Cinema | Soggetti Pericolosi | Recensione di Fabrizio Caridi

Anatomia dell’ambiguità nella definizione di pericolo secondo lo Stato italiano oggi. Un film documentario di Stefania Pusateri, Valentina Salvi, durata 1 ora 26′, produzione indipendente, 2020

Una ricerca di responsabilità: il fermo immagine iniziale di Soggetti Pericolosi. Il documentario indaga il processo di scelta che portò i protagonisti a sostenere il movimento di Unità di Protezione Nazionale (YPG). Da questa indagine risulta altrettanto intricata la sicurezza nazionale a cui i ragazzi coinvolti sono richiamati. Il provvedimento, in quanto misura preventiva di reato, viene sancito dalla procura di Torino con la sorveglianza speciale.

La presunta “pericolosità” assume del tutto un carattere minaccioso nei confronti dell’intera città. Tuttora motivo di dibattito pubblico e giuridico: il giudizio viene ripreso in più interviste individuali, ai legali difensori e ai soggetti pericolosi, che compongono gran parte del documentario.

In seguito al rientro in Italia dei ragazzi e al loro naturale desiderio di condivisione, segue la decisione di creare un reportage che consegni testimonianza diretta della situazione in Rojava, regione curda della Siria del Nord già oggetto di rilevanza politica internazionale.

L’attività politica fa parte dell’esperienza, anche formativa, di molti degli intervistati, i quali confermano il vivo interesse nel coltivare un proprio pensiero critico sulla questione. Stupisce come il richiamo agli ideali, sempre a scapito della violenza e della guerra, venga riportato sul piano della giustizia.

Le società i cui governi reprimono il pensiero indipendente stanno di fatto proteggendo loro stesse da un rischio imminente?

La difesa nazionale sembra così un tema nuovo da affrontare; proprio la ricerca di cui accennano con forza le testimonianze del conflitto in territorio curdo.


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