Organizzarsi in isolamento: attivismo online, solidarietà digitale | Bernd Bonfert

Mentre la pandemia ci costringe all’isolamento, gli attivisti di tutta Europa dimostrano che ci sono ancora modi per organizzare e praticare solidarietà a distanza di sicurezza sociale.

La pandemia da Coronavirus ci sta ponendo di fronte a contraddizioni senza precedenti. Le fondamenta del capitalismo neoliberale si stanno sgretolando sotto i nostri occhi, mentre i governi europei assumono il controllo delle loro economie, in modi che sarebbero stati impensabili fino a poche settimane fa. Le restrizioni alla spesa pubblica sono state eliminate, gli ospedali privati nazionalizzati, i salari sono temporaneamente coperti dallo Stato e si stanno elaborando schemi di reddito di base universali. Allo stesso tempo, gli Stati stanno anche attuando misure draconiane di emergenza per limitare e monitorare la nostra mobilità, a cui giustamente non possiamo opporci per timore di diffondere il virus.

Questa situazione permette alla Sinistra di avere un’opportunità unica nel forzare una rapida trasformazione del nostro sistema capitalistico, anche se manca ancora un modo per farlo attraverso una mobilitazione collettiva. Molti di noi sono rimasti disorientati di fronte a questa situazione, non in ultimo perché dobbiamo riorganizzare la nostra vita quotidiana cercando allo stesso tempo di capire come rimanere politicamente impegnati. In tutta Europa, gli attivisti sono già al lavoro per trovare nuovi modi di organizzare l’azione collettiva, anche in condizioni di isolamento.

NESSUNO SPAZIO DI MANOVRA?

I paesi di tutta Europa hanno implementato misure che vietano raduni con più di una manciata di persone, e molti hanno imposto coprifuochi assoluti, che limitano qualsiasi movimento eccetto quelli legati al lavoro e all’acquisto di generi alimentari. La maggior parte dei paesi ha anche chiuso le frontiere – compresa la stessa UE – bloccando completamente i viaggi internazionali e le migrazioni. Certamente, molti di queste restrizioni sono necessarie per prevenire un’ulteriore diffusione del COVID-19. Tuttavia, esse comportano anche il grave pericolo di limitare in modo permanente i nostri diritti e di ridurre la nostra capacità di mobilitare l’opposizione politica.

Quando il pericolo immediato della pandemia sarà passato, ci troveremo di fronte alla duplice minaccia di ritornare allo stesso ordine neoliberale che ci ha portato a questa crisi, o vedere questi “stati di emergenza” trasformarsi in forme permanenti di capitalismo in uno Stato autoritario.

Questa trasformazione è già in atto. L’Ungheria è di fatto diventata una dittatura, dal momento che Viktor Orbán ha ricevuto carta bianca per governare, con un decreto esecutivo, per tutto il tempo che vorrà. In Austria il governo ha già adottato il sistema di tracciamento dei telefoni cellulari come nuova pratica di sorveglianza, per controllare la popolazione. Molti paesi hanno introdotto severe sanzioni per le violazioni di coprifuoco. Al governo danese è stato impedito solo per un pelo, dalle fazioni parlamentari liberali e di estrema sinistra, di dare alla polizia il diritto di entrare con la forza nelle case delle persone sospettate di infenzione.

Ci saranno sicuramente sforzi coordinati, in tutta Europa per mantenere in vigore intense misure di sicurezza alle frontiere, al fine di limitare ulteriormente la circolazione dei migranti e diminuire la capacità dei richiedenti asilo di entrare in Europa.

Questi sviluppi risultano estremamente allarmanti. Senza minimizzare la necessità del distanziamento sociale, dovremmo però seriamente preoccuparci della discesa verso l’autoritarismo, che si sta sviluppando intorno a noi. Il fatto che i governi agiscano per una reale necessità di gestire una minaccia di pandemia a livello globale non rende le loro misure meno anti-democratiche. Infatti, molto spesso l’autoritarismo è la reazione di un governo che teme la perdita del controllo durante una fase di crescente incertezza, come una crisi economica o politica.

Tuttavia, una tale perdita di controllo è di solito il risultato di una crescente resistenza sociale alle imposizioni di governo, che non è la situazione in cui ci troviamo oggi. La maggior parte dei governi al momento non è minacciata da nessuna grande mobilitazione sociale oltre alla pandemia, per cui la loro attuazione di misure autoritarie non si scontra con un’immediata opposizione. Del resto, la necessità di distanziamento sociale impedisce la maggior parte delle forme di mobilitazione politica, costringendo così gli attivisti di tutta Europa a re-inventarsi.

DALLE PROTESTE AI PODCASTS

Incontri fisici e altre attività di questo tipo sono in gran parte fuori discussione, al momento. Alcuni paesi permettono ancora alle manifestazioni pubbliche di svolgersi, ma vengono immediatamente interrotte quando le persone non mantengono la distanza minima, gli uni dagli altri. Gli attivisti sono quindi passati alla comunicazione digitale, e hanno iniziato ad organizzare eventi politici online.

I movimenti abitativi avevano originariamente deciso di coordinare alcune azioni pubbliche in tutta Europa in una giornata internazionale di azione per l’emergenza abitativa (Housing Action Day), il 28 marzo. Invece di annullare l’evento, hanno continuato a protestare dai loro balconi e le loro finestre, facendo rumore e affiggendo striscioni. Il giorno dopo gli attivisti tedeschi hanno protestato contro il trattamento riservato dall’EU ai rifugiati, simulando un’intera manifestazione online, consigliando alle persone di inondare di feeds i social media di varie istituzioni pubbliche che sono “passate” lungo il loro “percorso”.

Il movimento per il clima Fridays for future ha spostato online anche i suoi scioperi settimanali per il clima, inviando milioni di immagini e richieste politiche attraverso le piattaforme social. Gli attivisti del movimento hanno anche iniziato ad ospitare lo show online Talks for Future, dove si impegnano in discussioni con esperti accademici. In effetti, un’intera congregazione di gruppi di attivisti e gruppi di riflessione critica ha colto l’occasione per iniziare a condurre i propri podcasts e i propri dibattiti politici in streaming. Con una frequenza più giornaliera, gli organizzatori delle comunità e dei gruppi europei hanno dunque spostato i loro servizi di consulenza su canali telefonici ed e-mail.

Questa transizione verso l’attivismo online è certamente frutto di una necessità attuale, piuttosto che di una scelta politica intraprendente, ma può fornirci alcuni importanti vantaggi a lungo termine. Per molte sezioni della Sinistra, in particolare i partiti politici e i critici accademici, la decisione di investire più tempo nelle loro presentazioni online era già stata presa molto tempo fa. La lontananza sociale ha effettivamente costretto loro a recuperare, nel modo in cui la maggior parte della popolazione – soprattutto quella giovane – sta già usufruendo dei media.

Ciò è ancora più vero nelle attuali condizioni di blocco, poiché quasi tutti sono costretti a passare molto più tempo in casa – e quindi online. C’è una buona probabilità che tutto questo possa portare ad una maggiore politicizzazione della società civile, il che rende essenziale il fatto che la Sinistra sia in grado di raggiungere questo pubblico “rinchiuso”. Sfruttando appieno l’accessibilità e la flessibilità dell’attivismo online, la Sinistra ha la possibilità di ampliare la portata dei messaggi progressisti e costruire rapidamente reti più ampie. Allo stesso tempo però, deve essere consapevole e critica rispetto ai maggiori rischi di sorveglianza imposti dalle piattaforme online, come per esempio Zoom, e lavorare per costruire le proprie infrastrutture online alternative.

La solidarietà e i beni comuni

Non tutte le forme di attivismo possono però essere fatte online. L’attuale crisi evidenzia la necessità urgente di una solidarietà reciproca a livello locale, non solo per proteggere le comunità più vulnerabili, ma anche per gettare le basi per un’alternativa socioeconomica basata sui beni comuni, di cui abbiamo disperatamente bisogno.

Le reti di solidarietà locale hanno fornito aiuto reciproco durante le crisi umanitarie in passato, e molte continuano a farlo anche oggi. In Grecia, gli attivisti hanno giù costruito un’enorme rete di iniziative di solidarietà, a causa di molti anni di austerità, e molti di loro stanno ora organizzando  distribuzione di cibo e altri rifornimenti alle comunità precarie in condizioni di coprifuoco, inviando singoli volontari a fare acquisti per interi quartieri. Questa pratica può essere facilmente adottata in qualsiasi altra parte d’Europa e potrebbe alleviare la pressione su coloro che sono meno stabili finanziariamente o mobili per sostenersi. La solidarietà con i richiedenti asilo è particolarmente urgente, soprattutto nel contesto dei campi profughi, dove le condizioni si stanno rapidamente deteriorando. Sull’isola greca di Lesbo, per esempio, i volontari medici lavorano 24 ore su 24 per fornire aiuti e per arginare la diffusione di COVID-19 tra i rifugiati intrappolati nel campo.

Ma i gruppi vulnerabili hanno bisogno di aiuto urgente anche nei centri urbani del nord Europa. A Berlino, per esempio, gli attivisti hanno occupato alcuni appartamenti vuoti e li hanno trasformati in abitazioni improvvisate per i senzatetto, pur rispettando attentamente le condizioni di sicurezza medica.

In tutto il continente si registra inoltre un aumento della violenza domestica contro le donne, che sono ora costrette a rimanere a casa con partner abusivi. Per questo motivo, i rifugi per donne continuano a funzionare, anche se in condizioni igienico-sanitarie severe, e i volontari delle reti antiviolenza si offrono di tenere consultazioni di persona in caso di emergenza.

Queste forme di solidarietà devono continuare non nonostante, ma a causa della pandemia. La solidarietà reciproca, purché sia fornita in condizioni igienico-sanitarie attente, è una strategia cruciale per sostenere i gruppi sociali vulnerabili ed emarginati, per i quali il virus e la mancanza di mobilità creano minacce esistenziali.

Creando reti di sostegno locali possiamo anche continuare a impegnarci nell’attivismo politico a livello di base, in modo da aumentare la sicurezza e la coscienza politica delle nostre comunità.

I legami reciproci che stiamo stringendo ora attraverso la solidarietà di quartiere possono essere una base per una futura mobilitazione collettiva, e per convincere la gente della possibilità reale di attuare cambiamenti politici ed economici più trasformativi. Poiché la pura e semplice letalità dell’economia di mercato globalizzata e della politica di austerità è ora evidente, più che in qualsiasi altro momento della memoria recente – almeno in Europa -, la Sinistra deve raddoppiare la sua lotta per un’alternativa basata sui beni comuni. Rendendo evidente a tutti che la solidarietà basata sul locale è in grado di aiutarci a superare questa crisi, possiamo costruire una solida base per la nostra lotta per i beni comuni.

Lotte per ridistribuzione

Poiché la pandemia è profondamente intrecciata con una crisi della riproduzione capitalistica, stiamo già assistendo a nuove ondate di lotte redistributive, che diventeranno più forti solo con l’evolversi della crisi economica.

Molte aziende e istituzioni pubbliche si aspettano ancora che i loro dipendenti si presentino al lavoro, soprattutto in settori considerati essenziali dal punto di vista sistemico come i trasporti, il commercio al dettaglio o la sicurezza pubblica.

Le condizioni di lavoro sempre più insicure in questi settori hanno scatenato una serie di nuove lotte sindacali, nonostante l’impossibilità di una mobilitazione collettiva.

I sindacati italiani hanno indetto uno sciopero generale perché diversi settori sono costretti a continuare ad operare anche dopo che il governo ha avviato la chiusura economica. Amazon è stata colpita da proteste sindacali a causa dalla scelta avventata dei commercianti di mettere in pericolo i propri lavoratori, costretti a lavorare con una protezione minima di sicurezza.

I sindacati francesi hanno annunciato un mese di sciopero per il settore pubblico, per protestare contro l’allentamento “antisociale” delle condizioni di lavoro da parte del governo, con la scusa di combattere la pandemia.

I sindacati abitativi hanno chiesto uno sciopero internazionale degli affitti per sospendere il costo vivo della casa a quelle persone il cui reddito è stato compromesso dal blocco.

Queste lotte sono ancora poche e lontane tra loro, dato che molti lavoratori e impiegati sono stati mandati a lavorare a casa, in congedo temporaneo, o sono stati completamente licenziati.

Le condizioni per la mobilitazione del lavoro continueranno ad essere difficili, poiché l’imminente minaccia di un crollo economico e di un rapido aumento della disoccupazione metterà i lavoratori sotto una grande pressione finanziaria.

Ciononostante, ci sono ragioni per essere fiduciosi. La crisi attuale sta cambiando radicalmente la nostra percezione di quali forme di lavoro siano rilevanti per la riproduzione della società e quali no. Professioni precedentemente sottovalutate, come i dipendenti del commercio al dettaglio, gli autisti delle consegne e i lavoratori dei trasporti, sono passati dall’essere etichettati come “manodopera non qualificata” all’essere “essenziali” per la sopravvivenza della società. Il personale sanitario, in particolare, è sempre più considerato come un vero e proprio “eroe” e le sue condizioni di lavoro sono diventate un punto centrale di discussione politica.

Questa esperienza, questo sentirsi indispensabile per la sopravvivenza della società, rafforzerà senza dubbio la coscienza di classe delle persone che lavorano in questi settori, cosa che può rafforzare notevolmente la loro capacità di organizzazione. Finora, l’apprezzamento del pubblico per queste professioni è stato per lo più limitato a gesti simbolici come l’applauso collettivo, ma il cambiamento di fondo della coscienza collettiva può essere il fondamento di una solidarietà a lungo termine.

Allo stesso modo, il fatto che molte famiglie debbano ora studiare a casa con i propri figli può aumentare il rispetto delle persone per il personale educativo e per gli addetti all’assistenza all’infanzia. Anche se ci sono poche ragioni per credere che i blocchi contribuiscano a una più equa ridistribuzione del lavoro domestico e di assistenza di genere, l’esperienza da sola può fornire un ulteriore carburante per le future lotte femministe per la riproduzione sociale collettivizzata.

Prepararsi a ciò che ci aspetta

Tra qualche mese, quando si spera che la minaccia imminente della pandemia si placherà e saremo colpiti pienamente dalla forza della crisi economica, la lotta per la riorganizzazione dei nostri sistemi politici, sociali ed economici sarà al centro dell’attenzione. Per quanto la situazione sia cupa, tutto questo ci offre un’opportunità unica: di lottare per una fondamentale alternativa emancipatrice. Con la minaccia esistenziale del capitalismo neoliberale più evidente che mai, l’opinione pubblica europea è sempre più consapevole della necessità di una massiccia espansione della protezione sociale, del controllo collettivo sull’economia e della riorganizzazione del lavoro.

Mentre centinaia di miliardi di euro vengono pompati nell’economia in crisi, c’è l’opportunità di costringere le aziende a rispettare i nuovi standard sociali ed ecologici e a dare più controllo democratico ai loro dipendenti. I governi possono anche fare un ulteriore passo avanti e trasferire interamente la proprietà delle aziende in mani pubbliche, cosa che ci permetterebbe finalmente di avviare una transizione verso l’economia più socialmente equa ed ecologicamente sostenibile, di cui abbiamo disperatamente bisogno. Ora abbiamo la prova che una trasformazione così radicale è del tutto fattibile e dipende solo dalla volontà politica di realizzarla.

Affinché un cambiamento così progressivo diventi una realtà, la Sinistra ha bisogno di mettersi al lavoro. Non appena le condizioni di blocco saranno revocate, dobbiamo organizzare ampie mobilitazioni sociali, impegnarci in lotte per la ridistribuzione e ottenere finalmente cambiamenti politici decisivi nel governo.

Dobbiamo usare la fase attuale per prepararci a queste lotte. L’attivismo online può permetterci di espandere le nostre reti e di raggiungere nuovi pubblici. La solidarietà locale può alleviare il peggiore impatto della pandemia e coinvolgere nuove persone in un movimento per la riproduzione sociale ed economica collettiva. E affidandoci al ritrovato potere strutturale e alla solidarietà pubblica rispetto ai “lavoratori essenziali”, possiamo fare pressione sulle aziende e sui governi per attuare cambiamenti che prima non avrebbero mai accettato.

Come stanno già dimostrando molte persone in tutta Europa, possiamo fare tutte queste cose a distanza di sicurezza sociale. Anche sotto quarantena, possiamo continuare a combattere il capitalismo.


Bernd Bonfert svolge attività di ricerca sui movimenti sociali e sta facendo un dottorato alla Roskilde University in Danimarca.


ROAR magazine, 9 aprile 2020

Titolo originale: Organizing under lockdown: online activism, local solidarity

Traduzione di Andrea Zenoni per il Centro Studi Sereno Regis

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