Il COVID-19 e l’India. Tra numeri, stime, previsioni, incognite…
Un contesto socio-ambientale drammaticamente degradato
Secondo i dati ONU (2019) l’India ospita circa 1 miliardo e 366 milioni di persone. Il 18,5 % dell’umanità.
Le prime segnalazioni di contagio da coronavirus in India emergono nei primi giorni di Marzo, ma già in febbraio c’erano state avvisaglie, ed era stata espressa una forte preoccupazione soprattutto per le comunità più povere, situate in aree molto densamente abitate (come i sobborghi della megalopoli), o in zone con drammatica assenza di presidi medici, o in vaste aree caratterizzate da una cronica scarsità di acqua.
Un’amicizia di lunga data
Dall’inizio degli anni ’80 del 1900 ho avuto la fortuna di avere contatti di collaborazione e di amicizia con una ONG Indiana, l’ASSEFA (Association For Sarva Seva Farms), che da 50 anni opera nelle campagne più povere dell’India del Sud, sostenendo comunità emarginate a intraprendere progetti di auto-sviluppo, mettendo in pratica la visione e le idee di Gandhi. In questi giorni i nostri partner ci hanno scritto, confermando che in tutto il Paese è stato imposto il lockdown, e che nelle aree rurali i primi a soffrirne sono le fasce più povere, rimaste senza lavoro e spesso senza cibo. Come in precedenti situazioni di calamità (terremoti, tsunami, cicloni) l’ASSEFA si è immediatamente attivata per prestare aiuto concreto, distribuendo generi di prima necessità a numerose donne sole, vedove, malate, anziane.
L’amicizia del Gruppo ASSEFA Torino [1] con l’ASSEFA India mi ha spinta a seguire con particolare interesse le notizie che arrivavano dall’India dopo l’insorgere della pandemia, cercando documentazione da giornali e siti meno ‘allineati’. Qui vi propongo una sorta di diario, nel tentativo di far emergere alcuni aspetti che via via sono emersi nei giorni scorsi.
21 marzo. Una vita a rischio sempre.
Si segnalano molti rientri in India da parte di turisti, imprenditori, studenti. Le notizie che arrivano dalla Cina e dall’Europa preoccupano soprattutto chi è a conoscenza della situazione di grande precarietà in cui si trova la maggior parte della popolazione indiana. P. Sainath, creatore e animatore del sito People Archive of Rural India [2] (che raccoglie memoria e testimonianza della diversità culturale e sociale delle realtà contadine dell’India), ancor prima che il governo prendesse provvedimenti segnalava l’impossibilità di agire a salvaguardia dei più poveri. Tra i tanti esempi, quello di Anita, che viene da Mahul (un sobborgo fatiscente con 30mila persone) a lavorare a Mumbay. Il 21 marzo è un giorno come gli altri, anche se molti negozi sono chiusi, i mercati deserti, le strade silenziose. Anita spazza via i rifiuti, che galleggiano su pozzanghere di acqua nerastra, schizzandosi le gambe e i piedi. «Per noi – dice – ogni giorno è rischioso. Non solo adesso, per il coronavirus, ma è così da sempre». Le hanno dato delle mascherine, che sono sottili e non riutilizzabili: niente guanti, e niente stivali, che servirebbero a proteggere piedi e gambe. I servizi di pulizia delle strade sono essenziali, le vite sono sacrificabili [3].
24 marzo. Un blocco senza preavviso.
Il premier indiano Narendra Modi alle 8 di sera del 24 marzo comunica al Paese l’inizio di un lockdown che durerà per 21 giorni, con inizio alla mezzanotte dello stesso giorno: in quattro ore si bloccano treni, bus, aerei, negozi, uffici, iniziative pubbliche.
L’improvvisa decisione di imporre il blocco totale delle attività, comunicata con un anticipo di poche ore, scatena il panico – soprattutto nelle grandi città – dove all’improvviso milioni di lavoratori a giornata si trovano senza lavoro, senza paga, senza la possibilità di allontanarsi. Si formano assembramenti intorno ai pochi bus ancora funzionanti, e ben presto si creano lunghe code di persone che a piedi, lungo strade e autostrade, si allontanano dai grandi centri per cercare di raggiungere i loro villaggi, distanti anche centinaia di km.
26 marzo. «Siamo stati abbandonati» [4]
Questa è la sensazione di migliaia di lavoratori migranti, che nel tentativo di tornare a piedi ai loro villaggi non solo non trovano mezzi pubblici, ma neppure quei piccoli negozietti lungo le strade, dove di solito si poteva bere un thé e mangiare un roti o un chapati. Tutti chiusi.
Bargot, uno dei lavoratori intervistati lungo il cammino, racconta: «Che cosa si pensava che avremmo mangiato? Che cosa dovevamo fare? Ci guadagniamo da vivere a giornata, non abbiamo un lavoro fisso. Ho quattro figli da mantenere, non so come farò…».
26 marzo. «Perché Modi ci ha fatto questo?» [5]
Erano le 20,30 del 24 marzo quando Yadav ricevette un messaggio su WhatsApp, che lo avvisava che sarebbe stato strettamente limitato ogni spostamento in tutto il paese, che i cittadini dovevano restare in casa. Ma per lui la casa era a 240 Km di distanza, in Rajasthan. E in Gujarat, dove si trovava in quel momento, tutto il trasporto pubblico era stato sospeso. In molti luoghi la gente – spaesata – gira per i quartieri senza sapere che cosa fare. E in qualche caso viene aggredita o mortificata dai poliziotti.
Camminando a piedi verso casa, Yadav riferisce di aver visto migliaia di persone, incluse donne e bambini, anche piccoli. Persino una donna che aveva appena partorito.
30 marzo. Forse c’è stata una reazione eccessiva [6]?
Sul giornale on-line Scroll viene pubblicata un’intervista al Dott. Devadasan, uno studioso con più di trent’anni di esperienza, che ha lavorato sia sul campo sia con l’OMS, come referente per l’India sulle malattie trasmissibili. Egli presenta una serie di grafici in cui confronta lo sviluppo dell’epidemia in diversi paesi, e fa notare che la curva dei contagi in India ha un andamento lineare, a differenza dello sviluppo esponenziale di altri Paesi. In base a ciò chiede se le restrizioni imposte non siano state eccessive, anche alla luce delle drammatiche conseguenze che il lockdown sta provocando nelle fasce più povere della popolazione.
Gli Indiani sono stati presi dal panico dopo aver letto delle morti in Cina e in Italia: tuttavia la genetica, l’ambiente, le persone in India sono diverse dai cinesi e dagli italiani. Finora (al 30 marzo) nonostante la popolazione così numerosa, il sovraffollamento, lo scarso livello di igiene, in India il contagio non ha assunto finora l’andamento esponenziale degli altri paesi. Forse le drastiche decisioni prese sono state eccessive?
31 marzo. Recuperare l’economia agricola
Di fronte alla drammatica ‘contro-migrazione’ che è stata innescata dall’imposizione del lockdown, c’è chi mette in luce la drammatica violenza strutturale esercitata dalle politiche economiche dell’India negli ultimi decenni. Secondo Devinder Sharma, un economista esperto di problemi rurali [7], il contro-esodo di massa ha messo la nazione di fronte a una tragica realtà: se milioni di lavoratori migranti sopravvivono nelle aree urbane solo grazie al salario che ricevono giorno per giorno, e non hanno nessun sistema di sicurezza che li aiuti ad affrontare anche pochi giorni senza paga, qualcosa non ha funzionato. Occorre ripensare le scelte politiche che hanno penalizzato l’agricoltura per privilegiare lo sviluppo delle attività urbane, sfruttando una massa di lavoratori marginalizzati. Una politica sana investirebbe sul recupero delle attività agricole di villaggio, recuperando l’orgoglio della vita contadina, e permettendo una vita dignitosa nei villaggi in comunità inclusive e accoglienti.
1° aprile. Filtri e censure
Già da alcuni giorni si era diffusa la notizia che il governo di Narendra Modi aveva fatto appello alla Corte Suprema [8] affinché – per evitare le fake news – tutte le notizie di stampa fossero controllate a livello centrale. Ma i giudici della Corte Suprema, pur ammettendo l’importanza di un’attenta lettura delle notizie, ha rifiutato la richiesta di esercitare la censura da parte del governo: «in particolare – hanno affermato i giudici – ci aspettiamo che i media (stampa, digitale e social) mantengano un forte senso di responsabilità e assicurino che non vengano diffuse notizie non verificate che possano causare panico nel pubblico».
Nonostante la dichiarazione della Corte Suprema, non sembra facile accedere liberamente alle informazioni che riguardano sia la situazione sanitaria, sia quella delle popolazioni più povere: i dati relativi alla distribuzione di cibo sono frammentari e spesso contraddittori, anche a causa dell’estrema disparità di situazioni tra i diversi Stati dell’India.
2 aprile. Che cosa dovremmo fare?[9]
P. Sainath, il già citato fondatore ed editor del People’s Archive of Rural India, ritiene irresponsabile il comportamento del governo e colpevole la sua mancanza di comprensione delle possibili conseguenze delle decisioni finora prese. Le classi medie hanno chiuso negozi e mercati: una scelta non facile per i poveri: per i piccoli negozianti, per gli aiuti domestici, per i braccianti agricoli. Non facile per i contadini, che non hanno potuto terminare il raccolto, oppure l’hanno immagazzinato ma non possono portarlo ai mercati a venderlo.
In qualche modo la gente ricca e le classi sociali medie sembrano convinte che se stanno in casa e praticano il distanziamento sociale, tutto andrà per il meglio. Non riconoscono che il disastro economico, alla lunga, si ripercuoterà anche su di loro. […]
Bisogna agire subito: organizzare la distribuzione d’emergenza di 60 milioni di tonnellate di cereali e legumi, e raggiungere i milioni di migranti devastati dalla crisi. Destinare gli spazi lasciati liberi (scuole, università, edifici pubblici) per ospitare i migranti rimasti bloccati nelle grandi città, e i senzatetto. Consentire a tutti i contadini di seminare per la sussistenza, e non per coltivazioni da reddito, che comunque non si potrebbero vendere.
2 aprile. Le attività ‘essenziali’? [10]
Nell’imporre il lockdown nazionale, il governo indiano si è appellato alla Sezione 10 (2) del Disaster Management Act, del 2005, che attribuisce al National Executive Committee la facoltà di prendere le iniziative necessarie per affrontare situazioni di grave rischio o disastro. Questo documento stabilisce che tutti gli stabilimenti industriali restino chiusi, ad eccezione di quelli che forniscono prodotti essenziali o che abbiano ottenuto in precedenza speciali permessi. Il giorno successivo all’ordinanza di lockdown è stato specificato che tra quelle considerate essenziali erano da includere le industrie«impegnate nella produzione e trasporto di carbone e prodotti minerari, compresa la fornitura di esplosivi per le attività minerarie».
Come mai questa eccezione? Secondo le due autrici dell’articolo, si tratta di attività che offrono grandi vantaggi economici alle aziende, in questo periodo di stasi economica. Ma questi settori produttivi continuano a funzionare solo grazie a migliaia di operai e di braccianti a giornata, per lo più adivasi e dalit [11], obbligati a lavorare con grave rischio per sé, per le loro famiglie e per le comunità dei loro villaggi.
2 aprile. La pandemia è un varco… [12]
Arundhati Roy, una scrittrice e attivista politica indiana, impegnata nel campo dei diritti umani e dell’ambiente, in un lungo articolo pubblicato sul «Financial Times» denuncia apertamente il Primo Ministro indiano, Narendra Modi, di aver deciso che una nazione di 1,38 miliardi di persone avrebbe dovuto essere chiusa con zero preparazione e con un preavviso di quattro ore, senza neppure consultare i governi degli stati che avrebbero poi dovuto gestire le ricadute di questa decisione.
«Il blocco – afferma l’Autrice – ha funzionato come un esperimento chimico che ha improvvisamente illuminato cose nascoste. Mentre i negozi, i ristoranti, le fabbriche e l’industria delle costruzioni abbassavano le serrande, mentre i ricchi e la classe media si chiudevano in colonie recintate, le città e le megalopoli iniziarono a cacciare i loro cittadini della classe operaia – i loro lavoratori migranti – come un’eccedenza indesiderata» […]».
Mentre il blocco entra nella sua seconda settimana, le catene di approvvigionamento si sono interrotte, le medicine e le forniture essenziali si stanno esaurendo. Migliaia di camionisti sono ancora bloccati sulle autostrade, con poco cibo e acqua. I raccolti nei campi sono pronti, ma non essendoci nessuno ad occuparsene, stanno lentamente marcendo.
Gli ospedali e le cliniche pubbliche dell’India – che non sono in grado di far fronte a quasi 1 milione di bambini che muoiono di diarrea, malnutrizione e altri problemi di salute ogni anno, con le centinaia di migliaia di pazienti affetti da tubercolosi (un quarto dei casi del mondo), con una diffusa anemia e una popolazione malnutrita vulnerabile a qualsiasi malattia – non saranno in grado di far fronte a una crisi come quella che stanno affrontando adesso l’Europa e gli Stati Uniti.
Questa pandemia – conclude Arundathi Roy – è come un varco che dà accesso a un nuovo mondo. «Possiamo scegliere di attraversarlo, trascinandoci dietro le carcasse dei nostri pregiudizi e dell’odio, della nostra avarizia, delle nostre banche dati, dei nostri fiumi morti e cieli affumicati. Oppure possiamo camminare con leggerezza, con poco bagaglio, pronti a immaginare un altro mondo. E pronti a lottare per questo».
8 aprile. Le conseguenze del panico [13]
Come sottolinea l’attivista sociale Harsh Mander in una conversazione riportata su «The Guardian», «L’idea che sta alla base del lockdown è di salvaguardare 300 o 400 milioni di persone della classe media, a spese di grandi sofferenze per tutti gli altri». E ancora: «Ancora una volta si tratta di una crisi provocata dall’uomo – afferma Mander – Avremmo potuto evitare questa violenza, il totale annichilimento della gente più povera, se solo avessimo affrontato insieme il problema. Ma nessuna conversazione è stata possibile».
9 aprile. Il futuro fa paura [14].
Sono milioni le persone rimaste senza lavoro: cominciano a soffrire la fame, mentre aspettano disperatamente che il governo intervenga in loro aiuto. L’Organizzazione Mondiale del Lavoro ritiene che 400 milioni di Indiani che lavorano nell’economia informale possano precipitare nella povertà durante questa crisi.
10 aprile. Il grande dilemma: salvare vite, o salvare condizioni di sussistenza? [15]
Un gruppo di esperti si è riunito in una Conferenza Internazionale Online sul COVID-19, organizzata dalla Bennett University, una Università privata Indiana dell’Uttar Pradesh. Si trattava di discutere quali scelte privilegiare dopo la scadenza del lockdown, prevista per il 14 aprile. Gli esperti ritengono che non si possa ignorare la necessità di una ripresa dell’economia: un dilemma di difficile soluzione tra la scelta di salvare le vite nell’immediato, o di salvare i processi che consentono la produzione dei mezzi di sussistenza.
12 aprile. Come salvare i raccolti e assicurare le semine? [16]
Presi in mezzo tra il contagio da coronavirus e l’obbligo di distanziamento imposto dal governo, i contadini si trovano in grande difficoltà per la gestione del raccolto primaverile di granaglie (rabi), e per l‘avvio delle semine estive (karif).
In molti stati dell’India il raccolto è stato portato a termine e i contadini stanno aspettando istruzioni dal governo per procedere alle vendite all’ingrosso. Sarà necessario decentralizzare le operazioni, per ridurre i rischi di contagi, e occorrerà controllare che i contadini ricevano compensi remunerativi per i loro raccolti.
Tuttavia i dati ufficiali mostrano che il governo centrale e i governi dei singoli stati non hanno ancora provveduto ad aprire e a far funzionare questi centri periferici.
13 aprile. Ancora lockdown? [17] Un drammatico dilemma
Il governo indiano non ha ancora emesso alcuna comunicazione ufficiale sulle decisioni che intende adottare il 14 aprile, quando terminerà il primo periodo di lockdown. Ci sono già commenti e indiscrezioni: alcuni fanno intendere che il blocco delle attività sarà prorogato in tutta l’India fino al 30 aprile, per consentire alle autorità e agli operatori sanitari di controllare e arginare la diffusione del contagio.
Ma altri sostengono che il governo centrale sta progettando di alleggerire alcune restrizioni, per esempio permettendo la riattivazione di speciali linee di treni e bus per i lavoratori delle aree agricole. Si prevede che riapriranno settori industriali, oltre a quelli che – considerati essenziali – non hanno mai chiuso[18]. Nel frattempo alcuni stati (l’India è infatti una federazione) hanno già annunciato che estenderanno il lockdown fino alla scadenza del 30 aprile[19]: si tratta di Odisha, Punjab, West Bengal, Maharashtra, Telangana e Karnataka.
La situazione
È attesa per la mattina del 14 aprile la comunicazione ufficiale delle decisioni prese dal governo di Narendra Modi sulle misure sanitarie, economiche e sociali che l’India dovrà rispettare nelle prossime settimane.
Al 13 aprile sono 9.240 i casi registrati di persone contagiate da coronavirus, con 331 morti [20]. Non ci sono invece dati attendibili sul numero di persone che in seguito al blocco delle attività e dei mezzi di trasporto sono rimaste senza lavoro, senza mezzi, spesso senza casa per non aver potuto raggiungere i loro villaggi di origine. Esse fanno parte di un popolo che è stato definito ‘invisibile’: un’indagine condotta dal governo federale nel 2017 ha affermato che «se la componente di migranti rispetto a tutta la forza-lavoro si stima intorno al 20%, allora la dimensione della forza-lavoro dei soli migranti supera i cento milioni di persone»[21]. Dietro a ogni persona che si trova in questa situazione ci sono altrettante famiglie in condizioni di grande precarietà. A queste si aggiungono le innumerevoli comunità di contadini, di pescatori, di raccoglitori le cui attività sono rimaste bloccate. Come quella di Suresh Kumar, un contadino del Tamilnadu, con la sua coltivazione di meloni: erano pronti da raccogliere, ma non ci sono acquirenti locali, e mancano i camion per trasportarli ai mercati di città. E i meloni stanno marcendo nei campi.
Quali attenzioni dedicherà il governo, nei prossimi giorni, ai poveri e ai contadini dell’India?
Un pensiero a Gandhi
In molti dei suoi scritti Gandhi ha rivolto la sua attenzione alle scelte economiche che considerava adatte all’India e alla vita dei villaggi, minacciati dai rischi della ‘civiltà moderna’.
Secondo Gandhi l’India reale si trovava nei 700.000 villaggi. «Se la civiltà indiana deve dare il suo pieno contributo alla definizione di un ordine stabile del mondo, è questa grande massa di persone che deve … essere fatta vivere ancora» [22].
Già nel suo saggio Hind Swaraj [23], scritto nel 1909 (quando aveva 40 anni) si trovano alcune frasi particolarmente illuminanti, come questa: «È mia ferma opinione che l’India stia per crollare, calpestata non dall’Inghilterra ma dalla civiltà moderna». (Cap.VIII).
Ben noto è il giudizio negativo che Gandhi espresse sul modello di sviluppo occidentale: «Dio non voglia che l’India debba mai adottare l’industrialismo secondo il modello occidentale. L’imperialismo economico di un solo piccolo stato insulare (la Gran Bretagna) tiene oggi il mondo in catene. Se un’intera nazione di trecento milioni di abitanti [24] si mettesse sulla strada di un simile sfruttamento economico, essa denuderebbe il mondo al modo delle locuste» [25].
Joseph Kumarappa, che insieme a Gandhi e a Vinoba fondò la ‘scuola di economia gandhiana’, in molte occasioni sottolineò l’importanza di rispettare i ritmi della natura: «Mente studiamo le istituzioni umane, non dovremmo mai perdere di vista la grande maestra, madre natura. Qualsiasi cosa possiamo escogitare, se è contraria ai suoi modi di operare, essa li annichilerà spietatamente prima o poi»[26].
Parole pronunciate quasi un secolo fa, ma ogni giorno più attuali!
[2] http://ruralindiaonline.org/
[3] http://ruralindiaonline.org/articles/essential-services-expendable-lives/?utm_source=sendinblue&utm_campaign=NL_March_24_2020&utm_medium=email
[4] “We are deserted” (Kaushal Shroff) Migrant workers forced to walk hundreds of kilometres due to lockdown http://caravanmagazine.in/news/we-are-deserted-migrant-workers-forced-to-walk-hundreds-of-kilometres-due-to-lockdown
[5] Coronavirus: ‘Why has Modi done this?’ Rajasthan workers walk back home from Gujarat. Vijayta Lalwani
[6] Did India overreact? Covid-19 outbreak isn’t following the trajectory of Europe and China – so far. N Devadasan http://scroll.in/pulse/957883/did-india-overreact-covid-19-outbreak-isnt-following-the-trajectory-of-europe-and-china-so-far
[7] Reverse Migration: Why the Long March Home? Devinder Sharma http://countercurrents.org/2020/03/reverse-migration-why-the-long-march-home
[8] Coronavirus v. Free Speech: Modi Government Opens New Battlefront in Supreme Court http://thewire.in/law/coronavirus-v-free-speech-modi-government-opens-new-battlefront-in-supreme-court
[9] What We Should Do About COVID-19 P. Sainath http://www.counterpunch.org/2020/04/02/what-we-should-do-about-covid-19/
[10] During a Lockdown, Why Is the Mining Industry Considered ‘Essential’? (Manju Menon and Kanchi Kohli)
http://thewire.in/political-economy/lockdown-mining-steel-essential-regulatory-oversight
[11] gli strati più poveri della società
[12] http://libertadonne21sec.altervista.org/la-pandemia-e-una-porta-tra-questo-mondo-e-il-prossimo/ The pandemic is a portal (Arundhati Roy)http://www.ft.com/content/10d8f5e8-74eb-11ea-95fe-fcd274e920ca;
[13] India’s leaders have panicked. Now the millions who power the country are suffering
(Vivek Menezes) http://www.theguardian.com/commentisfree/2020/apr/08/india-leaders-coronavirus-lockdown
[14] ‘Future is scary’: Poor hit hardest by India
[15] The big dilemma. http://timesofindia.indiatimes.com/india/the-big-dilemma-saving-lives-vs-saving-livelihoods/articleshow/75076008.cms
[16] http://thewire.in/agriculture/wheat-procurement-centres-bihar
[17] http://www.bloombergquint.com/global-economics/india-s-nationwide-virus-lockdown-extended-until-april-30
[18] http://www.businesstoday.in/current/economy-politics/coronavirus-india-live-updates-13-apr-lockdown-hotspots-covid-19-cases-latest-news/story/400810.html
[19] http://timesofindia.indiatimes.com/india/six-states-extend-lockdown-beyond-april-14/articleshowprint/75119900.cms
[20] http://www.worldometers.info/coronavirus/country/india/
[21] http://www.theatlantic.com/ideas/archive/2020/04/the-pandemic-exposes-indias-two-worlds/609838/
[22] (Filosofia di Gandhi, cap 12, il vangelo della libertà). http://digilander.libero.it/sitodellapace/e_book/Gandhi_Filosofia_XII.pdf
[23] Una recente traduzione commentata è stata pubblicata nel Quaderni Satyagraha, a cura di Rocco Altieri, Cantro Gandhi Editore, 2009.
[24] Quanti ne aveva l’India allora.
[25] Citato in L’antibarbarie, di G. Pontara, EGA, 2006.
[26] J. Kumarappa. Public finance and povery. 1939.
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[…] [3] http://serenoregis.org/2020/04/13/il-covid-19-e-lindia-tra-numeri-stime-previsioni-incognite-elena-c… […]
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