Impero suicida

Mazin Qumsiyeh

A proposito di impero suicida, Winston Churchill diceva alla Commissione Peel nel 1937:

«Non concordo che il cane in una mangiatoia abbia in definitiva diritto alla mangiatoia pur essendoci magari stato a lungo sdraiato dentro. Non ammetto quel diritto. Non ammetto, per esempio, che sia stato fatto un grande torto ai Pellerossa d’America o ai neri d’Australia. Non ammetto che sia stato arrecato un torto a questa gente per il fatto che una razza più forte, di qualità superiore, più avveduta a livello mondano… sia entrata a prenderne il posto».

Trent’anni dopo, Martin Luther King Jr descrive quale massima fonte di violenza al mondo il governo degli Stati (dis)Uniti d’America subentrato alla Gran Bretagna alle redini dell’impero nel 1945 giusto dopo aver sganciato bombe nucleari sul Giappone come dimostrazione di potenza all’altro aspirante contemporaneo all’impero: la Russia. Ma gli USA che liquidavano alla svelta l’Unione Sovietica sono un impero genocida, suicida, e ipocrita. Mi spiego. Genocida non solo per quel che hanno fatto a milioni di nativi (genocidio, appunto) e africani (schiavismo e razzismo) entro i propri territori in costante espansione; bensì come massimo sponsor della colonizzazione e della repressione in altre zone non soggette direttamente al loro governo: dal Vietnam all’America Latina, all’installazione di dittatori genocidi da Pinochet allo scià d’Iran; alla sponsorizzazione di altre colonizzazioni e movimenti razzisti dall’apartheid sudafricano alla pulizia etnica sionista.

Ma è davvero la terra dell’ipocrisia che non può più essere coperta da film di fantasia di Hollywood con bravi cowboy e cattivi indiani, un buon Israele e malvagi terroristi musulmani, bravi capitalisti e cattivi comunisti. Per decenni, fingendo elevati costumi morali, il governo USA ha sostenuto regimi dittatoriali qua e là per il mondo, che torturano, fanno sparire e uccidono tanti. In merito si sono scritti molti libri (per esempio, da Noam Chomsky, Edward Said, e altri).

Ma per citare appena un esempio recente: gli USA colpiscono Yemen, Venezuela, Iran e Siria (su ordine della lobby sionista) con sanzioni devastanti. Checché si pensi di questi tre governi e dei loro stili di governo, la vera ragione non sta nelle “violazioni dei diritti umani”.

Vedono tutti che per quanto siano, le violazioni sono minuscole a confronto con gli “alleati” USA come Israele, Egitto, e Arabia Saudita. Si prenda la legge Caesar [progetto di legge Caesar (dall’autore di un rapporto del 2014 sugli abusi governativi su detenuti siriani) per la Protezione dei Civili Siriani a danno del governo siriano e di qualunque ente suo partner, in vigore a stralcio nella legge di bilancio USA 2020 – ndt), una legge sionista che soffoca 17 milioni di persone per aiutare Israele, tentando  non solo di soffocare la Siria ma anche il Libano (la cui economia è interconnessa e che ospita centinaia di migliaia di profughi siriani).

Tornando all’aspetto suicida: sempre da quando il governo USA ha posto la propria economia sotto il controllo di una federal reserve (peraltro non federale o comunque governativa ma di banchieri privati), ha rinunciato al proprio controllo dell’economia in quanto a ciò su cui ammoniva Eisenhower: “un complesso militar-industriale” [cui si può ora aggiungere tecnologico]. Fra la firma della legge sulla riserva federale e il sostegno della dichiarazione Balfour e l’entrata nella 2^ guerra mondiale, il futuro degli USA è stato messo in moto dalla militarizzazione, da lobby con interessi speciali, con cicli di recessione seriali che potevano solo condurre al crollo economico. Con le spese militari in espansione fuori controllo (la legge Caesar è in effetti incorporate nella legge di autorizzazione alla “difesa” nazionale), il deficit USA cresce oltre misura.

Il debito pubblico (governativo) nazionale è adesso a 26 trilioni di $ e aggiungendoci i debiti private e societari siamo a oltre 80 trilioni di $ di debiti in totale (molti dei quali dovuti a paesi e singoli individui stranieri)!!! Chiunque pensi che questi possano essere restituiti mi contatti perché avrei da vendergli il ponte di Brooklyn e la Casa Bianca! Ma l’effetto del capitalismo rampante si vede ora vividamente nei numeri degli infettati da Covid19 (2,5 milioni) e dei morti (>122.000) negli USA in mezzo a un borioso sistema sanitario privatizzato che solo i ricchi possono permettersi.

Invece di sviluppare una moderna sanità, agricoltura e mezzi di produzione accessibili in modo ambientalmente sensato, gli USA stanno distruggendo il nostro pianeta diffondendo un capitalismo rampante, pratiche distruttive come l’estrazione dell’olio di scisto e favorendo guerre interminabili (Siria, Yemen, Palestina, Libia etc). Pur con l’uso da parte di Trump della potenza militare per ricattare paesi come l’Arabia Saudita per spremerne più denaro, si prevede che il debito possa solo salire vertiginosamente, anche secondo i grafici più recenti. Non si sa il tempo di esplosione di questa bolla, ma le sue implicazioni sono ovvie: la fine dell’attività di polizia USA (in termini militari) del mondo.

È pertanto con speranza che guardiamo alla rivolta di Black Lives Matter che sfida la polizia razzista militarizzata (addestrata da israeliani). Movimenti come BLM, Occupy, ed Extinction Rebellion avranno successo globale. Prima avviene, prima gli USA usciranno dalla loro spirale suicida con minori danni. Gli imperi crollano – eccome! – e quello USA/Israeliano non farà eccezione. La questione non è se ma come e quando. Molto dipende da come si mobilitano i cittadini di quei paesi rispondendo alla persistenza dell’impero con l’illusione della democrazia (nella gara repubblicani vs democratici). Le cui prime battute (per esempio come Biden sia arrivato alla nomina -!- a candidato con le lobby sioniste) puntano a una brutta fine per quest’impero. Stiamoci attenti.


Impero suicida


TRANSCEND MEMBERS, 29 Jun 2020 | Mazin Qumsiyeh | Popular Resistance – TRANSCEND Media Service

https://www.transcend.org/tms/2020/06/suicidal-empire/

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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