Loro lo sanno | Alessandro Ciquera

Younes viene dalla campagna di Hama, in Siria, è un bambino sveglio dagli occhi scuri, che vive con sua mamma e suo padre in un piccolo villaggio tra le montagne del Libano centrale. 
Negli ultimi anni gli hanno diagnosticato il fattore 7, una malattia ematologica che gli causa frequenti emorragie. 
Va avanti a fare la terapia al plasma, che tuttavia nel giro di pochi anni si rivelerà insostenibile dall’organismo, avrebbe in realtà bisogno di una iniezione costosissima per sopravvivere, e avere la possibilità di diventare adulto. 
Ad oggi il prezzo della vita di questo bambino in Libano è di 3.750 $ ogni settimana, un costo insostenibile per un nucleo familiare vulnerabile, anche nella moderna Europa. 
Gli abbiamo offerto la possibilità di viaggiare con i Corridoi Umanitari verso l’Italia o la Francia, dove l’iniezione di cui necessità verrebbe erogata dal Sistema Sanitario Nazionale.

Ai primi colloqui tuttavia, il padre di lui, con probabile retaggio di una mentalità patriarcale e dominatrice, con sfumature non troppo velate di ossessione, si è messo di traverso sia all’ottenimento del visto per la famiglia, sia alla possibilità che la moglie e i figli raggiungano il nostro continente per ricevere assistenza medica. 
Una follia agli occhi di chiunque dotato di buon senso, ma non a chi ha la testa più chiusa di un comodino.
In questo momento sono in tenda, con il ventilatore acceso perché manca l’aria, ripensando agli incontri avuti con loro e al dolore negli occhi di questa madre che sta vedendo il proprio figlio indebolirsi lentamente, e mi chiedo chi sia responsabile di questa situazione. 
Credo che porsi le domande giuste sia una strada per capire che direzione prendere. 
La colpa è del padre, cresciuto in un contesto probabilmente maschilista e oppressivo nei confronti delle donne?
La responsabilità è del regime siriano e delle varie milizie ribelli in Siria, che a volte per opportunismo, altre per sete di potere, hanno trascinato il Paese in un bagno di sangue da cui Younes è dovuto scappare?,
Oppure il peso di ciò ricade sulle Nazioni Unite e sulle varie Agenzie Umanitarie che non sono in grado di dare per diritto un farmaco salvavita ad un bambino profugo?
Sono domande che ciclicamente mi ronzano nella testa, perché per quello che ho vissuto in questi anni a Tel Abbas, è l’indifferenza che uccide, letteralmente, quando qualcuno ritiene che tutto sommato la sentenza finale cadrà su qualcun altro, lì è l’inizio della fine, quando “l’altro” non è qualcuno degno di essere considerato umano, ma un numero sacrificabile. 
Ieri Musaeb, oggi Younes. 
Quale è ad oggi il prezzo della vita di un bambino? 
Probabilmente è proporzionale a quanta vita mettiamo noi in ciò che facciamo, essendo così sbilanciato il piatto, solo mettendoci una vita puoi pagare il prezzo di un’altra vita, non andando al 50% o a percentuali varie, ma mettendo la tua stessa esistenza in gioco, con un rischio grande, quello di rimanere bruciato e di vedere le persone a cui ti sei affezionato spegnersi senza pietà. 
Nour entra per l’ennesima volta mentre sto scrivendo e un po’ mi fa salire il mal di testa… perché non ascolta mai quando gli si chiede di non saltare dentro la tenda dei volontari?
Mi guardo intorno, la vita quotidiana prosegue, una gallina passa davanti alla porta con aria spaesata, Yunes da qualche parte sulle montagne, guardando la giornata che gli scorre davanti. Quanta vita tutta insieme e quanto dolore si può sentire contemporaneamente, eppure è questa la scelta fatta, solo un grande slancio può bilanciare una così grande distruzione umana. 
Mi viene in soccorso Rowling, con le sue parole messe in bocca a Silente: “Essere stati amati tanto profondamente è qualcosa che ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più, è una cosa che ci resta dentro, nella pelle”. 
Alzo ancora la testa, Nour sta rovistando tra una montagna di fogli e quaderni accatastati, probabilmente anche lei è cosciente di questa legge nel suo cuore, altrimenti non si spiega come potrebbe essere ogni giorno così attiva, lei che è arrivata sfinita dalla Siria nelle braccia della madre, per una malattia presa durante la fuga. 
Neanche si spiegherebbe il sorriso timido di Younes, gli abbracci di Rim. 
Loro sanno qualcosa che noi rischiamo di dimenticarci, sanno che ne vale la pena.

Fonte: Operazione Colomba

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