Abu Mazen all’Onu: «No al piano Trump ma la pace è ancora possibile»

Michele Giorgio

Accordo del secolo. Il presidente palestinese Abu Mazen all’Onu ha di nuovo stroncato l’iniziativa americana. «Legalizza ciò che è illegale e ignora molte risoluzioni delle Nazioni Unite». Migliaia di palestinesi hanno manifestato in suo sostegno a Ramallah

Accompagnato idealmente dai tanti palestinesi scesi in strada ieri a Ramallah contro il Piano Trump – una manifestazione con migliaia di persone non si vedeva da tempo nella città cisgiordana – il presidente Abu Mazen è intervenuto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per respingere il cosiddetto “Accordo del secolo”, il «piano di pace» annunciato dal presidente americano. Si tratta un «accordo tra Stati Uniti e Israele per mettere fine alla causa palestinese» ha proclamato Abu Mazen «questo accordo legalizza ciò che è illegale e ignora molte risoluzioni delle Nazioni Unite».

Ha ribadito che «lo status di Gerusalemme deve essere negoziato…Gerusalemme rappresenta una terra occupata e nessuno ha il diritto di donarla come fosse un regalo». «Sono venuto a difendere il sogno palestinese» ha affermato perentorio «queste sono le nostre terre, chi vi ha dato il diritto di annetterle (a Israele)? Così facendo si distrugge qualsiasi opportunità di pace».

Il leader dell’Anp si è rivolto più volte all’opinione pubblica israeliana ripetendo di credere nella pace e di essere pronto a negoziare un accordo con interlocutori diversi dal premier Netanyahu. «La pace tra israeliani e palestinesi è ancora possibile», ha assicurato. Poi ha proposto che il negoziato in Medioriente sia «un processo di pace internazionale guidato dal Quartetto (Usa, Russia, Onu e Ue)». Gli Stati Uniti, ha spiegato, «non possono essere gli unici mediatori» tra israeliani e palestinesi.

Solo in apparenza è una chiusura agli Usa. Appena qualche giorno fa Abu Mazen aveva annunciato l’interruzione completa dei rapporti con Stati uniti e Israele. Ora non esclude la presenza di Washington al tavolo di ipotetiche trattative, assieme ad altre parti internazionali. Non sono sfuggiti peraltro i suoi commenti morbidi nei confronti di Trump. «Non so chi abbia dato a Trump questo consiglio inaccettabile» di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele e di interrompere gli aiuti ai palestinesi, ha detto aggiungendo «il Trump che avevo conosciuto non era così».

Abu Mazen in sostanza sostiene che il problema è rappresentato dai consiglieri che circondano il presidente. Ma a sceglierli è stato il tycoon, in piena coscienza, e il presidente palestinese farebbe meglio a considerarlo se vuole restare in sintonia con la sua gente che ha manifestato a Ramallah (e a Gaza) issando cartelli con la scritta “La Palestina non è in vendita” e “No all’Accordo del Secolo”. E dovrebbe ricordare che sono state le pesanti pressioni dell’Amministrazione Trump all’Onu a costringere i palestinesi a congelare la bozza di risoluzione di condanna del Piano Usa.

Il riferimento continuo del presidente dell’Anp alla soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) è stantio. La sua gente non ci crede più, si rende conto che uno Stato palestinese – nelle condizioni che Israele ha creato sul terreno nel corso di 52 anni di occupazione militare – si rivelerebbe nei fatti il bantustan teorizzato da Trump.

Abu Mazen dovrebbe leggere i risultati del sondaggio diffuso ieri dal “Centro per la ricerca politica” di Ramallah.  Solo il 39% dei palestinesi sostiene la soluzione a Due Stati e il 61% pensa che questa possibilità sia tramontata da tempo a causa dell’espansione degli insediamenti coloniali israeliani. Il 65% chiede ad Abu Mazen di porre fine alle relazioni con Israele e gli Usa ma il 68% non crede che il presidente interromperà il coordinamento tra i servizi di sicurezza dell’Anp con l’intelligence israeliana.

Israele di fatto ha ignorato il discorso di Abu Mazen. Per scelta e perché Netanyahu e il suo rivale Benny Gantz sono nel pieno della campagna elettorale. La reazione è stata affidata a Danny Danon, l’ambasciatore israeliano all’Onu. «Se Abu Mazen fosse serio riguardo ai negoziati ora sarebbe a Gerusalemme o a Washington – ha commentato Danon – Non ci saranno progressi finché (Abu Mazen) rimarrà presidente».


il manifesto, EDIZIONE DEL 12.02.2020


 

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