Sollevare lo sguardo…

Elena Camino

Domani come ieri?

Leggo sul sito del Sole24ore [1] (17 aprile) che in Italia si sta progettando la “Fase due: ipotesi riapertura dopo il 25 aprile per automotive, moda e cantieri”.  

Dalla moda all’automotive, la meccanica ma anche cantieri, cave e miniere. Avete letto bene? E si moltiplica la lista delle attività da riprendere, per ‘non restare indietro’. Esperti, politici, studiosi, analisti… continuano a discutere, confrontarsi, prevedere – tutti concentrati sul tema COVID-19 e sulla ‘ripartenza’. Tutti sono d’accordo ad ammettere che il mondo è ormai completamente interconnesso, ma nel frattempo ogni gruppo di potere è concentrato nello sforzo di non perdere terreno, anzi – di approfittare della situazione… nella prospettiva che domani non sia altro che la continuazione di ieri…

Come faceva notare qualche giorno fa Rotafixa [2], il mondo produttivo scalpita per continuare ad esistere. E riferisce quanto sostengono, sui quotidiani nazionali, alcuni produttori di auto:

«L’auto guiderà la rinnovata libertà sociale.  […] L’auto rappresenterà il mezzo più sicuro perché non saremo a stretto contatto con gli altri. […] L’auto (è) una sorta di bolla pedonale, un habitat comodo, sano e sicuro. E non soltanto (come filtro antivirus) ma anche per l’enorme progresso tecnologico su cui vogliamo contare per aumentare la nostra sicurezza sia attiva che passiva».

Ma se il mondo è interconnesso, questo riguarda anche le filiere che dalle miniere e dai pozzi petroliferi portano alle nostre automobili: riguarda la catena di eventi grazie ai quali arriva il cibo sulle nostre tavole, e le attività umane che determinano la qualità dell’aria che respiriamo.  Mentre i media e i giornali tengono impegnata l’attenzione del pubblico con l’ossessivo aggiornamento dei numeri di contagiati, morti e guariti da COVID-19, prosegue il dramma globale del nostro tempo, la trasformazione della Terra, che si manifesta non solo con il cambiamento climatico, ma con il degrado ambientale, la perdita di biodiversità, la deforestazione… e anche con l’aumento delle sofferenze di una parte sempre più numerosa dell’umanità.

Come possiamo pensare – allora – che non ci riguardi ciò che accade in questo periodo a milioni di persone che stanno perdendo il lavoro, la casa, il cibo… la vita? Forse esiste, invisibile, nel profondo di ciascuno, un filo che interconnette la propria umanità con quella degli altri, in grado di alimentare empatia e compassione. Ma perché ciò avvenga occorre sollevare lo sguardo, informarsi, ascoltare quel che succede, al di là di noi e dei nostri numeri.

Ho accennato di recente alla tragica situazione – di cui poco si legge – in cui si trovano attualmente centinaia di milioni di lavoratori indiani [3] – migranti interni, braccianti agricoli, piccoli pescatori – che si trovano intrappolati da un lockdown imposto senza assicurare alcuna tutela ai più deboli. Ma ancor meno numerose sono le persone aggiornate sul dramma che da molti mesi sta riducendo alla fame milioni di contadini in una vasta area dell’Africa orientale, del Medio Oriente e del margine occidentale dell’Asia.

Le invasioni di locuste: un dramma nel dramma

Alcuni mesi prima che il contagio da coronavirus si manifestasse in Cina, vi erano alcuni paesi dell’Africa orientale e del lembo occidentale dell’Asia che erano alle prese con un’invasione diversa, ma non meno drammatica: l’invasione delle locuste. Non il virus invisibile, capace di spostarsi con gran facilità da un corpo umano a un altro, ma un grosso insetto, non interessato alle persone ma alle loro coltivazioni. Ne avevo fatto cenno qualche tempo fa sul sito del CSSR[4]: la situazione continua a peggiorare, senza che ne giunga eco tramite i nostri mezzi di comunicazione. Eppure le informazioni sono facili da reperire: il sito della FAO aggiorna in continuazione sulla situazione, che al 14 aprile era la seguente[5]. La situazione nell’Africa Orientale continua ad essere estremamente allarmante: grazie alle abbondanti e insolite piogge cadute in marzo tantissimi sciami di locuste stanno di nuovo deponendo le uova in Kenya, in Etiopia, in Sud Sudan e probabilmente in Somalia.  Questo costituisce una minaccia senza precedenti per la sicurezza alimentare e per mezzi di sussistenza perché coincide con l’inizio della stagione delle semine.
Nel mese di maggio si schiuderanno le uova deposte in marzo, e nuovi sciami si diffonderanno nei mesi di giugno e luglio, nel periodo del raccolto.

Nella penisola arabica sono in corso iniziative di contenimento, mentre dallo Yemen non arrivano notizie.  Preoccupanti sono anche le notizie che arrivano da Iran e Pakistan, dove le locuste stanno deponendo le uova e i controlli sono difficili.  Oltre alle difficoltà di monitorare i luoghi di deposizione delle uova, e di reperire adeguati finanziamenti per la lotta contro le locuste, le restrizioni imposte agli spostamenti, in particolare ai voli aerei, rende più difficile intervenire con efficacia.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) in un comunicato del 14 aprile[6] esprime la preoccupazione che questa ondata di invasioni di locuste, causando una grave perdita dei raccolti, possa peggiorare ulteriormente la situazione di grave insicurezza alimentare specialmente nei luoghi in cui sono in corso conflitti e violenze. L’agronomo John Karongo, che è responsabile regionale dell’ICRC a Nairobi, avverte: “l’invasione delle locuste del deserto non può essere dimenticata, mentre si sta combattendo contro il contagio da coronavirus. I contadini stanno iniziando le semine della stagione più importante dell’anno, e intanto si stanno schiudendo le uova che daranno origine a nuovi sciami.  Bisogna agire adesso per evitare il peggio”.

È già in corso una riduzione della sicurezza alimentare in molte aree, dove le locuste sono già passate alcuni mesi fa, distruggendo vegetazione e raccolti. “Se non si riesce a fermare questa seconda invasione – afferma il dott.  Karongo – tra pochi mesi i nuovi sciami distruggeranno i raccolti, proprio in un momento in cui le comunità contadine sono già colpite dal disastro economico causato dal COVID-19”.

Secondo notizie recenti comunicate da Aljazeera e dalla FAO, nella sola Etiopia un milione di persone ha bisogno di assistenza urgente a causa dell’invasione di locuste.

Come reagiranno i paesi ricchi?

Si tratta di una legittima preoccupazione: secondo la FAO, finora i donatori stanno rispondendo positivamente agli appelli lanciati dalle Nazioni Unite.  “Per ora i paesi ricchi si stanno impegnando a sostenere gli altri, anche se hanno essi stessi molte difficoltà. Siamo fiduciosi che questa sarà la regola, non l’eccezione. Forse un lato positivo della pandemia è aver preso coscienza del fatto che siamo tutti insieme. Anche se siamo concentrati – senza dubbio – sul benessere delle nostre famiglie, dei nostri vicini e dei nostri paesi, siamo anche riusciti a capire che questo virus non rispetta i confini.  Nei paesi colpiti dalle invasioni di locuste l’aiuto umanitario più urgente e adeguato secondo la FAO è intervenire – più che con la costruzione di ospedali – con un sostegno alimentare, in modo da scongiurare una carestia e proteggere milioni di persone che rischiano la morte per fame.  

Ma perché i paesi rispondano adeguatamente all’appello, occorre una trasformazione radicale, che solo le società civili, i movimenti, le associazioni possono imporre ai loro governi, grazie a una nuova consapevolezza dell’interconnessione globale, e del destino comune dell’umanità.


Note

[1] http://www.ilsole24ore.com/art/fase-due-ipotesi-riapertura-25-aprile-automotive-moda-e-cantieri-ADSRhrK

[2] http://ilmanifesto.it/il-leone-ruggisce-e-le-iene-gia-scaldano-il-motore/

[3] https://serenoregis.org/2020/04/13/il-covid-19-e-lindia-tra-numeri-stime-previsioni-incognite-elena-camino/

[4] https://serenoregis.org/?s=camino+locuste

[5] http://reliefweb.int/report/kenya/desert-locust-situation-update-14-april-2020

[6]East Africa: Farmers face new locust outbreak even as world battles COVID-19 http://www.icrc.org/en/document/east-africa-farmers-face-new-outbreak-locusts-even-world-battles-covid-19

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