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Contro le barbarie: una risposta nonviolenta al “fascismo eterno”

Aurora Ruiz Lendinez

Il 24 aprile, in preparazione alla tradizionale fiaccolata organizzata dall’ANPI a Torino nella sera della vigilia della Festa della Liberazione, si è tenuto presso il Centro Studi Sereno Regis un incontro da titolo Contro le barbarie: una risposta nonviolenta al “fascismo eterno” con lo scopo di riflettere sulle espressioni dei fascismi odierni e su come sia possibile contrastarli con modalità nonviolente. Il confronto è partito dai testi di Umberto Eco, Il fascismo eterno, e di Giuliano Pontara, L’antibarbarie.

Il primo testo fornisce in maniera concisa ma esaustiva le condizioni, non per forza necessarie ma sufficienti, per “far coagulare una nebulosa fascista”. Elencandole brevemente, esse sono: il culto della tradizione e delle radici con conseguente rifiuto del modernismo, l’irrazionalismo con opposizione alla critica analitica, il culto dell’azione per l’azione e comunque prima della ragione, il disaccordo rappresentato come tradimento, la paura della differenza e il razzismo, l’appello alle classi medie frustrate, il “nazionalismo“ e l’ossessione del complotto e dei nemici esterni, l’invidia per i paesi immeritatamentepiù ricchi, la vita intesa come una guerra permanente e pertanto il pacifismo come cattivo, l’elitismo popolare per cui ogni leader subordinato disprezza i suoi subalterni, e ognuno di loro disprezza i suoi sottoposti, il culto dell’eroe e della morte, machismo e avversione sia alla castità sia all’omosessualità, il populismo qualitativo, un lessico povero e sintassi elementare.

Pontara, invece, riassume le caratteristiche della mentalità nonviolenta esplorando i nodi principali del pensiero nonviolento gandhiano mantenendo però l’attenzione sulle grandi questioni del XXI secolo. Sintetizzando nuovamente e ponendo in contrasto dei punti espressi dall’autore con alcuni dei punti precedentemente citati e trattati da Eco:

una visione del mondo come teatro delle forze costruttive in opposizione ad una visione che lo vede invece come perenne lotta violenta e brutale;

  • il primato della democrazia sulla concezione del diritto assoluto di comandare fondato sulla forza bruta del più forte;
  • la subordinazione della politica all’etica;
  • l’umiltà dell’egualitarismo in contrasto all’elitismo;
  • l’empowerment dei deboli in contrapposizione al loro disprezzo e sfruttamento;
  • la dissacrazione della violenza opposta alla sua glorificazione;
  • la responsabilità della disobbedienza contro l’obbedienza autoritaria e il conseguente conformismo;
  • il fallibilismo legato ad un atteggiamento critico e dialogante di ricerca della verità invece di un atteggiamento dogmatico, fanatico ed intollerante tipico delle ideologie autoritarie.

In seguito a una presentazione dei punti focali dei testi citati da parte di Giovanni Centracchio e Yana Nyzhegorodova, civilisti presso il centro, si è avviata una serie di articolati interventi da parte dei presenti, una trentina di uomini e donne di diverse fasce di età.

Durante il dialogo ha trovato conferma unanime la percezione di un avanzamento e di una presenza crescente di concezioni e ideali neofascisti in diversi contesti, ambienti e coorti generazionali; in riferimento soprattutto al contesto territoriale italiano ed europeo.

Un interrogativo ricorrente tra gli intervenuti ha riguardato inoltre la motivazione e le ragioni alla base di questi nuovi e sempre più numerosi movimenti di estrema destra. In risposta sono state avanzate varie ipotesi in cui sono stati presi in considerazione diversi caratteri di ordine antropologico, sociale e culturale, come, per nominarne alcuni, la crisi economica e la diffusa tendenza a reagire con paura e rifiuto del “diverso” il quale, come sottolineato durante uno degli interventi, è spesso ritratto da media e numerosi esponenti politici come potenzialmente pericoloso: una minaccia alla già precaria condizione in cui versa il nostro Paese; generando così una retorica di odio e intolleranza che rischia spesso di sfociare in atti e comportamenti violenti.

Dalla ricca discussione, durata un paio d’ore, sono risultate anche osservazioni su come le forme e modalità del fascismo odierno differiscano da quelle del passato, e su come perciò anche i metodi per riconoscerle e contrastarle debbano mutare per poter riuscire ad essere efficaci.

Da questo spunto ha in seguito preso piede un interessante confronto intergenerazionale su significati e significatività dell’antifascismo al giorno d’oggi. Si è potuto così notare come generazioni diverse sentano e interpretino concetti e ideali in maniera a volte differente le une dalle altre (conseguenza di mutamenti del contesto socio-culturale che vede una forte e crescente globalizzazione della vita, anche politica, delle persone e una moltiplicazione e differenziazione di riferimenti culturali ed ideologici in grande aumento rispetto al passato).

Ciononostante si è infine concordato sulla necessità di non “museizzare” avvenimenti e celebrazioni come quella del 25 aprile, appunto, ma di utilizzare questi riferimenti come strumenti per sviluppare ed elaborare un pensiero ed una coscienza critica; di non glorificare la storia, ma di rileggerla ed interpretarla in relazione agli avvenimenti e sviluppi del presente per riuscire a mantenere vivo un antifascismo ancora necessario, che deve però necessariamente mutare e riconfigurarsi per stare al passo con la vita e la società di oggi.


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