’estrema destra, ignorando completamente le reali intenzioni del PiS e la sua strategia volta ad additare queste “donne arrabbiate” come una grave minaccia per la nazione e i suoi valori. Il distintivo che Jaros?aw Kaczy?ski ha mostrato durante il suo discorso di giovedì è parte di questa strategia: emblema della resistenza polacca durante la seconda guerra mondiale, va a complicare ancora di più il simbolismo nazionalistico di un aspetto tragi-eroico della storia del paese.
Venerdì 30 ottobre, prima delle manifestazioni di massa, la polizia militare e quella antisommossa hanno circondato il parlamento di Varsavia e le chiese, dove si era schierata una terza fila di “difensori” di estrema destra dalle sfumature più variegate.
Una delle più grandi manifestazioni polacche dopo il crollo del comunismo. Ma gli organizzatori e i partecipanti hanno messo in pratica un’astuta nonviolenza. Le marce, tutte e tre piuttosto voluminose, e anche i gruppi più piccoli che si riversavano nel centro della città, hanno completamente aggirato le chiese principali oppure le hanno superate molto rapidamente.
Questa disciplina sorprendentemente diffusa ha sicuramente imbarazzato gli esponenti del PiS, i quali ritenevano che le proteste costituissero una grave minaccia per quelle istituzioni. I militari davanti alle chiese come pesci fuor d’acqua non hanno fatto altro che accentuare questo imbarazzo.
I manifestanti di venerdì brulicavano in tutte le strade del centro di Varsavia e anche a chilometri di distanza, disperdendosi in svariate direzioni. Si stima che i cortei principali abbiano coinvolto più di 100,000 persone.
Uno dei più voluminosi è partito da Marsza?kowska, fino ad arrivare all’incrocio con ?wi?tokrzyska. Lì, il Palazzo della Cultura e delle Scienze di epoca stalinista domina sugli altri grattacieli. Un boato euforico si è alzato quando la folla ha visto l’edificio decorato con un’enorme saetta rossa – il simbolo del movimento Women’s Strike. Un gesto di solidarietà da parte del sindaco liberale di Varsavia Rafa? Trzaskowski: “Siamo con voi!”.
I partecipanti alle manifestazioni di venerdì dimostrano che le azioni nonviolente sono inclusive. C’erano molti adolescenti e ventenni, giovani donne – e una presenza di giovani uomini che lascia ben sperare – ma anche genitori con i loro bambini e donne incinta.
Di nuovo, quella presenza riluttante della polizia ha probabilmente aizzato gli attacchi da parte dei gruppi di estrema destra. Un’ora prima dell’inizio delle manifestazioni, ho visto questi gruppi avanzare in branco verso le strade della Città Vecchia e riunirsi nell’oscurità, pronti ad attaccare la folla.
Durante la serata, molti hanno portato avanti il corteo fino a ?oliborz, con l’obiettivo di organizzare una festa in strada nei pressi della residenza del Vice Primo Ministro Jaros?aw Kaczy?ski, dove una settimana fa i manifestanti sono stati aggrediti dalla polizia. Qui, la presenza della polizia era ancora più forte e massiccia.
Negli Stati Uniti, organizzare questo tipo di proteste fuori dalle abitazioni provate dei politici è stata aspramente criticata perché minacciosa e invasiva nei confronti della persona. In Polonia, i media pro-PiS hanno sottolineato la “volgarità” degli slogan e delle azioni di alcuni manifestanti.
Ma cos’è tutto questo in confronto alla selvaggia violazione della libertà di scelta delle donne e al terribile simbolo delle implicazioni derivanti da una sua soppressione: l’appendiabiti.
Gli otto anni di carcere previsti per chi organizza manifestazioni costituisce senz’altro un deterrente, anche alla luce di quanto hanno sostenuto i più importanti esponenti del PiS, che minacciano di chiamare alle armi gruppi di estrema destra. I prossimi blocchi, proteste e scioperi sono previsti per novembre, ma ora, rispetto a quanto accaduto una settimana fa, cresce ancora di più l’indignazione contro il governo.
Craig Brown
Craig Brown è un affiliato dipartimentale di sociologia presso UMass Amherst. È assistente redattore del Journal of Resistance Studies e membro del consiglio della European Peace Research Association. Il suo dottorato ha valutato i metodi di resistenza durante la rivoluzione tunisina del 2011.
Fonte: Waging Nonviolence, 1° novembre 2020
Traduzione di Benedetta Pisani per il Centro Studi Sereno Regis
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