Lettera dal digiuno | Ibrahim Gökçek

Trecentosedici giorni di sciopero della fame. Il bassista del Grup Yorum, il popolare gruppo musicale turco, noto in Italia soprattutto per la sua splendida esecuzione davanti a una folla oceanica di “Bella Ciao“, è arrivato oltre il limite di ogni umana possibilità di resistenza. Ha incredibilmente trovato la forza di scrivere ancora una lettera a l’Humanite, che l’ha pubblicata domenica scorsa. Non possiamo non pubblicarla anche noi, ringraziando per questo, in modo tutt’altro che formale, il quotidiano francese. Ibrahim racconta in prima persona le ragioni di una lotta straordinaria vissuta insieme, fino alle estreme conseguenze, a Helin Bölek e Mustafa Kocak, i due altri giovanissimi componenti del gruppo che sono stati lasciati morire nei giorni scorsi. Ibrahim ha il diritto e sente il dovere di farlo, per questo le sue parole devono arrivare ovunque sia possibile, perché quello che si sta consumando in questo mese in Turchia, all’ombra della pandemia, è un atto di barbarie. Un atto che può lasciare esterrefatto solo chi abbia scarsa dimestichezza con la conoscenza dei livelli raggiunti dalla repressione del regime di Erdogan. Quel regime accusa tutto il Grup Yorum di “terrorismo”, ma le note e le parole di Ibrahim hanno un altro profumo, quello inconfondibile di un uomo che usa il corpo come uno strumento per esprimere un disperato desiderio di libertà. Un desiderio per il quale quest’uomo e i suoi compagni sono disposti a morire. Non vanno lasciati soli. Scrivete a [email protected]

Dalla mia camera da letto, in una delle baraccopoli di Istanbul, guardo fuori dalla finestra il giardino. Uscendo, potevo vedere il Bosforo di Istanbul un po’ più lontano. Ma ora sono a letto e peso solo 40 chili. Le gambe non hanno più la forza di trasportare il mio corpo. Al momento, posso solo immaginare il Bosforo.

Sono sul palco, con la cinghia della chitarra attaccata al collo, quella con le stelle che mi piace di più…Di fronte a me, centinaia di migliaia di persone, con i pugni alzati, cantano “Bella Ciao”. La mia mano batte le corde della chitarra come se fosse la migliore del mondo…Le gambe sono forti… Potrei fare avanti e indietro da Istanbul.

Queste due affermazioni sono reali … Entrambe sono mie, sono la nostra realtà. Perché vivo in Turchia e faccio parte di un gruppo che produce musica politica. E così, la mia storia rappresenta la grande storia del mio Paese… Oggi sono passati 310 giorni (adesso diventati 316, ndt) da quando non mangio. Diciamo che “Mi esprimo per fame” o che “Mi hanno tolto il basso e per esprimermi uso il mio corpo come strumento“.

Mi chiamo Ibrahim Gökçek …Per 15 anni ho suonato il basso nel “Grup Yorum”. Il Grup Yorum, creato 35 anni fa da 4 studenti, ha una storia a scacchi come quella della Turchia. Questa storia ci ha portato fino ad oggi ad uno sciopero fino alla morte per potere fare di nuovo concerti.

Una di noi, la mia cara compagna Helin Bölek, è morta il 3 aprile, il 288 ° giorno di sciopero della fame illimitato. Sono io che ho raccolto il testimone. Forse ti chiederai: “Perché i membri di un gruppo musicale fanno uno sciopero della fame fino alla morte? Perché preferiscono un mezzo di lotta tanto spaventoso come lo sciopero della fame illimitato? ”.

La nostra risposta è nella realtà bruciante che ha portato Helin a sacrificare la vita a 28 anni e che mi spinge a dissolvermi ogni giorno di più:

Siamo nati nelle lotte per i diritti e le libertà iniziate in Turchia dal 1980. Abbiamo pubblicato 23 album per riunire cultura popolare e pensiero socialista. 23 album venduti in totale per oltre 2 milioni di copie. Abbiamo cantato i diritti degli oppressi in Anatolia e in tutto il mondo. In questo paese, tutto ciò che vivevano coloro che combattevano per i loro diritti, gli oppositori, coloro che sognavano un paese libero e democratico e anche noi che cantavamo le loro canzoni, vivevamo le stesse cose: eravamo guardati a vista, imprigionati, i nostri concerti erano proibiti, la polizia ha invaso il nostro centro culturale e fracassato i nostri strumenti. E per la prima volta con l’AKP al governo della Turchia, siamo stati inseriti nella lista dei “ricercati terroristi”.

Questo è il motivo per cui oggi ho deciso, anche se ti sembrerà folle, di smettere di mangiare. Perché, nonostante la qualifica che mi è stata data, non mi sento assolutamente di essere un terrorista.

Il motivo per cui siamo stati inseriti in questo “elenco terroristico” è il seguente: nelle nostre canzoni parliamo di minatori costretti a lavorare sotto terra, di lavoratori assassinati da incidenti sul lavoro, di rivoluzionari uccisi sotto tortura, di abitanti dei villaggi il cui ambiente naturale viene distrutto, di intellettuali bruciati, di case distrutte nei quartieri popolari, dell’oppressione del popolo curdo e di quelli che resistono. Parlare di tutto ciò in Turchia è considerato “terrorismo”. Coloro da 30 anni pensano che non è più tempo di socialismo internazionalista e che un’arte come la nostra non abbia pubblico si sbagliano.

Abbiamo tenuto concerti che hanno raccolto il pubblico più vasto nella storia della Turchia e ospitato artisti provenienti anche da fuori della Turchia. Nello stadio Inönü di Istanbul, 55.000 spettatori hanno cantato all’unisono canzoni rivoluzionarie. Dal palco ho accompagnato con la chitarra un coro straordinario formato da 55.000 persone durante l’ultimo dei nostri concerti dal titolo “Turchia indipendente”, con ingresso gratuito: c’era quasi un milione di persone. Per 4 anni consecutivi, abbiamo invitato progressisti e artisti dalla Turchia sul nostro palco. In uno dei nostri concerti, Joan Baez è salita sul palco con una delle chitarre che la polizia ha distrutto nel nostro centro culturale.

Da sempre il Grup Yorum è da sempre stato vittima della repressione in Turchia. Ma dopo la proclamazione dello stato di emergenza dichiarato dall’AKP nel 2016 e la crescente repressione di tutte le categorie, giornalisti, progressisti, accademici, abbiamo capito che ci aspettava una repressione ancora più feroce. Una mattina, al risveglio, abbiamo scoperto che 6 di noi erano stati inseriti nella “lista dei terroristi”. Il mio nome era in questo elenco. Un chitarrista che 5 anni fa aveva partecipato a un concerto che aveva raccolto più di un milione di spettatori era diventato un terrorista ricercato e sulla sua testa era stata posta una taglia. L’AKP al governo, ad ogni crisi, intensifica le sue aggressioni e reprime fasce sempre più numerose della popolazione.

Dopo la pubblicazione di questo elenco, in due anni, il nostro centro culturale ha subito nove attacchi dalla poliziaQuasi tutti i nostri membri sono stati imprigionati e si è arrivati al punto che non ci sono più membri del Grup Yorum. Siamo stati obbligati ad assumere nuovi musicisti per continuare a esibirci nei concerti. Abbiamo dovuto organizzare concerti con i giovani dei nostri cori popolari. Nello stesso tempo, per contrastare gli attacchi, abbiamo rilasciato comunicati stampa e petizioni. Ma tutto ciò non ha fermato la repressione.

Nel febbraio 2019, durante una riunione nel nostro centro culturale, sono stato arrestato e nel maggio 2019, abbiamo iniziato lo sciopero della fame per “fare revocare il divieto dei nostri concerti, fermare le aggressioni al nostro centro culturale, per fare rilasciare tutti i membri incarcerati del nostro gruppo e cancellare i processi avviati contro di loro e perché venissero cancellati i nostri nomi dall’elenco dei terroristi”. Successivamente, con Helin Bölek, abbiamo trasformato la nostra azione in uno sciopero della fame illimitato. Ciò significava che non avremmo rinunciato a questo sciopero della fame fino a quando le nostre richieste non fossero state accettate. Al prezzo, se necessario, della nostra stessa morte.

Durante i nostri processi, Helin e io fummo rilasciati, ma nonostante il diffondersi del sostegno popolare, di quello di artisti e di membri del Parlamento, il governo si è rifiutato di ascoltare le nostre richieste. Helin ai parlamentari che la visitarono disse: “Se ci prometteranno di permetterci di fare un concerto, interromperò lo sciopero della fame illimitato”. Ma anche questa promessa ci è stata negata. Di più: il governo ci ha impedito di organizzare il suo funerale secondo i desideri di Helin. Helin riposa in un cimitero di Istanbul, coperta da un lenzuolo bianco.
Ora la stanza accanto alla mia è vuota, quanto a me, che da qualche tempo vivo dentro un letto, non so come finirà il mio viaggio. La battaglia che si sta impegnando nel mio corpo si concluderà con la morte? Oppure con la vittoria della vita?

Quel che so con maggior forza in questa lotta, è che, fino alla soddisfazione delle nostre rivendicazioni, mi aggrapperò alla vita anche in questo cammino verso la morte.


Fonte: Comune-info

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