Fartun, non solo visione ma anche riflessione…

Ilaria Zomer

Normalmente la visione del documentario Fartun è accompagnata da una lunga discussione con il pubblico durante la quale approfondiamo la storia del documentario stesso e proponiamo una riflessione critica sui suoi contenuti. Poiché a causa dell’attuale situazione, non è possibile organizzare un evento pubblico, (lo trasmettiamo domani sabato 21 marzo dalle ore 8 e fino a mezzanotte in streaming su youtube e facebook) abbiamo pensato di condividere con voi articoli, contenuti e video per approfondire la riflessione e lasciarvi alcune domande. Se avete piacere potete lasciarci il vostro pensiero nei commenti all’articolo e durante la visione del documentario. Sarà un piacere poterli leggere e sentirci tutt* un po’ più vicin*.

Il video è uno dei risultati del progetto CountHERnarrative: Reframing the Narrative by giving voice to migrants women finanziato dall’Unione europea e dalla Regione Piemonte, attraverso il Consorzio delle Ong Piemontesi, nell’ambito del programma Frame, Voice, Report!, Giornalismo e cooperazione per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. L’obiettivo del programma è quello di promuovere una comunicazione e una conoscenza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile attraverso prodotti giornalistici che diano voce direttamente al Global South secondo cornici narrative costruttive, capacitanti, in alcuni case “altre” rispetto alle nostre o rispetto a quelle che ci aspetteremmo.

Per la realizzazione, i partner del progetto, Giosef Torino – Marti Gianello Guida APS e Centro Studi Sereno Regis, hanno deciso di coinvolgere direttamente giornaliste arabe con le quali collaborano da diverso tempo, l’Arab Women Media Center per narrare la propria realtà locale e dare voce direttamente alle donne, con un background migratorio, che in Giordania vivono da breve tempo o da molti anni. Il risultato, Fartun, è un breve documentario corale che affronta il tema femminile e immigrazione da una prospettiva e con una sensibilità probabilmente diversa dalla nostra ed è proprio su questo punto che con voi vorremmo confrontarci.

A tal fine vorremmo proporvi alcuni contenuti, fra cui vi invitiamo liberamente a spaziare, che ripercorrono alcuni dei principi cardine su cui abbiamo sviluppato il progetto.

Il primo macrotema che vorremmo proporvi è quello dell’intersezionalità. Riteniamo infatti che per poter contrastare stereotipi e pregiudizi la chiave sia sostare nella complessità identitaria delle persone che, proprio alla luce di questa complessità vivono esperienze umane uniche, cosa succede quando l’identità migrante si intreccia con l’essere donna? A quali esperienze dà vita?

Per introdurvi all’intersezionalità vi proponiamo una Ted Conference di Kimberlé Crenshaw, che per prima ha utilizzato questo termine.

Se avete piacere di una lettura più complessa e accademica (in inglese) eccovi invece un articolo, sempre di Crenshaw che racconta la genesi del concetto di intersezionalità.

Il secondo tema che vorremmo proporvi di approfondire è quello dei frame narrativi che spesso attribuiamo agli/alle altri/e. Il video rafforza o decostruisce alcune visioni che potevi avere delle donne migranti in un paese nell’area Mediorientale? Il linguaggio, le modalità narrative le trovi vicine al gusto occidentale oppure diverse? In che termini?

Ancora una volta ti proponiamo come stimolo di riflessione altri due contenuti, di nuovo una Ted Conference “The danger of the single story”.

E il manuale del programma Frame, Voice, Report! che ha rappresentato la cornice entro la quale il documentario è nato.

Infine un terzo tema sul quale vorremmo attirare la vostra attenzione è quello del femminismo, o meglio dei femminismi non occidentali. Possiamo parlare di diversi femminismi? Vi proponiamo tre brevi articoli divulgativi per immergersi nel mondo molto vasto e poco conosciuto di quello che viene chiamato femminismo arabo.

http://lamenteemeravigliosa.it/donne-femministe-mondo-arabo/

Grazie per ogni commento che vorrai lasciare e ovviamente sono altrettanto benvenuti suggerimenti di contenuti, articoli, video che vorrai ripostare e suggerire ad altr* lettori/trici .

Buon 21 marzo di lotta!

2 commenti
  1. elena
    elena dice:

    cara Ilaria, grazie per questo 'puzzle' – questo intreccio di sguardi ricco di stimoli e riflessioni. Mi piacerebbe molto poter commentare in un incontro collettivo (quando sarà possibile) il documentario e quello che ci sta dietro. Grazie anche per avermi fatto conoscere queste due donne straordinarie (Chimamanda e Kimberlé).. Le prospettive che illustrano (intersezionalità e molteplicità di storie) mi fanno pensare a uno strumento concettuale altrettanto potente, che è stato proposto a partire dagli anni '90 da due autori (Funtowicz e Ravetz) per fornire chiavi di lettura più articolate, complesse, socialmente attente rispetto alla narrazione scientifica convenzionale (che peraltro continua a dominare). Per certi aspetti penso sia utile avvicinare il pensiero femminista al pensiero della scienza post-normale: entrambi da tanto tempo sono impegnati a smascherare descrizioni del mondo monotone, ossessive e unilaterali. E come l'empowerment delle donne è essenziale per costruire un mondo più armonioso, così la pratica della scienza post-normale può svolgere un ruolo importante per contrastare la narrazione della Scienza come dominio (sulle persone, sulla natura) e come soluzione. RIF:
    Funtowicz, S., Ravetz, J. (1993) Science for the post-normal age, Futures 25 (7) 739–755. http://www.nusap.net/ http://www.scienzainrete.it/articolo/scienziati-

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  2. Fabrizio
    Fabrizio dice:

    Le modalità narrative del documentario sono familiari rispetto al mio gusto occidentale, proprio perché non ero a conoscenza del contesto giordano. Infatti penso di aver ricevuto una descrizione piuttosto libera sia in termini politici, sia in termini umani.
    Sono stato colpito dal numero di donne intervistate, il che esalta il concetto che è ripreso nelle Ted conference dell'intersezionalità. Veder narrare queste storie così diverse esprime una forma di novità anche nella mia visione delle donne; allargandola. Il 'frame narrativo' che mi sarei aspettato dalle riprese avrebbe enfatizzato drammaticamente la situazione in cui si stanno trovando. E' logico pensare alle loro vite anche al di fuori della sofferenza e in questo senso ho provato sollievo, perché è nella profondità di “livelli” a cui sono dedicate le storie che si deve la potenza documentaria in analisi. Penso che la decisiva influenza che hanno ciascuna delle donne nel video rappresenti un senso di azionismo, infatti il documentario non tralascia nessun opinione personale rispetto allo stato sociale o al rispetto stesso di una dignità individuale.
    Queste le mie ultime riflessioni 'a freddo', vi ringrazio per l'opportunità offerta

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