Dichiarazione di Jena: Il concetto di razza è il risultato del razzismo, non il suo prerequisito | Koozma J. Tarasoff

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Le ‘Razze umane’ non esistono!

Per più di un secolo si è stati ingannati da un mito: che esistano persone di differenti ‘razze’. Non è vero – dicono gli scienziati a una conferenza di zoologia tenutasi in Germania nell’agosto 2019, dove si è approvata questa dichiarazione.

In breve:

  • Il razzismo ha creato le razze
    • Tutte le persone sono di un’unica specie umana
    • Non c’è alcuna base biologica (genetica) per la razza

‘Fra i 3.2oo milioni di coppie di basi [proteiche] nel genoma umano, non c’è alcuna differenza fissa che separi, ad esempio, gli africani dai non-africani. … neppure una singola coppia. … Il colore chiaro della pelle degli attuali nord-europei risale a meno di 5000 anni fa’.

Sono stato molto lieto di leggere quanto sopra perché i miei antenati doukhobor mi hanno instillato la nozione che tutte le persone sono fratelli e sorelle, non divisi per ‘razze’. Mi ha sempre infastidito che tanta persecuzione, guerra e morte siano state causate dal pregiudizio e l’odio razziale.

A metà degli anni 1960, il mio primo lavoro da antropologo fu studiare le Prime Nazioni in Saskatchewan. I nativi locali mi chiamavano ‘l’uomo della fotocamera’ che insisteva di non essere ‘né nero né bianco’.

E’ stato storicamente significativo che la ‘Dichiarazione di Jena’ sia stata approvata all’Università di Jena, in Germania, 100 anni dopo la morte del suo più famoso professore di zoologia Ernst Haeckel (1834–1919) che co-fondò il razzismo scientifico, che condusse all’eugenetica, all’antisemitiemo, alle sterilizzazioni involuntarie, alle guerre razziali, alla politica razziale della Germania nazista, alla xenofobia, all’apartheid, etc. Haeckel divideva gli esseri umani in 10 razze, e credeva che i Negri fossero selvaggi condannati all’estinzione e che i Bianchi fossero i più civilizzati. Adesso è dichiarato in torto. Il razzismo si fermerà?

Per celebrare il 112° Incontro Annuale dell’Associazione Zoologica Tedesca a Jena, l’Istituto per la Zoologie e le Ricerche Evoluzioniste dell’Università Friedrich Schiller di Jena ha organizzato una serata sul tema ‘Jena, Haeckel e la questione delle razze umane, ossia il razzismo crea le razze’.

La dichiarazione congiunta seguente fornisce le informazioni in merito ed è stata approvata dall’ Associazione Zoologica Tedesca e dal Presidente dell’Universitòà Friedrich Schiller di Jena, che ne sostengono gli autori nel proprio sforzo di agire contro le legittimazioni scientifiche del razzismo.

Koozma J. Tarasoff

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Dichairazione di Jena

Agosto 2019 – Fin dall’inizio, l’idea delle razze umane e della loro esistenza è stata collegata a una valutazione di tali presunte razze. In effetti, la nozione che differenti gruppi di persone differiscano in valore ha preceduto il lavoro presunto scientifico in merito. La giustificazione primariamente biologica per la definizione di gruppi di umani come razze – per esempio basata sul colore della loro pelle o degli occhi, o sulla forma dei loro crani – ha condotto alla persecuzione, all’ asservimento e al massacro di milioni di persone. Oggi stesso, il termine ‘razza’ viene ancora sovente usato riferito a gruppi umani. Tuttavia, non c’è alcuna base biologica per le razze, e non ce n’è mai stata. Il concetto di razza è il risultato del razzismo, non il suo prerequisito.

Il 9 agosto 2019, abbiamo commemorato il 100° anniversario della morte di Ernst Haeckel, già professore a Jena, denominato il ‘Darwin tedesco’ e probabilmente il più noto zoologo e biologo evoluzionista tedesco. Con la sua classificazione presunta scientifica delle ‘razze’ umane in un ‘albero genealogico’, Ernst Haeckel, il fondatore della filogenetica, diede un contributo fatidico a una forma di razzismo apparentemente basato sulla scienza. La posizione dei gruppi umani nel suo albero della vita era basata su caratteristiche arbitrariamente selezionate come il colore della pelle o la struttura dei capelli, presentate da un punto di vista filogenetico. Ciò feces ì che queste persone fossero considerate in una particolare sequenza, che implicava che alcuni gruppi avessero status superiori o inferiori ad altri su basi biologiche.

Karl Astel, un affermato ricercatore sulla razza, membro del partito Nazional-socialista e presidente dell’Ufficio Statale della Turingia per la Scienza Razziale a Weimar, fu professore uniiversitario dal 1933 e, dal 1939, rettore in tempo di guerra dell’Università Friedrich Schiller di Jena. Era convinto “che dalla partenza di Ernst Haeckel, la zoologia – e pertanto la biologia – a Jena non sia stata più perseguita all’Università nello stesso spirit e con la stessa intensità stabilitavi da Haeckel e che ciò era di grande importanza per il Nazional-socialismo”.

Durante il periodo del Nazional-socialismo, l’Università di Jena doveve essere espansa “in una università SS con un uniforme orientamento razziale”. L’‘opera di sviluppo razziale’ e la politica delle nomine ripetutamente enfatizzata da Astel aveva prodotto una configurazione accademica e politica unica in relazione alla scienza con quattro successivi professorati in studi razziali. Inoltre, il Museo Filetico di Jena, fondato da Ernst Haeckel nel 1907, doveva diventare, con riferimento al suo fondatore, il ‘Museo di Stato Turingio e Museo Nazionale per la Biologia, la Razza e la Filogenia’. Anche per questa ragione, l’Università Friedrich Schiller ha una particolare responsabilità per trattare il tema della definizione delle razze umane basata su dati biologici.

Nonostante, o forse proprio a causa della stretta connessione fra razzismo e la presunta esistenza delle razze, è compito della scienza e quindi anche di un’associazione scientifica come quella Zoologica Tedesca di valutare la possibilità che le razze umane siano una realtà. La questione è se le razze in generale e le razze umane in particolare siano una realtà biologica, o se siano puri costrutti della mente umana.

Per l’influente tassonomo Ernst Mayr, l’esistenza delle razze umane era un ‘fatto biologico’ (Mayr 2002), almeno prima dell’era coloniale. La giustificazione per la sua opinione è tuttora riflessa nel concetto comune che le razze umane corrispondano a ‘tipi geografici’ che troviamo pure in altre specie e che sono basati su molti criteri. Un’alternativa ai tipi geografici degli umani che corrisponda alle razze non sembrava possibile a Mayr, benché si sia dichiarato chiaramente contro ogni tipo di razzismo.

Per le razze geografiche (o sottospecie), Mayr generalmente sottolineava la necessaria ‘differenza tassonomica’ fra popolazioni geograficamente separate di una specie. Ciò pone il concetto di ‘razza’ in qualche punto fra il concetto di popolazione (che per la sua esistenza come comunità riproduttiva, corrisponde effettivamente a un individuo nella filosofia della scienza) e quello di specie. Oggi, questa differenza tassonomica è perlopiù determinata dalle distanze genetiche.

Però determinare quale differenza tassonomica o differenziazione genetica sarebbe sufficiente per distinguere razze o sottospecie è completamente arbitrario e quindi rende anche il concetto di razze/sottospecie in biologia puramente un costrutto della mente umana. Ciò non vuol dire che non ci sia differenziazione genetica lungo un gradiente geografico. Tuttavia la valutazione tassonomica di tale differenziazione (come razza o sottospecie, o meno) è arbitraria. Questo è a maggior ragione il caso per gli umani, dove le maggiori differenze genetiche si trovano entro una popolazione e non fra popolazioni.

Le ‘razze’ degli animali domestici sono un caso del tutto differente, come si può vedere dalla mancanza di una struttura geografica fra loro. Gli animali domestici sono esclusivamente il risultato dell’allevamento da parte degli umani, anziché di un processo naturale, biologico. Solo nel caso degli animali domestici la somiglianza genetica (omogeneità) entro una ‘razza’ e effettivamente maggiore che fra le ‘razze’. La lingua inglese qui non usa il termine ‘race’ [razza], bensì ‘breed’ [tipo risultante da un allevamento, non spontaneo] che è molto più vicino all’effettiva situazione. In Tedesco sarebbe più appropriato il temine ‘Züchtung’ [eqvl. a breed].

Gli schemi pensati di razzismo su base biologica, come l’analogia con tipi di animali domestici, hanno tentato a supporre che si abbia lo stesso diritto a parlare di ‘razze umane’; cosa sovente associata all’ipotesi che la somiglianza entro una presunta razza umana fosse significativamente maggiore che fra le razze, il che ha reso possibile la segregazione – una deprecabile credenza errata nel caso di esseri umani.

La divisione delle persone in razze era ed è in primo luogo e principalmente una classificazione sociale e politica, seguita e sostenuta da un costrutto antropologico basato su caratteristiche scelte arbitrariamente come il colore dei capelli e della pelle. Tale costrutto serviva – e ancora serve – a giustificare un razzismo sia evidente sia latente usando circostanze presunte naturali per creare in tal modo una giustificazione morale.

E’ stato essenzialmente mediante la ricerca scientifica sulla variazione genetica entro e fra le popolazioni umane che il concetto di razza è infine stato esposto come costrutto tipologico. Fra gli umani, la maggior quota di gran lunga di differenze genetiche esiste non fra popolazioni geografiche, bensì entro tali gruppi.

La massima variazione genetica è tuttora nelle persone del continente africano, dove sono situate le radici e gran parte delle ramificazioni dell’albero genealogico umano. La gente dell’EstAfrica e tutti i non-africani sono raccolti su uno di tali rami. Perciò, la gente al di fuori dell’Africa è più apparentata alla gente dell’EstAfrica, come i hadza, di quanto i hadza o i non-africani lo siano alla gente del SudAfrica, per esempio i khoisan. Da un punto di vista filogenetico, tutti sono perciò africani.

Di conseguenza, è decisamente paradossale parlare de ‘gli africani’ o ‘gli africani neri’. Questo è un residuo dei modi coloniali di parlare e pensare, e, di nuovo, è un caso di razzismo che crea razze. Il colore della pelle di un khoisan del SudAfrica è più chiaro che quello degli abitanti dell’Asia sudorientale o del SudAmerica lungo l’equatore. Il colore della pelle riflette principalmente un adattamento biologico al livello di radiazione solare e pertanto varia continuamente secondo l’intensità della radiazione UV sulla Terra.

Le presunte razze umane non risalgono inoltre a line evolutive separate (secondo un altro concetto della realtà delle razze – le cosiddette razze cladistiche). Gli umani attuali ebbero origine in Africa più di 250.000 anni fa. Da lì, gli umani si sparsero in piccolo gruppi sul resto del globo.

I non-africani si staccarono dagli abitanti dell’EstAfrica intorno a 60.000 anni fa e popolarono una gran parte del mondo. I non-africani differiscono da chi vive a sud del Sahara perlopiù in tracce genetiche lasciate dalla miscela genetica con.

Cosa interessante, è proprio questo contributo genetico dei nostri più prossimi parenti estinti, fino a poco tempo fa caratterizzati come cugini d’ingegno fioco e agitatori di clave, che i ‘Suprematisti Bianchi’ negli Stati Uniti usano definire una razza bianca superiore, separata dalle altre. Però, la proporzione di geni neanderthaliani e denisovani in genti est-asiatiche e gruppi in Oceania e Australia è nitidamente superiore che negli europei.

Quindi, questa caratteristica è estremamente inadatta per definire una qualche ‘superiore razza bianca’ sulla base di geni dei Neanderthal. Per di più, numerose e ricorrenti migrazioni umane hanno sempre condotto a collegamenti fra popolazioni geograficamente distanti, ben prima i grandi viaggi di scoperta e conquista degli europei.

Fra i gruppi umani intercorrono gradienti genetici invece di confini definibili. Fra i 3.200 milioni di coppie di basi nel genoma umano, non c’è differenza fissa che separi, ad esempio, africani da non-africani. In modo esplicito, non solo non c’è un solo gene che indichi differenze ‘razziali’, ma neppure una sola coppia di basi.

Tratti esteriori come il colore della pelle, usati per classificare i tipi di persone, sono un adattamento biologico estremamente superficiale e mutevole alle condizioni locali esistenti. Il solo colore della pelle è sovente mutato nel corso delle migrazioni umane diventando più scuro e più chiaro secondo la radiazione solare o la dieta locale.

Per esempio, fino a 8.000 anni fa, gli abitanti dell’ Europa Centrale erano intensamente pigmentati e fu solo con l’inizio dell’agricoltura che arrivò gente di pelle più chiara che recava questo fenotipo dall’Anatolia. La dieta primariamente vegetariana dei primi agricoltori favoriva individui con la pelle pallida, che rendeva più facile produrre sufficiente vitamina D nella pelle durante i cupi inverni europei. La carnagione chiara degli attuali nord-europei risale a meno di 5000 anni fa.

Il collegamento fra tratti fisici come il colore della pelle con caratteristiche o addirittura tratti fissi della personalità e comportamenti supposti come genetici, come fu fatto all’apice del razzismo antropologico, è ora stato solidamente confutato. Utilizzare tali argomentazioni oggi come apparentemente scientifiche è sia sbagliato sia doloso. C’è anche nessun nesso scientificamente provato fra intelligenza e origine geografica, mentre c’è un chiaro nesso con l’ambiente sociale. Anche qui il razzismo sotto forma di esclusione e discriminazione crea presunte razze.

Eppure, il razzismo continua ad allignare fra la gente. Nel 20° secolo, la ricerca razziale, la scienza razziale e l’igiene razziale ossia l’eugenetica, quali discipline apparentemente scientifiche, furono solo alcuni degli eccessi del pensiero e dell’azione razzisti.

Togliere semplicemente di torno la parola ‘razza’ dal nostro linguaggio quotidiano non preverrà il razzismo e l’intolleranza. Una caratteristica delle attuali forme di razzismo è appunto la tendenza dei circoli d’estrema destra e xenofobi ad evitare il termine ‘razza’. Il pensiero razzista si perpetua con termini come selezione, mantenere la purezza o etnopluralismo; che è peraltro nulla più che una riformulazione delle idee di apartheid.

Designare ‘gli africani’ come presunta minaccia all’ Europa e attribuire certe caratteristiche biologiche appartengono pure alla tradizione diretta del peggior razzismo del nostro passato.

Quindi, facciamo sì che le persone non siano mai più discriminate per speciosi motivi biologici e rammentiamo a noi stessi e agli altri che è il razzismo ad aver creato le razze e che la zoologia/antropologia ha avuto una parte infausta nel produrre giustificazioni presuntamente biologiche. Oggi e in futuro, non usare il termine razza dovrebbe far parte della decenza scientifica.


– Prof. Martin S. Fischer, Istituto per la Zoologia e la Ricerca Evoluzionista dell’Università Friedrich Schiller di Jena

– Professore straordinario Uwe Hoßfeld, Istituto per la Zoologia e la Ricerca Evoluzionista, Gruppo di Ricerca per l’Istruzione Biologica – Università Friedrich Schiller di Jena

– Prof. Johannes Krause, Direttore all’Istituto Max Planck per la Scienza della Storia Umana – ’Università Friedrich Schiller di Jena

– Prof. Stefan Richter, Istituto delle Bioscienze: Zoologia Generale e Sistematica – Università di Rostock


Download PDF file: Jena Declaration: Races Racism Myth


Koozma J. Tarasoff è antropologo, scrittore, autore pubblicato, fotografo, blogger, pacifista attivo, e rappresentante del Ministero Canadese per le Iniziative di Pace. E’ uno studioso di Spirit Wrestlers/ Doukhobor. Nato in Saskatchewan, risiede ora a Ottawa, Ontario, Canada. http://spirit-wrestlers.com.


FEATURED RESEARCH PAPER, 23 Mar 2020 | Jena University | Koozma J. Tarasoff – TRANSCEND Media Service

Titolo originale: Jena Declaration: The Concept of Race Is the Result of Racism, Not Its Prerequisite

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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