Le catene del debito (e come possiamo spezzarle)
Francesco Gesualdi (del Centro Nuovo Modello di Sviluppo), Le catene del debito (e come possiamo spezzarle), Feltrinelli, Milano 2013, pp. 132, € 14,00
Dal maestro all’allievo, potrebbe intitolarsi così questa recensione.
Francesco Gesualdi è stato infatti uno dei «bambini di don Milani» e ora dirige – avendolo fondato – il Centro Nuovo Modello di Sviluppo (a Vecchiano, Pisa).
Che sia stato allievo di don Milani si capisce subito, fin dalle prime pagine:
«Che nessuno si lasci intimidire dal fatto di non avere in tasca una laurea in economia. […] l’economia è fatta di pochi elementi di estrema semplicità. Difficili non sono i concetti, ma le parole coniate per rappresentarli. Una muraglia che sembra costruita apposta per tenere la gente lontana da ciò che più la riguarda. Ma il lessico non può e non deve essere di ostacolo alla partecipazione. […] lasciare l’economia agli economisti è come salire su un treno e permettere al macchinista di stabilire dove portarci», p. 9.
Eccola qui, la cifra milaniana: il potere delle parole, il potere nelle parole, è più potente chi sa più parole ecc. Racchiuso nel sottotitolo (… e come possiamo spezzarle) c’è il «piano» per non essere più «incatenati» dal debito.
Informazioni sulle finanze e sul sistema finanziario comprensibili ai più
La crisi della Grecia è dipesa dalle (troppe) spese militari; l’Islanda si è ribellata compatta e ha ottenuto di non dover pagare un debito non suo; l’evasione non è quella del barista che non rilascia lo scontrino, né quella del dentista che non emette fattura (e di chi allora?); art. 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività», cioè il livello di tassazione aumenta all’aumentare del reddito.
Chi fa da sé…
«[…] il lavoro è la risorsa più abbondante che abbiamo, la fonte originaria di ogni ricchezza. Ostinarsi a non utilizzare il lavoro diretto dei cittadini è come morire di sete accanto a un pozzo pieno d’acqua, solo perché non accettiamo di bere senza bicchiere. Se tutti gli adulti abili mettessero a disposizione della comunità anche solo poche ore a settimana, avremmo una tale sovrabbondanza di lavoro da poter soddisfare oltre misura qualsiasi bisogno sociale, produttivo, ambientale. Il tutto senza dipendere dalla crescita dell’economia generale. Esattamente come succede con il fai da te che permette di risolvere i bisogni individuali senza dipendere dal consumo degli altri», p.164.
Tempo=soldi, soldi=tempo
Se tutti noi regalassimo un po’ del nostro tempo (invece dei soldi, al posto dei soldi, meglio dei soldi: il tempo è un valore!) si potrebbero soddisfare tutti i bisogni sociali, produttivi, ambientali. «Il tutto senza dipendere dalla crescita dell’economia generale» abbiamo letto. E così, Gesualdi ipotizza, la comunità potrebbe garantire il diritto – gratuito – ai servizi pubblici: non più ticket, iscrizione a scuola, biglietti per i trasporti. «È arrivato il tempo di sostituire il denaro con la coesione sociale» (p. 166), perché «all’interno delle logiche di questo sistema non troveremo più la soluzione ai vostri problemi.
Se vogliamo salvarci dobbiamo cambiare progetto. Convincerci che oltre al vendere e al comprare, al competere e al gareggiare, al profitto e allo sfruttamento, all’arricchimento personale e alla proprietà privata, esiste anche la comunità, la solidarietà, la gratuità, i beni comuni. Dobbiamo affermare che come le multinazionali, i signori della finanza, i banchieri, hanno il diritto di organizzarsi per arricchirsi, allo stesso modo noi, i piccoli, abbiamo il diritto di organizzarci per vivere. Nell’unico modo possibile che è la formula comunitaria perché la solidarietà collettiva è la sola ricchezza su cui possiamo contare», pp. 168-9.
Per fare questo Gesualdi propone due passi da intraprendere subito, e una vera e propria Mappa strategica per l’uscita dal debito (a p. 173), non a caso seguita da un utile Glossario, perché – ricordate le parole di don Milani? «Vince chi sa più parole»; e Gesualdi è stato suo allievo e si vede!
I 2 passi sono uno il servizio civile obbligatorio e l’altro il reddito di cittadinanza per tutti (con la precisazione che tutti – salvo vecchi, bambini e inabili al lavoro – devono dare qualcosa per ciò che ricevono (e, di nuovo, anche il tempo può essere merce di scambio e restituzione).
Bene (comune) gaudio intero!
Termino con le parole di speranza di Gesualdi in persona che spero – come è successo a me – vi facciano fare un sospiro di sollievo: «Quando disporremo della nostra grande Casa comune, potremo disinteressarci del mercato. […] che si occupi di cravatte e scommesse. […] Non ci angosceremo più se inseguendo le sue perversioni andrà a schiantarsi contro il muro delle sue contraddizioni. […] fino ad annegare nelle sue stesse crisi. […] dovremo tenere costantemente sott’occhio il mercato per impedire che sconfini in campi che non gli competono o che assuma comportamenti lesivi dell’interesse generale. Sogno impossibile? Sì, finché rimarremo schiavi del pensiero mercantilista. No, se sapremo aprire le nostre menti […] il problema non è la forza del mercato, ma la nostra debolezza. Mentale, culturale, morale. […] possiamo invertire il senso di marcia cominciando a difendere l’economia pubblica da chi oggi vuole depredarla in nome del debito», pp. 169-170.
Come? Informandosi, partecipando alle iniziative di pressione popolare, decidendo di costruirle – anche – le iniziative di pressione popolare. Alcuni gruppi sono già attivi lungo questa strada, e al Centro Nuovo Modello di Sviluppo (fondato, come detto, da Gesualdi, che con Alex Zanotelli ha dato avvio anche alla Rete di Lilliput) si possono trovare informazioni, materiali e compagni di viaggio: www.cnms.it
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