70 anni di NATO. Di guerra in guerra. Un convegno di denuncia e proposta

Angela Dogliotti, Elena Camino

Siamo rimaste piacevolmente colpite, presentandoci domenica 7 aprile 2019 alla sede del Convegno con un piccolo ritardo (arrivavamo in treno da Torino). La sala del Teatro Odeon di Firenze era già piena, tanto che è stata aperta anche la galleria. Non ci aspettavamo la presenza di così tante persone, anche se l’età media dei presenti – decisamente spostata verso la maturità – ci ha un po’ rattristate. Sicuramente l’assenza dei giovani si è fatta sentire, e ha reso ancora più evidente l’esigenza di far conoscere al pubblico «la crescente pericolosità della situazione mondiale e la drammaticità dei conflitti in atto».

Siamo state accolte da una organizzazione molto efficiente, e impeccabile nella cura di offrire a tutti/e la  possibilità di seguire gli interventi, grazie a una magistrale traduzione e a una adeguata amplificazione. 

Oltre agli interventi di relatori e relatrici, sono stati proiettati dei video della rete Pandora-TV e alcuni video-messaggi, tra cui anche quello di Michail Gorbacëv.

Tra gli organizzatori/ relatori segnaliamo Michel Chossudovsky, direttore del Centre for Research on Globalization (Global Research, Canada), Giulietto Chiesa, direttore di Pandora-TV, Manlio Dinucci, giornalista, Tommaso Di Francesco, condirettore de «il Manifesto», Alex Zanotelli, missionario comboniano. Nel corso della giornata sono intervenuti anche Franco Cardini, storico, e il Generale Fabio Mini.

Il Comitato No Guerra No NATO» (CNGNN) ha messo a disposizione dei partecipanti due documenti:  I 70 anni della NATO: di guerra in guerra, con il materiale presentato al Convegno, e il testo della relazione di Michel Chossudovsky, professore emerito di economia all’Università di Ottawa.

La NATO come forma di occupazione

Nell’invito al Convegno erano chiaramente enunciati gli obiettivi proposti dagli organizzatori: «a partire da un bilancio storico di 70 anni di NATO, uscire dal sistema di guerra, ora». Il Comitato No Guerra No NATO intendeva esporre, attraverso le parole dei relatori e la presentazione di testimonianze e video-documenti, la tesi che la NATO, invece di essere un’alleanza difensiva, è uno strumento di occupazione, ed è responsabile di crimini di guerra.

L’adesione dell’Italia alla NATO – letta in una prospettiva storica – testimonia che il nostro Paese non è mai stato davvero liberato. Da Alex Zanotelli viene ricordata la posizione di Giuseppe Dossetti, uno dei padri costituenti, che nel 1949 espresse un forte dissenso contro l’adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica, ritenendo che ciò avrebbe comportato una forte limitazione all’indipendenza e all’autonomia politica del nostro Paese. In seguito Dossetti lasciò la Democrazia Cristiana e la politica attiva facendosi monaco.

La militarizzazione dell’Europa prodotta dalla NATO coinvolse in modo particolare l’Italia, che fin dal 1951 «ospitò» basi statunitensi sul suo territorio. Secondo l’art. 5 della NATO ogni decisione doveva essere presa solo con l’unanimità dei partecipanti: di fatto, nei primi anni nessun Paese espresse dissenso o pose il veto alle proposte della NATO, e dagli anni 2000 è entrato in vigore il «silenzio assenso», a testimoniare la totale mancanza di autonomia degli Stati membri e la sudditanza di fronte alle scelte statunitensi.

A sottolineare il carattere aggressivo e non difensivo della NATO, Michel Chossudovsky (anche avvalendosi di una serie di riprese video) ricorda la sequenza di interventi armati che – a partire dalla fine della guerra fredda – hanno favorito l’espansione della NATO (quindi degli Stati Uniti) prima in Europa (guerra nei Balcani), poi in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, fino alle manovre di espansione nell’Est europeo.

Un altro aspetto critico che Chossudovsky ha sottolineato è il ruolo che la NATO ha svolto rispetto all’Europa, che non ha mai potuto svilupparsi e crescere come unità autonoma, e ad oggi è sollecitata dagli Stati Uniti a destinare una parte crescente del proprio bilancio per difendere con le armi i confini che gli americani stessi hanno tracciato.

Con il passare degli anni c’è stato – avverte Chossudovsky – un cambiamento di mentalità, di prospettiva che rende la situazione attuale estremamente pericolosa: mentre durante la guerra fredda, con il rischio del reciproco annientamento, le armi schierate avevano una funzione di deterrenza, ma nessuno si proponeva davvero di usarle, adesso, dato che questi ordigni sono di piccole dimensioni  (quindi facilmente maneggiabili) e di «piccola» potenza (da 1/3 a 12 volte la bomba sganciata su Hiroshima!) rispetto alle precedenti, vengono considerate alla stregua di armi convenzionali, assai più facilmente utilizzabili rispetto ai rigidi protocolli autorizzativi in vigore fino a pochi anni fa.

Lo sviluppo tecnologico degli armamenti nucleari ha quindi reso negli ultimi anni particolarmente rischiosa la situazione per l’Italia: bombe nucleari sono dislocate in varie località che gli alleati statunitensi hanno posto sotto segreto militare, trasferendo di fatto delle parti del territorio italiano sotto il controllo giuridico di un Paese straniero. 

La recente decisione del governo americano di non rispettare più il trattato di non proliferazione nucleare è solo una dimostrazione ulteriore del carattere aggressivo della politica statunitense, che nel frattempo manipola l’opinione pubblica dichiarando che le sue scelte sono la risposta alla minaccia russa.

La situazione attuale richiama il tempo delle proteste che negli anni Ottanta videro la partecipazione di un grandissimo numero di persone a manifestazioni contro le armi nucleari e contro la guerra. L’attuale inerzia della società civile testimonia in modo drammatico l’assenza di conoscenza del pubblico, e l’efficacia della propaganda.

Spunti di riflessione

Nel corso della giornata di Convegno sono intervenuti molti relatori, e l’insieme delle loro testimonianze e considerazioni ha offerto ai partecipanti numerosi spunti di riflessione: sulla natura della NATO, sul ruolo dei media (e della loro manipolazione) nell’influenzare le opinioni della gente, sulla crescente instabilità della situazione di quest’area, in cui ai problemi  politici interni si aggiunge il dramma dei flussi migratori…

Inquietante è stata la testimonianza registrata del magistrato Ferdinando Imposimato, Presidente onorario della Suprema Corte di Cassazione, quando riassume i risultati delle indagini da lui compiute, dalle quali emerge il ruolo della NATO nelle stragi che hanno insanguinato l’Italia.

Sono state mostrate alcune fotografie sugli effetti dell’uranio impoverito nelle guerre in Iraq e nell’area balcanica, ed è stata segnalata una recente iniziativa avviata a livello internazionale per bandire l’uso di armi che utilizzano l’uranio impoverito, i cui effetti si sono rivelati gravemente dannosi alla salute umana e all’ambiente.

Interessanti sono stati anche i dialoghi intrecciati tra vari relatori e un ospite russo (Vladimir Kozin, principale esperto del Centro di Studi Politico-Militari russo), che ha presentato il punto di vista di una Russia meno aggressiva di quanto ci viene  tuttora proposto dai media: sia nel periodo attuale, sia nei decenni precedenti, fin dai primi anni dopo la conclusione della seconda guerra mondiale.

Conciso, ma assai importante, è stato l’intervento di Alex Zanotelli, l’unico che ha sottolineato il pericoloso intreccio tra armamenti, guerre, disuguaglianze, cambiamenti climatici, migrazioni. In effetti nel Convegno l’attenzione prevalente di coloro che sono intervenuti era concentrata soprattutto sugli aspetti relativi agli armamenti, alle dinamiche belliche e ai rischi del nucleare. Ma è molto importante cercare di cogliere la complessità dei problemi affrontati e analizzarli da diverse prospettive: solo così possono emergere le connessioni tra interessi, scelte politiche, giochi di potere, e diventa possibile mettere in atto azioni sinergiche tra movimenti, organizzazioni della società civile, associazioni in grado di opporsi.

L’obiettivo del Convegno: uscire dalla NATO

La crescente aggressività esibita dalla NATO; la sudditanza dei Paesi europei nei confronti degli Stati Uniti nelle decisioni militari e politiche; i disastrosi esiti delle guerre «umanitarie» condotte dalle forze NATO in tanti Paesi (le cui condizioni economiche, sociali e ambientali hanno costretto vaste popolazioni a migrare); i rischi crescenti di uso di ordigni nucleari, di cui sempre meno si ha piena coscienza degli effetti disastrosi che potrebbero provocare; l’evidente – anche se taciuta al pubblico – responsabilità del sistema industrial-militare nell’accrescere l’effetto serra e la conseguente instabilità climatica a livello planetario … oltre all’evidente consumo di risorse e spreco di denaro pubblico per alimentare la rinnovata escalation di armamenti… Tutte queste considerazioni sono state proposte ai partecipanti al Convegno con l’obiettivo di trovare appoggio e solidarietà nel presentare una Dichiarazione di Firenze per costruire una Campagna internazionale di uscita dalla NATO, di uscita cioè da un sistema di guerra, da una occupazione militare sotto il controllo statunitense che impedisce ai Paesi europei di unire le loro forze e operare per la pace e il benessere dei propri territori.

P.S. I testi citati sono reperibili presso la biblioteca del Centro Studi Sereno Regis di Torino.

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