Sabato tutti/e in piazza! | Cinzia Picchioni

Scrivo queste riflessioni dopo la lettura, per scriverne la recensione che si trova in queste stesse «pagine», del libro Wireless. Tutta la verità su cellulari, ripetitori, Wi-Fi e 5 G, (Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2019, pp. 224, € 20,00); anche qui, come nella recensione, ne troverete ogni tanto delle citazioni, col numero di pagina corrispondente.

5 G

Grande (quanto a diffusione), Generico (quanto a informazioni), Golpista (quanto a modalità), Gonfiato (quanto a benefici), Gramo (quanto a conseguenze), Grave  (quanto a silenzio), Grossolano (quanto a informazioni, precauzioni, controindicazioni), Guercio (quanto a capacità di vedere al di là del denaro).

Altro che «cinque»! Le G sono – almeno – otto, e definiscono, con aggettivi, quanto sia pericolosa questa operazione.

«L’opinione pubblica dovrebbe diventare consapevole che è l’uso stesso dei cellulari a comportare un rischio per la salute pubblica nel suo insieme. Non si pensa mai, infatti, che ogni volta che qualcuno accende un cellulare, automaticamente irradia se stesso, ma anche chi gli sta intorno e soprattutto anche quelle persone inermi che vivono o lavorano vicino ai ripetitori della telefonia mobile. Il semplice atto di accendere il cellulare, quindi, crea un problema sanitario per tutta la collettività di cui ogni individuo è responsabile», p. 17.

Queste parole si leggono – più o meno simili – anche sui manifesti di Torino per chiamare la gente alla manifestazione di sabato 25 gennaio 2020 (alle 15,30 da piazza Castello); ed è ciò che – da anni – cerco di spiegare quando chiedo: «Hai un numero di telefono fisso dove posso chiamarti?», o quando dichiaro che non ho un cellulare e cerco di usare poco anche quello degli altri. Di solito le persone mi rispondono: «Non preoccuparti, ti chiamo io che non pago; tu fai solo uno squillo e ti richiamo subito»… il problema non è pagare! Oltre al fatto che non è vero che non si paga (si paga, si paga; subito e anche dopo. Anche molto dopo… come per l’amianto), la mia non è un’obiezione monetaria, non è che non voglio spendere di più. Voglio usare di meno il cellulare, e voglio che anche gli altri lo usino di meno, nel vano tentativo di trasmettere che il bisogno che ne hanno è in realtà un desiderio indotto. Ormai si telefona col cellulare anche in un posto dove c’è il telefono fisso! Se non è desiderio indotto questo… Oltreché un’offesa alla nostra intelligenza.

Per quanto riguarda la mia di intelligenza, mi sto accorgendo di stare perdendo anche degli amici, a mano a mano che decidono – per risparmiare – di eliminare il telefono fisso dalle loro case. Io continuo a cercare altri modi per comunicare, a tutti i costi, anche perdendo gli amici, perché: «Un concetto fondamentale da tenere presente […] è che […] esistono due tipi di esposizione: una attiva, come quella a cui si espone volontariamente chi usa i cellulari, e una passiva, come quella che subisce chi siede in metropolitana vicino a qualcuno che usa un cellulare o come chi abita vicino ai ripetitori dei cellulari. […] Si può stimare che una sola telefonata effettuata da un luogo affollato, ad esempio da un ospedale, verso un soggetto ricevente che si trova in un altro luogo affollato, ad esempio in uno stadio, irradi verosimilmente da 1.000 a 1.500 persone del tutto inconsapevoli del fatto di essere esposte a radiazioni da radiofrequenza, compresi coloro che vivono o lavorano vicino ai ripetitori dei cellulari», pp. 16-17.

Non se ne può fare a meno

Non so voi, ma io non riesco proprio a vedere tutta questa necessità nel telefonare (o rispondere al telefono) mentre sono al cinema, a teatro, in bagno, a pranzo, a spasso col cane, in treno, in auto… e praticamente ovunque e sempre. A meno che io non sia la segretaria del presidente degli Stati Uniti, credo di poter rimandare una telefonata a un momento migliore rispetto a quando sono seduta sul water!!! O no? Ma mi domando, santiddio, come facevamo quando non c’era il cellulare????? Porsi questa semplice domanda ci terrebbe lontano da tutti i condizionamenti che – giorno dopo giorno – il sistema, il Grande Fratello ci ha instillato nella mente (insieme alle onde elettromagnetiche), cosicché ora siamo davvero convinti che sia bello poter rispondere/telefonare in ogni momento e luogo, senza più la schiavitù di stare in casa, ma anche senza la libertà di essere lasciati in pace quando siamo al cinema. Ehi! Stiamo capendo? Tu che stai leggendo sei davvero contento di poter essere cercato e di dover rispondere al telefono anche mentre sei al cinema? E sei davvero contento di essere interrotto mentre sei con la tua amica e vi siete ritagliate uno spazio per chiacchierare? E sei davvero convinto di dover rispondere per forza? Quando non c’era il cellulare, se andavi al cinema, eri irraggiungibile per 2 ore, giusto? Perché adesso non puoi più farlo? Chi l’ha detto che è necessario? Chi ti ha convinto a portarti il cellulare – acceso – al cinema? Ti rendi conto di non essere più libero di lasciarlo a casa (o anche solo di spegnerlo)? Be’ se tu non vuoi scegliere, se tu vuoi essere schiavizzato, se tu vuoi permettere a chiunque di disturbarti in qualunque momento e luogo, io no! Da anni, quando prendo il treno, sogno il tempo in cui – come per il fumo di sigaretta – si vieterà l’uso del cellulare, o almeno ci saranno dei vagoni liberi dal cellulare, dove potrò leggere in santa pace senza essere costretta ad ascoltare le str… di tutti (ché il più delle volte sono tali. Il cellulare si usa per sciocchezze, rarissimamente è davvero uno strumento utile. Pensateci: la maggior parte delle persone, rispondendo al cellulare dice: «Ti posso richiamare? Sono al … e non posso parlare»; oppure senti benissimo che fa una conversazione che si poteva benissimo rimandare, magari da un telefono fisso (in ufficio o a casa), con più calma, con più attenzione, con meno distrazione.

Incidenti e seggiolini

«Oggi il bisogno di mettere in comunicazione il cellulare con la lavatrice appare quasi ridicolo e pensare che la popolazione debba esporsi a rischi per la salute per consentire la guida automatica delle automobili appare del tutto assurdo, ma dopo una pressante comunicazione pubblica c’è il rischio che questi bisogni, indotti dal marketing, diventino irrinunciabili al punto da convincere tutti che sia necessario sopportare i rischi per la salute, come sta avvenendo già oggi per l’uso delle automobili alimentate a diesel, un combustibile già classificato dalla IARC come cancerogeno certo», p. 65.

Come è successo con i seggiolini per auto stiamo facendo il contrario di ciò che servirebbe. Se ci dimentichiamo il bambino in auto (o di far partire la lavatrice, cose che sembrano equiparate come problemi, giacché la soluzione offerta è la medesima) offriamo un sistema elettronico – perciò fallibile sotto molteplici aspetti – per avvertirci. Un sistema che interferisce proprio – tra gli altri effetti collaterali – sulla memoria. Invece dovremmo preoccuparci del fatto che chi dimentica il bambino in auto forse è troppo stressato, forse è troppo distratto (e crede di poter fare 2-3 cose contemporaneamente, a causa – anche – della cellularemania), forse ha orari troppo stretti… e forse ha una scala di priorità in cui suo figlio non è – come dovrebbe essere – al 1° posto, ma è diventato una delle tante commissioni della giornata: passare in lavanderia, andare in ufficio, portare il bambino all’asilo, andare in palestra…). Su questi aspetti bisognerebbe aiutare le persone, non con lo studio di sistemi che ci permettono di continuare ad essere stressati, stanchi e alienati: non importas se hai dimenticato di far partire la lavatrice, con diecimila antenne in più potrai accenderla quando te lo ricordi – se te lo ricordi – a distanza. Non importa se ti sei dimenticato tuo figlio legato al seggiolino nell’auto sotto il sole. Il solito sistema di antenne manderà un segnale che te lo ricorderà. Ma tu l’hai dimenticato lo stesso, e un domani dimenticherai qualcosa per cui non c’è segnale. È sicuro e verificato: stiamo perdendo delle funzioni – tra cui la memoria – a causa dei dispositivi, e noi, invece di analizzare il problema, scegliamo la soluzione pià facile, che non dipende da te. Mi si dice: «Però così il bambino non muore…». Vero (forse), ma allora mentre inventiamo il dispositivo facciamo anche qualcosa per aiutare la persona (un percorso di psicoterapia? Un corso di consapevolezza? Un gruppo di auto-aiuto? Una terapia di coppia con la madre del bambino dimenticato? Invece no: deleghiamo a una macchina la paternità (in effetti è già stato fatto con la maternità – inseminazione artificiale, aghi guidati da un computer che impiantano l’ovulo fecondato – anch’esso meccanicamente – nell’utero eccetera).

L’avevo detto che non mi piacevano i LED!

«Nei primi anni del 2000 molte province hanno usufruito di fondi pubblici per installare antenne Wi-Fi nelle scuole e negli ospedali, mentre di recente si stanno installando sulle strade dei nuovi lampioni e luce LED (Light Emitting Diode, cioè  diodo a emissione luminosa) a basso consumo energetico, con sopra delle antenne Wi-Fi; peccato che le comunicazioni senza fili consumino 10 volte di più delle comunicazioni via cavo; così i lampioni da un lato comportano un risparmio energetico, ma dall’altro aumentano il consumo «per irradiare la popolazione con una radiazione potenzialmente nociva per la salute umana e degli altri esseri viventi», p. 33.

Pago il Canone da sempre!

«Non sorprende che in Italia l’unico programma televisivo che si è occupato più volte dei rischi connessi ai campi elettromagnetici sia Report, su Rai 3: nel 2011 […] ha denunciato il conflitto di interessi all’interno dell’OMS  e nel 2018, oltre ad affrontare per la prima volta la questione del 5G e dell’aumento esponenziale delle radiazioni nei luoghi pubblici, ha denunciato il conflitto di interessi di alcuni membri dell’ICNIRP [[1]…, NdR]. Rai 3 è un canale delle reti pubbliche che si sostengono grazie al canone pagato dai cittadini e, in parte, grazie agli inserzionisti privati. Per questo motivo, quando si sente parlare di proposte di taglio del canone televisivo, bisogna essere estremamente cauti e diffidenti, in quanto quel costo permette ai cittadini di ricevere un’informazione indipendente e critica», p. 190.

Cordless

La parola inglese significa, molto meno affascinantemente, «senza corda», intendendo per «corda» il cavo telefonico, che è l’unico a non esserci. Infatti il cordless ha il cavo elettrico, che collega la base a una presa e su cui occorre ricordarsi di metterlo ogni tanto, per caricarlo (quindi è un falso, libero, comodo, telefono senza filo); in più c’è il «filo» della connessione, che non si vede ma c’è, eccome! Compresi i danni che ne derivano. Anche il telefono senza fili:

«funziona sempre a radiofrequenza ed è equiparabile, come rischio al cellulare», p. 182.

Avete letto bene? Lo dico da sempre, che non voglio alcun cordless a casa mia – e nemmeno in ufficio! Sarebbe stato facile capire che se non è collegato via cavo alla rete telefonica è collegato con un altro tipo di «cavo», altrimenti come si farebbe a parlare??? Non sono un tecnico della Telecom, osservo… e ragiono.. e quando sento dire «è comodo» mi insospettisco sempre. La comodità si paga sempre in qualche modo…

Non è violenza anche questa?

Oggi è normale parlare di «fumo passivo» ed è normale non essere obbligati a respirarsi il fumo degli altri sui treni, nei luoghi pubblici e – si spera al più presto – anche all’aperto. È un diritto delle minoranze, non trovate?

Peccato che ora ci sia un’altra minoranza quotidianamente ignorata e vilipesa e violentata e – ora si sa – obbligata ad ammalarsi: i pochi (in Occidente) i non-si-sa-quanti (altrove sul pianeta) che non hanno un cellulare, che non lo vogliono o che vogliono usarlo come si dovrebbe, solo per reali emergenze.

Perché se io – che non ho un cellulare o decido di non usarlo in quel momento – faccio un viaggio in treno devo essere obbligata a subire le onde elettromagnetiche di tutti gli altri passeggeri che stanno col cellulare all’orecchio per tutto il tempo? E se volessi leggere in pace? E se volessi appisolarmi?

«Al fine di tutelare la salute è necessario mettersi a una “distanza di rispetto” di almeno 5 metri dagli altri intorno a noi ogni volta che si vuole usare il cellulare per telefonare o anche solo per navigare su Internet, sui social o per usare le applicazioni. Bisogna ricordare che l’uso dei dati sul cellulare comporta un’emissione di radiazioni su più frequenze contemporaneamente che hanno importanti effetti biologici. Per questa ragione, anche se la legge consente di usare i cellulari e dispositivi connessi ai dati o al Wi-Fi nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto, l’uso di connessioni senza filo non è etico e va stigmatizzato come una violazione del diritto alla salute della collettività. È opinione degli autori che, alla luce delle evidenze scientifiche sui rischi per la salute, prima o poi inevitabilmente sarà vietato per legge l’uso di cellulari e di dispositivi connessi al Wi-Fi nei luoghi pubblici, proprio come avviene oggi per il fumo di sigaretta», p. 198.

Giustizia, proteggere le minoranze

«Irradiare una persona senza il suo consenso deve essere considerato un crimine.

[…] Nei mezzi pubblici di trasporto l’uso dei cellulari deve essere vietato perché la radiazione di molti utenti può portare ad un superamento del limite di sicurezza. Le onde elettromagnetiche, inoltre, vengono riflesse dalle strutture metalliche dei mezzi, aumentando l’esposizione dei passeggeri. Nelle scuole, negli ospedali e nei luoghi aperti al pubblico in generale l’uso del cellulare deve essere consentito in precise zone, esattamente come oggi viene consentito di fumare in aree specifiche isolate. Non è assolutamente accettabile che gli ospedali si affidino a dispositivi medicali a radiofrequenza per il monitoraggio del battito cardiaco o di altri parametri vitali perché significa esporre dei pazienti ad un ulteriore rischio per la salute», p. 89.

Neonati, feti

«Sulla base di evidenze […] ormai accertate degli effetti trans generazionali delle esposizioni chimiche, molti esperti temono che le esposizioni elettromagnetiche possano portare a danni epigenetici alle generazioni future tali da condizionare la stessa preservazione della specie umana, oltre che delle specie animali e vegetali. […] il rischio epigenetico […] è enorme in quanto i feti sono esposti sin da quando sono in utero a baby monitor, sistemi di sorveglianza e di allarme via radio, antenne Wi-Fi, telefoni senza fili domestici, cellulari e ripetitori dei cellulari, ecc. Tutte queste esposizioni, seguite poi dall’esposizione negli asili e negli ambienti scolastici […] i bambini possono soffrire di più di […]: problemi dello sviluppo neurologico, ritardo della memoria, dell’apprendimento, delle facoltà cognitive, deficit dell’attenzione e alterazioni comportamentali che si osservano anche nell’autismo e nella sindrome di deficit dell’attenzione (ADHD). […] nessuna generazione della specie umana è stata prima esposta a radiofrequenza sin dall’infanzia e nell’adolescenza e, perciò, non si è in grado di prevedere esattamente quale sarà l’impatto negli anni in termini di salute pubblica. […] la radiazione del cellulare [ha] come target principale il cervello, causando un possibile aumento del rischio di tumore, ma bisogna tenere in considerazione della valutazione del rischio anche altri problemi, come i disturbi neurologici, la dipendenza psicologica, le difficoltà cognitive, i problemi comportamentali e i disturbi del sonno. […] i giovani sono più sensibili agli effetti dei campi elettromagnetici e […] l’installazione di impianti Wi-Fi nelle scuole può rappresentare un rischio non solo per gli studenti, ma anche per i feti portatiin grembo dalle insegnanti in gravidanza», pp. 151-153.

Non ho mai voluto bucarmi le orecchie

Chissà perché, mi dicevano, non mi è mai piaciuta l’idea di bucare i bellissimi e morbidissimi lobi delle orecchie per infilarci orecchini che potevo benissimo agganciare a pinza e così togliermeli ogni volta che volevo.

Ora, sentite qua:

«L’uso del cellulare è fortemente sconsigliato alle persone che hanno sul corpo oggetti metallici come le otturazioni dentali in amalgama, protesi dentali od ortopediche in metallo, apparecchi ortodontici, placche, viti, clips, piercing, orecchini, occhiali con montatura metallica, ecc. Bisogna ricordare che i metalli agiscono come antenne che potenziano e amplificano i segnali elettromagnetici», pp. 200-201.

Regole per ridurre i rischi

Con viva voce o auricolare

Solo chiamate brevi

Lontano dal corpo

Lontano dagli altri

Proteggere bambini e nascituri

Proteggere anziani e malati

Mai in movimento

La notte è sacra

Occhio al SAR[2]

Lontano dai metalli

Come schermarsi

Connessione dati, Wi-Fi e Bluetooth come eccezione

Sono 12 Consigli – con tutti i dati e le spiegazioni, non è solo un elenco – che si trovano nel capitolo Scelte individuali (pp. 196-204), del libro Wireless, citato all’inizio dell’articolo, preceduti da 3 Passi preliminari: studiare (rivolgendosi a Fonti indipendenti); adottare comportamenti coerenti con le proprie convinzioni e fare pressione sulla classe politica.

Alcuni Comuni – almeno 24 – l’hanno fatto, emettendo ordinanze che non permettono tale sperimentazione sul loro territorio. E il Governo «[…] non avrebbe dovuto vendere la concessione d’uso di queste frequenze all’industria e avrebbe dovuto promuovere ricerche scientifiche indipendenti per determinare l’assenza di rischi per la salute umana e per l’ambiente nel suo insieme, compresa la flora e la fauna», p. 63.

Già… la fauna

Magari quelli ipersensibili alle radiazioni «pensano» che il cellulare faccia male, credono di «soffrire» quando sono vicini a un’antenna, ma è tutta «autosuggestione», è tutta psico-somatica, sono dei «fissati». Ma gli animali allora? Anche gli animali hanno letto il «bugiardino» e – come accade a noi – credono di provare tutti gli effetti collaterali elencati? Non credo. E neppure le piante, credo. Eppure leggete le pagine relative a Rischi per la flora e la fauna (pp. 155 ss.) e scoprirete uccelli disorientati, passeri diminuiti in numero nelle vicinanze di ripetitori, embrioni di pollo e quaglia deformi, api con comportamenti alterati (e con Sindrome del Collasso della Colonia… cos’è? Cos’è? Vado subito a vedere le Note, 33 e 60, alle pp. 168 e 171, scoprendo che  in inglese si dice Colony Collapse Disorder, ed è un fenomeno per cui le colonie di api (Apis mellifera) periscono bruscamente; tra i motivi non ancora chiari, si ipotizza stress da cambiamenti ambientali, malnutrizione, insetticidi (come i neonicotinoidi), radiazioni da telefoni cellulari o altri dispositivi creati dall’uomo).

E mi sento male anch’io (letteralmente, anche se non c’è un cellulare nelle vicinanze) leggendo che: «Il comportamento delle api può essere influenzato dai campi elettromagnetici a causa della presenza di magnetite nel loro corpo, che le aiuta ad orientarsi. La ricerca di Sharma e Kumar [nel libro alla Nota 63 di p. 171, NdR] ha analizzato le performance delle api esposte e non esposte al cellulare, riscontrando una diminuzione significativa della popolosità della colonia (colony strenght) e nel tasso di deposizione delle uova della regina e, alla fine dell’esperimento, non c’era né miele né polline nella colonia», p. 157.

E sono dati di 10 anni fa!!!

Ma noooo! Anche il prezzemolo!

In effetti siamo tutti sotto il cielo – e sotto le onde elettromagnetiche, di conseguenza – ma non so come mi ha disturbato parecchio sapere che le radiazioni producono stress nelle piante, crescono meno pioppi ad Aspen (che vuol dire proprio «pioppo»!), 3 settimane dopo la semina si notano cambiamenti nel prezzemolo, muta l’anatomia delle foglie anche di sedano e aneto.

Telefonare mentre si fa una passeggiata non è una buona idea

Avete notato che, invece, quasi tutti parlano al cellulare mentre guardano le vetrine, mentre spingono il passeggino, mentre portano a spasso il cane, mentre camminano col fidanzato (che parla al cellulare pure lui!). Qua non si tratta solo di multitasking (piano piano si scopre che quasi tutti gli incidenti automobilistici avvengono perché il guidatore stava usando il cellulare, in varie modalità), ma proprio di «malattia mentale». Ma gli autori trattano solo dell’aspetto «salutistico», spiegando che bisognerebbe usare il cellulare solo in condizioni di ricezione ottimale (quindi non quando ci muoviamo, né in scantinati o in ascensore), altrimenti il cellulare – per mantenere la connessione – aumenterà la radiazione emessa «perché il cellulare è stato progettato con la “paura” di perdere la connessione con i ripetitori», proprio come noi, anzi come voi. Ma come siamo arrivati a questo punto? Perché non possiamo più sopportare di non essere trovati? Perché abbiamo paura che se qualcuno ci cerca enon ci trova non ci cercherà più? Una volta – 10 anni fa, mica nel Medioevo – quando andavamo al cinema sapevamo che nessuno ci avrebbe trovato in casa per 2-3 orette. E non era un problema! C’era il famoso «telefonare ore pasti» o c’era – e c’è ancora! La segreteria telefonica che riceveva il messaggio, così tornavamo a casa e sapevamo chi ci aveva cercato, e potevamo capire se era urgente o no. E non mi sembra che le amicizia finivano, o i matrimoni fallivano, o perdevamo il lavoro…

Ora, anche sapendo che andiamo al cinema, ci portiamo il cellulare. Perché? Al museo… perché? Dovremmo avere rispetto per il film e gli spettatori, dovremmo avere rispetto per i quadri e i visitatori… perché non ce l’abbiamo? La nonviolenza applicata dov’è? Ha suonato un cellulare persino dentro la cella degli antifascisti incarcerati (e poi giustiziati), dove siamo andati tutti compresi nella parte di quello impegnato… e non siamo stati capaci di lasciare a casa il cellulare (giacché pare che non siamo capaci di evitare che suoni, non sappiamo spegnerlo, non sappiamo silenziarlo, non ci ricordiamo di attivare la modalità «aereo»… non è che non siamo adatti a quel mezzo così nuovo? Magari siamo vecchi, smemorati, incapaci di usarlo bene? Capisco che un rider che porta le pizze a domicilio, ha 20 anni e lavora (perché solo quel lavoro ha trovato) sia giustificato nel tenere il telefono sempre acceso. Ma una signora di 70 anni, a Messa, la domenica mattina, deve essere trovata da chi??? E tutte le signore 70enni e più hanno lo stesso problema? E tutti gli altri hanno il padre morente in ospedale? E tutti non hanno un telefono fisso a casa, in ufficio, dove poter essere chiamati e avvertiti anche di imprevisti? Ma, torno a dire, prima come si faceva?

Condòmini e condomìni

Ho preteso che Telecom venisse a cambiare – gratis – il modem quando ho scoperto che non lo potevo spegnere mai, che potevo solo staccare la spina (cosa che facevo), ma mentre credevo di staccare solo internet ho scoperto che restavo anche senza telefono. Ho telefonato e un giovane tecnico è venuto immediatamente a casa mia, con un piccolo, appendibile modem con un piccolo tasto che elimina la radiazione dalla mia casetta (oltretutto molto piccola) e mi permette di telefonare e ricevere telefonate. Tutto questo proprio perché sono di quelli che quando lavoro al computer e se mi serve internet accendo il modem, altrimenti uso il computer come una macchina per scrivere elettrica e il telefono via cavo, come sempre. Ma in tutti gli altri appartamenti del condominio? Il libro che recensisco ha risposto alla mia domanda: «Il condominio rappresenta l’unità base della comunità sociale nella città e può svolgere un ruolo importante per la tutela della salute, per esempio attraverso un regolamento che vieti l’uso del Wi-Fi, almeno la notte, e che proibisca l’installazione di ripetitori dei cellulari sui tetti[3]», p. 205.

«La legge […] dovrebbe imporre ai gestori della telefonia mobile un risarcimento ai condòmini che vivono in prossimità delle antenne. Attualmente i gestori pagano un canone per lo sfruttamento del suolo dove installano le antenne dei ripetitori dei cellulari, ma chi vive vicino […] si trova a subire passivamente una radiazione che comporta un rischio per la salute, oltre che una svalutazione del valore del proprio immobile. Questo non può essere tollerato senza un indennizzo adeguato che deve essere erogato dai gestori per legge», p. 88.

Mi chiami? Ma quando mi chiami?

Se una volta telefonare a qualcuno era considerato un gesto d’amore, oggi è un gesto d’amore non telefonare, soprattutto se – come ormai sempre più spesso accade – non si può farlo con un telefono fisso verso un altro telefono fisso. Perciò, cari amici miei che vi lamentate di non trovarmi mai, e che non telefono mai, dovreste invece ringraziarmi; è perché vi voglio bene che non vi telefono, a meno che non ci sia un vero motivo importante, a meno che non ci sia una vera emergenza, a meno che non si possa parlarsi dal vivo, o scriversi un biglietto, o vedersi e passare un po’ di tempo insieme (la soluzione migliore). Purtroppo sembra ch’io non possa fare a meno di sapere sempre più cose sul fenomeno «cellulare» e che così diventi sempre più selettiva. Non solo non ho e non voglio avere un cellulare, ma cerco – per amore – di usare il meno possibile anche quello degli altri. E non è una questione economica, e nemmeno della mia salute, perché «ci si salva tutti insieme o non si salva nessuno». Meditate, la prossima volta che non vi telefonerò né risponderò né richiamerò se mi avete lasciato solo un numero di cellulare. Non sto scherzando.


[1]International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (in italiano Commissione internazionale per la protezione delle radiazioni non-ionizzanti), NdR.

[2]La sigla SAR è l’acronimo di Specific Absorption Rate (indice di assorbimento specifico). Da Wikipedia: è la misura della percentuale di energia elettromagnetica assorbita dal corpo umano quando è esposto all’azione di un campo elettromagnetico a radiofrequenza. Gli effetti termici dei campi elettromagnetici sono il pericolo più immediato, e quindi è bene scegliere modelli di cellulare con un SAR basso, cioè che hanno una più bassa emissione di radiazione.

[3]Chi accetta queste installazioni di solito è convinto che vivere al di sotto di un ripetitore sia innocuo grazie al cosiddetto “effetto ombrello”, ma si sbaglia perché il campo elettromagnetico emesso dalle antenne è un’onda circolare che raggiunge anche i piani inferiori 24 ore su 24, senza soste. Avere le antenne sul tetto è una copndizione che espone sicuramente molto meno rispetto ad averle di fronte, ma in generale sarebbe preferibile che queste fossero posizionate ad almeno duecento metri da edifici abitati.

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