Un 75° anniversario commemorativo per gli Hibakusha (2020-2021) | Robert Kowalczyk

Riflessioni sul nostro tenue futuro

L’anno 2020 sarà ricordato a lungo come l’anno del coronavirus, a meno che ci aspettino scenari più drammatici appena più in là. La Covid-19 ha toccato, forse trasformato, la consapevolezza dell’umanità, e non sarà più la stessa. Mai prima d’ora tanti di noi sono stati ravvicinati tanto mentre ci veniva richiesto di starcene ben distanziati.

Per la prima metà anno alla gran parte dei quasi 8 miliardi di noi si è raccomandato di praticare il distanziamento sociale mentre si provava la paura di stare sotto chiave. Per tutto questo tempo ci troviamo a riflettere sulle nostre solitudini individuali, meditando intanto sul futuro dei nostri figli.

“E’ la nostra sofferenza che ci unisce. Non è l’amore. L’amore non obbedisce alla mente, e si volge in odio quando costretto. Il legame che ci unisce è aldilà della scelta. Sappiamo che per noi non c’è aiuto che reciproco, che nessuna mano ci salverà se non protendiamo la nostra. E la mano che porgi è vuota, come la mia. Non hai nulla. Non possiedi nulla. Sei padrone di nulla. Sei libero. Tutto quel che hai è quel che sei, e quel che dai.”       — Ursula K. Le Guin

Gli hibakusha, quelli che 75 anni fa sopravvissero agli incendi e alle piogge nere di Hiroshima e Nagasaki, lo sanno bene. Sono vissuti attraverso l’inferno recando un messaggio al mondo, una preghiera all’umanità che rimane senza risposta. Una speranza sussurrata, ormai quasi esaurita.


Niente più altre Hiroshima. Niente più altre Nagasaki

Quel che ha mantenuto al sicuro il mondo dalla bomba a partire dal 1945 non è stata la deterrenza, nel senso di paura di armi specifiche, quanto lo è stata la memoria; la memoria di quanto accaduto a Hiroshima (e Nagasaki).

John Hersey

Se ha ragione John Hersey, allora forse bisogna che ci chiediamo: quanto bene ricordiamo? Siamo evoluti in fretta quanto basta, verso quel che da tempo è così essenziale? Siamo diventati adesso più consci della nostra fragilità come specie?

Se sì, perché allora abbiamo trattato in modo così inadeguato questo tema massimamente esistenziale, specialmente dacché la minaccia si è fatta costante in tutti questi anni, proprio fino a questo momento? Potrebbe essere null’altro che sufficienza?  O è forse la crepa patologica insita nel nostro pensare: «A meno che possediamo la bomba non saremo al sicuro» / «il possesso della bomba ci renderà tutti al sicuro». La credenza in questa pazzia ci rende tutti perpetratori di una fallacia mortalmente seria eppure globale, la deterrenza nucleare.

Suona le campane che possono ancora suonare
Dimentica la tua offerta perfetta
C’è una crepa, una crepa in tutto
E’ così che ci entra la luce.

Leonard Cohen: Anthem

Molti hibakusha e persone a loro carico hanno tenuto una luce sopra gli orrori dell’agosto 1945 – i bombardamenti delle loro abitazioni, famiglie, città, … la loro esistenza. Così facendo, non hanno mai puntato dita di accusa a un versante o l’opposto impegnati in quella lunga aspra guerra; perché gli hibakusha erano le umili vittime che accettano, insieme ad innumerevoli altri al mondo che soffrivano altrimenti.  Solo gli hibakusha però hanno esperito un primo istante di orrore collettivo di massa; un lampo di luce accecante ma illuminante duratogli per tutta la vita.

La signora Koko Kondo di Kobe, il cui padre, reverendo Kiyoshi Tanimoto, che inspirò John Hersey, era una di loro.

Forse l’uomo sovente chiamato Il Padre della Bomba Atomica, J. Robert Oppenheimer, l’espresse nel modo più eloquente spiegando i risultati del primo collaudo della bomba:

«Sapevamo che il mondo non sarebbe più stato lo stesso, qualcuno rideva, qualcuno piangeva, i più erano silenziosi. Mi ricordai il versetto della sacra scrittura hindu, la Bhagavad-Gita, in cui Vishnu cerca di persuadere il Principe a compiere il suo dovere; e per impressionarlo assume la Sua forma multi-armata dicendo: ‘Ora sono divenuto morte, il distruttore dei mondi’. Suppongo che tutti pensiamo quello, in un modo o nell’altro».

Sicché, la storia umana in qualche modo prosegue.


Il Progetto della Maschera di Pace, un’organizzazione non-profit internazionale della Città di Kyoto ha lavorato con 100 fra gli hibakusha (di Giappone, Corea, Taiwan e USA) e i loro discendenti, (con età fra gli 8 e i 92 anni) dall’ottobre 2015 al marzo 2017. L’Obiettivo era creare 100 Maschere di Pace, con calchi facciali in carta washi a scopo di esposizione. Queste Maschere di Pace furono esposte a Hiroshima nell’ambito di un evento al Hiroshima Peace Memorial Museum il 26 marzo 2017, che comprendeva una conferenza del professor Ikuro Anzai, Direttore onorario del Museo per la pace Mondiale di Kyoto e attuale Coordinatore generale della Rete Internazionale dei Pusei per la Pace.

Due fra gli obiettivi di quello sforzo sono stati raggiunti. Il primo era la fattura delle 100 Maschere di Pace con una loro successiva esposizione e programma di eventi in Giappone.  Il secondo obiettivo era l’esposizione delle Maschere di Pace hibakusha a una sede internazionale appropriata. Il che è avvenuto al Vertice Inaugurale dei Leader Emergenti, dal 28 al 30 novembre 2018 al Centro Conferenze ONU di Bangkok. Oltre alle 100 Maschere di Pace hibakusha esposte dietro ai 347 partecipanti di 46 paesi, uno dei cinque discorsi programmatici è stato fatto da Kya Kim, Direttore del Progetto Maschere di Pace. Vi è stato inoltre invitato l’artista fondatore del PMP, Myong Hee Kim, per allestire l’esposizione e condurre un laboratorio dimostrativo di fattura delle maschere.

Il terzo e finale obiettivo del Progetto Maschere di Pace Hibakusha è trovare una sede permanente per le 100 Maschere di Pace Hibakusha in ubicazione internazionale significativa e massimamente appropriata. Al Progetto Maschere di Pace si crede che la riuscita di questo obiettivo contribuirà a una presenza metaforica visibile degli hibakusha come evocatrice dei loro contributi al grande sforzo di limitare e infine abolire gli armamenti nucleari. Si crede sinceramente che tale presenza sarebbe un grande complemento all’espressione e allo spirito della loro preghiera del 75° anniversario.

Il Progetto Maschere di Pace accoglie cordialmente tutte le organizzazioni e i singoli anti-nucleari indipendenti nell’adempimento di questo importante obiettivo.

Per ulteriori informazioni e considerazione, preghiamo scrivere al Coordinatore Internazionale del Peace Mask Project, Robert Kowalczyk, a [email protected]


Robert Kowalczyk

Robert Kowalczyk è membro della Rete TRANSCEND per Pace Sviluppo Ambiente. È un ex-professore e presidente del Dipartimento Studi Interculturali alla Scuola di Arte, Letteratura e Studi Culturali della Kindai University, Osaka, Giappone. Robert ha coordinato una gran varietà di progetti in ambito interculturale, ed è attualmente il Coordinatore Internazionale del Peace Mask Project. Ha anche lavorato nella fotografia documentaria culturale e ha cartelle d’immagini su Corea, Giappone, Cina, Russia e altri paesi. Ha spesso contribuito articoli al Kyoto Journal. Si possono stabilire contatti mediante il suo sito web: robertkowalczyk.zenfolio.com.


TRANSCEND MEMBERS, 3 Aug 2020 | Robert Kowalczyk – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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