Iniziata l’offensiva turca sul Nord Est Siria. Cosa dicono i movimenti… (in aggiornamento)

Nella ricorrenza dei “23 giorni della Città di Alba”

esprimiamo tutta la nostra solidarietà alle donne kurde

per la loro coraggiosa resistenza
per il loro impegno nella creazione di una società democratica e paritaria

manifestiamo tutto il nostro sgomento

per la guerra scatenata dalla Turchia contro il popolo kurdo,
per le centinaia di morti, per le migliaia di profughi,
per la sofferenza delle donne che – come sempre nelle guerre di oggi – pagano il prezzo più alto.

dichiariamo la nostra vergogna per le corresponsabilità del nostro Paese in questa guerra:

– Italia e Turchia sono “alleate”: entrambe membri attivi e importanti della NATO
– l’Italia gestisce la missione NATO di “difesa” missilistica “Active Fence” sul confine sud orientale della Turchia, minacciando lo spazio aereo siriano 
– negli ultimi quattro anni l’Italia ha rifornito di armi la Turchia per 463 milioni di euro.

Con questo sgomento e questa indignazione ci rivolgiamo a coloro che ci rappresentano nelle istituzioni democratiche dal Comune al Parlamento:

– vogliamo che l’Italia smetta immediatamente di rifornire di armi la Turchia e ritiri subito il sistema missilistico  “Active Fence”;
– vogliamo che l’Italia esca dalla NATO, che è diventata un’alleanza di paesi aggressivi e prepotenti
– vogliamo che l’Italia sostenga un embargo europeo sulla vendita di armi verso la Turchia
– vogliamo che l’Italia si adoperi in tutte le sedi internazionali per il ritiro dell’esercito turco dalla Siria del Nord.

Manifestiamo – in silenzio – sabato 26 ottobre – dalle 18 alle 19 – in via Maestra

Donne in nero contro la guerra – gruppo di Alba – [email protected]


Rete Disarmo: “Nel 2019 consegnati 46 milioni€ di armi e munizioni a Turchia, un record. Per questo serve stop”

L’Italia sta continuando a rifornire di armi il Governo di Ankara: nell’anno in corso, secondo i dati Istat elaborati dalla RID, le consegne effettive della categoria “armi e munizioni” hanno raggiunto un valore record. Cifra mai raggiunta (124 milioni di euro) anche per “aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi” anche se non è chiaro se siano tutti di natura militare. Rete Disarmo ribadisce la propria richiesta di stop immediato dell’invio di armi verso la Turchia.

L’Italia sta continuando a fornire armi e munizioni di tipo militare alla Turchia. Per questo Rete Disarmo chiede al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di annunciare formalmente l’immediata sospensione delle esportazioni di materiali militari alla Turchia. Simili provvedimenti sono già stati annunciati da diversi Paesi dell’Unione europea e della NATO tra cui Finlandia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Svezia, Germania e Francia.

“Nei primi sei mesi del 2019 – spiega Giorgio Beretta, analista di OPAL e di Rete Disarmo – secondo i dati forniti del commercio estero dell’ISTAT, l’Italia ha esportato una cifra record di oltre 46 milioni di euro di armi e munizioni di tipo militare alla Turchia. Per la gran parte (oltre 39 milioni di euro) si tratta di armi e munizionamento militare prodotti nella provincia di Roma, ma figurano anche quasi 5 milioni di euro dalla provincia di Brescia, sopratutto di componenti di armi come canne e caricatori (3,7 milioni di euro) che possono essere sia di tipo comune che militare”.

E’ evidente come questa tipologia di fornitura di tipo militare possa essere direttamente coinvolta nelle operazioni lanciate in queste ore al confine con la Siria da parte dell’esercito di Ankara.

“Non solo – continua Beretta. Sempre nel primo semestre del 2019 sono stati esportati dalla provincia di Roma alla Turchia componenti per aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi per un record di oltre 124 milioni di euro. Dai dati forniti dall’ISTAT non è possibile sapere e si tratta di materiali per uso civile, militare o di duplice uso”. In questo senso la RID chiede alle istituzioni un maggior grado di trasparenza a riguardo dei trasferimenti di materiale militare.

Questi ulteriori dati aggiungono motivazioni alla richiesta che la Rete Disarmo rinnova nei confronti del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di annunciare l’immediata sospensione delle forniture di materiali militari alla Turchia, in considerazione dell’offensiva turca nel nord-est della Siria nei confronti delle popolazioni curde; contemporaneamente la RID chiede ai Ministri degli Esteri e della Difesa di farsi promotori di questa istanza in sede di Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’UE e presso la Nato

Per contatti: [email protected] – 328/3399267


Solidarietà al Rojava invaso

Il Coordinamento piemontese contro l’atomica, tutte le guerre e i terrorismi, di cui fanno parte più di 70 associazioni della società civile che si battono per un mondo senza armi nucleari, contro la guerra, per la soluzione pacifica dei conflitti internazionali, esprime tutto il suo sdegno e la sua esecrezione nei confronti dell’aggressione dell’esercito turco contro la popolazione del Rojava, aggressione ingiustificata, contraria del diritto internazionale, e intesa a realizzare la pulizia etnica di quella regione.

Firmiamo pertanto l’appello proposto da ARCI, ANPI, CGIL, Legambiente e già firmato da diverse associazioni (vedi sotto).

Aderiamo alla manifestazione che si svolgerà domani 12 ottobre a Torino in piazza Castello alle 17,30 indetta dalla Rete Kurdistan di Torino, a cui invitiamo tutti i cittadini amanti della pace a partecipare.

il Coordinamento contro l’atomica, tutte le guerre e i terrorismi

Torino, 11 ottobre 2019


Siria. Un Ponte Per denuncia l’attacco turco. Scenario potenzialmente devastante

La Ong italiana impegnata nel Nord Est Siria dal 2015 condanna l’attacco turco e fa appello al Governo italiano perché si adoperi immediatamente. Lo staff dal campo: “Situazione grave dalle conseguenze imprevedibili”.

Roma, 10 ottobre 2019 – La Ong italiana Un Ponte Per (UPP) denuncia con forza quanto sta testimoniando in queste ore nel Nord Est della Siria: il lancio dell’operazione turca “Peace Spring” ha colpito le principali città di confine causando vittime civili e numerosi feriti, tra cui donne e bambini.

Lo staff internazionale di UPP, dal campo, fa sapere che “la situazione è molto grave, la popolazione è ovviamente spaventata a causa dei bombardamenti. Oggi, nonostante tutto, le persone al mattino facevano la fila per il pane e provavano ad andare avanti con le loro vite normalmente. Nel frattempo, stiamo predisponendo tutte le nostre risorse per far fronte alla situazione e restare al fianco dei civili, anche se un’ulteriore escalation potrebbe avere conseguenze imprevedibili”.

Solo nel corso della giornata di ieri, 9 ottobre, i bombardamenti dell’aviazione militare turca e fuoco di artiglieria hanno colpito in modo indiscriminato le città più prossime al confine turco-siriano: tra queste, anche Kobane, Qamishlo, Ras El Ain, Ain Issa, Jawadia, Tel Abiad, dove si registrano i danni peggiori. Le operazioni militari, attualmente, continuano.  A Qamishlo il bombardamento di ieri notte ha colpito il quartiere cristiano e mietuto vittime civili, tanto che oggi un comunicato internazionale delle organizzazioni Siriache Cristiane condanna l’invasione e chiede una No-Fly-Zone sul Nord Est siriano. Poche settimane fa, il 21 settembre, la popolazione di tutte le confessioni religiose aveva festeggiato proprio a Qamishlo la Giornata Internazionale della Pace, impegnandosi a collaborare in un processo di sviluppo eco-sostenibile e coesione sociale.

Grave ed in peggioramento anche la situazione ad Hassake, dove un attacco aereo ha colpito l’impianto di distribuzione dell’acqua, compromettendo l’approvvigionamento per circa 400.000 persone. Alcune Ong stanno portando l’acqua con dei camion cisterna.

Sono approssimativamente 450.000 le persone che vivono nei centri abitati vicini al confine turco-siriano e che si trovano in questo momento ad altissimo rischio. L’impatto sulla popolazione di questi nuovi attacchi è enorme e i civili iniziano a fuggire. Se l’offensiva non verrà fermata immediatamente, ci troveremo ad osservare una nuova crisi umanitaria di dimensioni imponderabili.

La popolazione del Nord Est Siria che viene colpita in queste ore si è da poco liberata dal giogo di Daesh, che ieri è tornato a colpire: cellule dello Stato Islamico hanno già condotto attacchi coordinati nella notte a Raqqa e in altre località. Alcuni familiari dei miliziani di Daesh che si trovano attualmente nel campo profughi di Al Hol, già provato da una recente crisi umanitaria nel corso dell’estate, ieri hanno dato fuoco alle tende, e si sono registrati scontri con le forze di sicurezza curde. L’attacco turco, in questo senso, rischia solo di rafforzare l’offensiva di Daesh nell’area.

UPP è impegnata in Nord Est Siria a fianco della Mezzaluna Rossa Curda (KRC) dal 2015, per la ricostruzione del sistema sanitario nazionale, già fortemente colpito dai precedenti conflitti. Le ambulanze di UPP e KRC sono attualmente attive a Derek, Kobane, Qamishlo, Amuda, Derbasye, Tell Tamer, Serykanyye e Tel Abiat. Stiamo inoltre supportando gli ospedali di Tell Tamer, Hassake, Raqqa e Ain Issa nella preparazione alla risposta umanitaria e siamo pronti a distribuire medicinali alla popolazione civile.

Lo staff locale della KRC tra molte difficoltà resta operativo. Il dr. Sherwan Bery, co-Direttore della KRC, dichiara: “A causa della situazione al confine siamo stati costretti a riposizionare il nostro team medico e le ambulanze, lasciando scoperti i principali campi profughi. Questa situazione provocherà un rapido declino dei servizi sanitari nei campi, che ospitano al momento decine di migliaia di persone rifugiate e sfollate. Ma la situazione impone di intervenire in prima linea. Molti nostri partner delle Ong internazionali per ragioni di sicurezza hanno accesso limitato all’area. Questo comporterà un peggioramento generale del nostro intervento. Nonostante tutto, faremo di tutto per garantire assistenza in questa emergenza”.

Luca Magno, Operational Desk Siria di UPP, afferma: “Già prima di questo attacco il 95% della popolazione civile aveva bisogno di supporto per accedere a servizi sanitari di base. Adesso la situazione precipita verso un disastro umanitario. Per le organizzazioni internazionali non ci sono le condizioni di sicurezza per operare, e a livello locale mancano le risorse. In questi anni abbiamo contribuito a ricostruire il sistema sanitario locale: oggi tutto questo lavoro rischia di andare distrutto”. 

Il precipitare della situazione in Nord Est Siria avrebbe conseguenze incalcolabili per tutta l’area, e l’interruzione del lavoro umanitario delle organizzazioni internazionali avrebbe impatti devastanti sulla popolazione civile.

Abbandonare quest’area e la popolazione curda, che avuto un ruolo fondamentale nel contenimento e nella sconfitta di Daesh, sarebbe gravissimo, e rappresenterebbe un tradimento dei valori stessi per i quali tante vite sono state sacrificate. Allo stesso tempo, la popolazione arabo-siriana che ha trovato rifugio in Turchia non può essere utilizzata come merce di scambio in questo conflitto, e non deve essere costretta a tornare in Siria, insediata forzatamente nella “zona di sicurezza” che Erdogan vuole creare al confine.

Un Ponte Per condanna con forza questo attacco, sottolinea che è urgente una risposta internazionale per fermare l’escalation militare. UPP ribadisce inoltre l’appello, già lanciato nei giorni scorsi, al Governo italiano e a quelli dell’Unione Europea, affinché utilizzino ogni pressione e mezzo diplomatico per indurre Ankara a fermare i suoi programmi di morte. Chiede in particolare che siano immediatamente sospesi i contratti di vendita di armi alla Turchia come concreta forma di dissociazione dell’Italia e dell’Europa dall’aggressione.

Per informazioni, interviste e contatti:
Cecilia Dalla Negra
Ufficio stampa UPP
0039 3396641600
[email protected]


Primavera di pace. Sconcerto e dolore

Ancora guerra. E la guerra porta sempre con sé morte, distruzione, paura, fuga, terrore.

Ci sono ancora tante, troppe guerre in corso. E mentre il conflitto in Siria è lontano dal terminare, adesso la Turchia ha iniziato i bombardamenti contro i Curdi. Ancora vittime, soprattutto civili. E, come ci raccontano alcuni testimoni locali, si rischia un altro massacro.

Un’azione di guerra che si chiama, in modo beffardo e ‘diabolico’: “Primavera di pace”.

Chiediamo – noi di Pax Christi insieme a tante altre persone che vogliono la pace – al governo italiano, alla UE ed all’ONU di fare tutto il possibile per fermare subito questa nuova tragedia, nuova sconfitta dell’umanità, adoperandosi con urgenza in tutti i modi possibili.

Insieme al dolore per le vittime, non possiamo tacere poi sulle nostre responsabilità: l’Italia ha venduto in questi ultimi 4 anni 890 milioni di € in armamenti alla Turchia. Questa è complicità! Si blocchino subito le forniture di armi alla Turchia, anche nel rispetto della legge 185/90.

Inoltre la Turchia, come l’Italia, fa parte della Nato, sotto guida USA, che tante responsabilità ha nel caos attuale in Medioriente.

Noi continueremo pervicacemente a chiedere il disarmo, ad invocare la cessazione del conflitto con la preghiera, e a lavorare per scelte concrete di pace. E, come spesso abbiamo detto in momenti tragici come questo, di bombardamenti, di morti e distruzione: rifiutiamo la guerra, gridiamo la speranza.

Firenze, 10 ottobre 2019, Pax  Christi  Italia

Contatti:
Segreteria Nazionale di Pax Christi: 055/2020375 –  [email protected]www.paxchristi.it
Coordinatore Nazionale di Pax Christi: d. Renato Sacco 348/3035658 [email protected]


Comunicato stampa dell’Associazione turca di obiettori di coscienza Vicdani Ret Derne?i, membro del EBCO – European Bureau for Conscientious Objection.

“Non ci sorprende ciò che sta accadendo. Non ci sorprende che i politici dicano “pace” da un lato e sostengano la guerra dall’altro; che il primo punto in agenda al Parlamento il giorno della sua apertura, il 1° ottobre, sia questa proposta; che la guerra e la violenza siano menzionate e discusse come uniche soluzioni. Non ci sorprende che i piani di guerra del potere, che influenzeranno direttamente la vita di milioni di persone per garantire la sicurezza del potere stesso, siano chiamati pace. Non siamo sorpresi e ancora una volta gridiamo contro la nuova decisione: No alla guerra! No ad ogni guerra che si farà, ad ogni occupazione che si farà, ad ogni nuova decisione che verra’ sostenuta per le politiche egemoniche del potere!”


Rete Disarmo: stop ad armi italiane verso la Turchia dopo inizio bombardamenti in Siria

Forte preoccupazione per le notizie che giungono dalle aree controllate dalle forze curde. La Turchia è uno dei principali clienti dell’industria bellica italiana: nel 2018 autorizzati 360 milioni di euro di vendite.
La Rete Italiana per il Disarmo esprime forte preoccupazione per le notizie di guerra che giungono dal confine tra Turchia e Siria e per la conferma anche da parte del presidente Erdogan dell’inizio di attività militari e di bombardamenti da parte dell’esercito turco.“Chiediamo con forza al Governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile – afferma Francesco Vignarca coordinatore della RID – In particolare risultano drammatiche le notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpito anche obiettivi civili”. 

La Rete Italiana per il Disarmo chiede formalmente al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che vengano sospese con effetto immediato tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il Governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato. Ricordiamo che la Turchia è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e che le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland. “Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro” sottolinea Vignarca. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software.

“Non è accettabile – dichiara Giorgio Beretta analista sull’export di armi per la RID – che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l’impegno delle popolazioni curde di contrasto all’ISIS, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi. E’ giunto il momento che anche il Parlamento faccia sentire la propria voce chiedendo lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana fino a che la situazione non sarà chiarita. L’appartenenza della Turchia alla Nato non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni”.


Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte
Al Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio
Alla Presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati
Al Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico
Alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
All’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
Al Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli

Viviamo con angoscia queste ore nelle quali si sta minacciosamente aggravando la situazione al confine tra Turchia e Siria, una regione già funestata da una guerra cruenta di molti anni che ha prodotto innumerevoli vittime, soprattutto tra i civili.

A seguito delle improvvide dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che annunciavano il ritiro delle truppe americane dai quei territori, anche se oggi smentite – il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdo?an ha dato avvio ai bombardamenti e all’avanzata dell’esercito nelle zone storicamente abitate dalle popolazioni curde, con le quali lo Stato Turco ha ormai da diversi decenni un rapporto più che conflittuale.

L’esercito formato interamente da donne e uomini di etnia curda è stato negli ultimi anni alleato delle forze occidentali e protagonista nel respingimento dell’avanzata dell’Isis, per la cui causa ha pagato un ingente prezzo di sangue.

La convivenza tra la popolazione turca e curda in queste regioni è stata storicamente possibile e potrà esserlo ancora solo se lo Stato Turco accetti di sedersi a un tavolo di trattative con i rappresentanti curdi, con pari dignità, per trovare un accordo sul riconoscimento e indipendenza dei loro territori.

La comunità internazionale, l’Europa, l’Italia, hanno ancora fresco un debito di riconoscenza nei confronti delle donne e degli uomini curdi che si sono battuti fino alla morte per fermare il comune nemico Daesh e salvaguardare la sicurezza e serenità dell’Europa e del nostro Paese, di noi tutti.

Chiediamo che si avvii immediatamente una forte e decisa azione diplomatica perché:

• cessino immediatamente le ostilità e si fermino le manovre di invasione del territorio siriano abitato storicamente dalla popolazione curda;
• si dia mandato senza esitazioni a una delegazione internazionale che garantisca in loco la fine delle ostilità, il rispetto dei confini, il diritto internazionale;
• si provveda all’invio di soccorsi per eventuali feriti;
• si apra una sessione di discussione dedicata, tanto nel Parlamento europeo quanto in quello italiano;
• si chieda che il caso sia messo con urgenza all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

ARCI, ANPI, CGIL, Legambiente. Anche iL MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione) sottoscrive l’accorato appello a fermare quest’altra fase di guerra.

per adesioni: [email protected]

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