La proposta di Thomas Piketty per rifare l’Europa: tre commenti e un suggerimento

Howard Richards

13.12.18 – In mezzo a più di una crisi, un gruppo stellare di intellettuali sinistrorsi guidato da Thomas Piketty ha scritto una proposta per rifare l’Europa, comprensiva di un manifesto, un trattato che stabilisce l’equivalente di un nuovo corpo legislativo europeo, e un budget. I dettagli si possono trovare a www.tdem.eu.  Come dicono i suoi autori, il maggior merito della loro proposta è che esiste.  Tutti sono invitati a commentarla e a suggerire migliorie.  Prendendoli in parola, ecco qui tre commenti e un suggerimento.

Commento #1:  La proposta, specialmente il budget, esagera il potere dei governi di controllare i mercati.  Chiede che i governi impongano grevi tasse ai detentori di patrimoni: sulle eredità, sulle emissioni di carbonio, sui profitti societari e sugli alti redditi personali. Ma i proprietari e I gestori di patrimoni hanno poteri di mercato che i governi non hanno.

Già in La crisi di legittimità del 1973 Jürgen Habermas mostrava che nei tempi moderni il mercato è l’istituzione primaria.  Il governo è un’istituzione secondaria. I mercati comandano I governi più di quanto I governi comandino i mercati. Un mercato è un’istituzione in cui i proprietari di patrimoni sono liberi di comprare o non comprare, vendere o non vendere, spostare i loro attivi mobili o tenerli dove sono, investire o non investire. Come dice Mikhail Kalecki, il capitale ha un potere di veto sulle politiche pubbliche perché qualunque politica che insidii la fiducia dell’investitore, per qualunque ragione o nessuna ragione, causerà una crisi economica.

Habermas spiegava perché la social-democrazia che chiamava tardo capitalismo implichi la crisi fiscale dello stato. Entro la gabbia ferrea del codice civile, la capacità dello stato di tassare la ricchezza è gravemente limitata, non ultimo per la fuga dei capitali o la minaccia.  Lo stato è costretto a spendere denaro per attrarre capitale, e anche tenuto a garantire i diritti sociali alla sanità, alle pensioni, all’abitazione e altri ancora. Le spese supereranno le entrate. Le promesse non saranno mantenute. La legittimità verrà infranta.

Commento #2:   Per molti versi, la proposta tenta di resuscitare la socialdemocrazia post 2^ guerra mondiale, approfondendola e colorandola di verde. Manca di una strategia per far fronte alle ragioni strutturali per cui la socialdemocrazia non ha funzionato ed è stata sostituita dal neoliberismo. Forse che le prospettive per la socialdemocrazia siano migliorate da quando Habermas le analizzò nel 1973? Niente affatto. Il capitale è addirittura più mobile ora che allora. Il trattato del 1994 che istituì l’Organizzazione Mondiale del Commercio, e innumerevoli altri documenti con forza di legge, hanno reso i diritti di proprietà ancor più immuni alla democrazia che nel 1973.

Come ha mostrato Piketty stesso, il fatto che la spesa per la rete di sicurezza sociale sia rimasta all’incirca la stessa non significa che la gente goda ancora della sicurezza economica dei gloriosi trent’anni di socialdemocrazia che seguirono la 2^ guerra mondiale. Le garanzie di previdenza sociale stanno erodendosi quanto più altra gente ne abbisogna. Meno benefici e più beneficiari comportano grossolanamente la stessa spesa totale. Combinati con un’intense competizione fiscale per attrarre investimenti, aumentano sempre più il debito pubblico non restituibile! Oggi la socialdemocrazia sta nel migliore dei casi subendo un processo di ordinata ritirata. Se l’estrema destra stravince le elezioni europee del maggio 2019, la ritirata può anche diventare una rotta. Lo è già diventata in Grecia e in parti dell’Europa orientale.

Nel nostro libro I dilemma delle socialdemocrazie la mia coautrice Joanna Swanger e io cerchiamo d’identificare le strutture profonde soggiacenti nello spirito del realismo critico, altra cosa dal cercare schemi nei dati osservati nello spirito del positivismo. Riecheggiando Habermas, usando i casi di studio storici di Spagna, Svezia, Austria, Sudafrica, Indonesia, e Venezuela, abbiamo mostrato perché la socialdemocrazia non funzionò, ma anche perché non avrebbe potuto funzionare, senza modificare le strutture sociali e culturali di base della modernità, emblematicamente manifestate nel codice civile.  Karl Renner aveva torto; chi era? Dal 1918 al 1920 fu il primo cancelliere d’Austria dopo la sconfitta delle potenze centrali nella 1^ guerra mondiale. Nel 1904 pubblicò la prima edizione tedesca di Le istituzioni del Diritto Contrattuale [Private Law] e le loro funzioni sociali, evidenziando, come poi Max Weber in Economia e Società, in modo più famoso ma meno integrale, come il Codice Civile europeo, ereditato e adattato dalla Legge Romana, e successivamente imposto al resto del mondo in punta di spada, costituisse la struttura base di quanto poi Karl Polanyi ebbe a chiamare “società mercantile”.  Nel 1904 Renner si chiedeva: può una società mercantile capitalista diventare una società mercantile socialdemocratica entro la cornice europea del codice civile ereditato e adattato dall’Impero Romano? La sua risposta: sì! La nostra risposta: no! La quale non implica che il capitalismo possa essere trasformato solo con la violenza. Al contrario, implica che possa essere trasformato solo con l’educazione. A questo punto della storia l’umanità è in rotta verso l’autodistruzione. Sta distruggendo la biosfera e lacerando il tessuto sociale. Questi sono risultati desiderati da neppure un solo essere umano! Lungi da far gli interessi di una classe dominante, questi risultati non fanno gli interessi di manco una donna, un uomo, un figlio o un nipote !! Se l’educazione potesse insegnare come e perché le strutture base possano e debbano essere trasformate, i ranghi dei trasformatori si moltiplicherebbero, mentre diminuirebbero quelli degli oppositori-non-ancora-educati al cambiamento fondamentale.

Commento #3: La proposta non prende sul serio l’avvento – e in gran misura l’arrivo già avvenuto — dell’obsolescenza dell’apporto lavorativo umano come fattore di produzione; né dell’inutilità di molta manodopera potenziale nel mercato. Elaboro questa nozione ed alcuni punti collegati alludendo implicitamente ad alcuni dettagli della proposta Piketty senza riferirmi specificamente ad alcuno.

La dottrina economica ortodossa risulterà impotente in un mondo on cui il valore di mercato di molta manodopera umana (nessuno sa esattamente quanta) sarà zero. Il progetto intellettuale di Adam Smith, seguito dai suoi successori, si basa sulla premessa di Smith che il prezzo naturale e appropriato della manodopera è e dovrebbe essere il suo contributo al valore di quel che Smith chiamava il suo “prodotto vendibile”.  E’ ora di ricominciare con principi diversi. In un future non molto distante, e in misura notevole addirittura adesso, non possiamo creare di che vivere con dignità per tutti gonfiando il valore della manodopera potenziale quando è di fatto già ridondante.  Aumentare il salario minimo e rafforzare la contrattazione collettiva potrebbero far parte di una proposta omnicomprensiva in grado di far fronte ai problemi strutturali succitati, ma  essi non trattano la ridondanza massiccia di manodopera.  Indurre il capitale privato ad investire stanziando denaro pubblico per schermarlo dal rischio probabilmente persuade nessuno ad usare tecnologie datate ad alta intensità di manodopera. Si può dire lo stesso del provare a rendere ogni azienda una copia di Procter & Gamble, cioè creare innovazioni costanti, nuovi mercati per poter vendere nuovi prodotti – come ha fatto P & G creando nuovi mercati convincendo ogni giovane donna a preoccuparsi dell’invecchiamento.  Contare su una maggiore produttività che si rifletta su maggiori salari è illusorio. Ci fu un tempo in cui Smith poteva notare lo sfruttamento della manodopera, e in cui Marx poteva forgiare quanto notato da Smith in una potente ideologia. Oggi aumentare la produttività di solito vuol dire comprare tecnologia e impiegare meno operai. Oggi – se seguiamo ancora l’etica di John Locke e Adam Smith che postula che il produttore ha un dovere morale verso ciò che produce — dobbiamo ammettere che la causa diretta che ha prodotto l’aumento di sovravalore (il Mehrwert di Marx) era l’investimento in nuova tecnologia fatto dai capitalisti.  E il limite verso cui tende la produttività in aumento è un fattore gestito perlopiù dai robot. La sfida odierna è fare lavorare i robot per tutti, non solo lavorare per gli azionisti e non solo per iI pochi umani restanti, assistenti dei robot.

E’ ora di ricominciare con un’etica di solidarietà. La manodopera non è una merce. Il diritto a una vita decente non dovrebbe dipendere dal trovare un acquirente per il proprio potenziale di lavoro. Lo scopo di un’economia è servire i bisogni e gli scopi umani, in armonia con la natura.  Come scrive Piketty in Il Capitale nel ventunesimo secolo, è ora che la democrazia assuma il controllo del processo di accumulazione del capitale.  I doni della natura, i suoi minerali, i suoi suoli, le sue acque, le sue atmosfere, e le sue specie viventi, appartengono a tutti per il loro uso e a nessuno per il loro abuso.  I doni della storia – la ricchezza create in passato da persone che non vivono più, la conoscenza scientifica accumulata bei secoli, e i contributi di ieri al know-how tecnico di oggi — sono doni intesi per tutti. E’ ora di pensare fuori dagli schemi del codice civile e della dottrina economica ortodossa. E’ ora di pensare invece, come raccomandava Antonio Gramsci, di aggiustare la cultura alle sua funzioni fisiche.

Chiudo questo terzo commento con un esempio di economia solidale che aggiusta la cultura alle sue funzioni fisiche nel quartiere noto come Alex della città di Johannesburg in SudAfrica. Se si visita una certa vecchia chiesa sul viale centrale di Alex nel pomeriggio di un giorno feriale, ci si trovano dodici giovani ex-disoccupati che sono diventati impiegati e felici.  Ci fanno la loro pratica in canzoni e ballo: come Black Motion di Imali, e Babes Wodumo di Wololo; come anche roba già d’una certa età come Cat Daddy e Bird Walk. Hanno dovuto fare un provino per entrare nella troupe. Una volta dentro, gli serve disciplina e autodisciplina per imparare passi e line per prepararsi agli spettacoli.  Recitano perlopiù per bambini delle scuole elementari, dove ad intrattenimento forniscono un fulgido esempio di giovani non dediti alla droga che si divertono. Si richiede più autodisciplina per presentarsi al lavoro, per essere puntuali, per arrivare sobri, per essere puliti in senso non solo stretto. Esprimendo generale consenso con la teoria della virtù (arete) di Aristotile nella sua Etica Nicomacheana, benché non abbia prove solide sui danzatori di Alex, credo che la loro disciplina li conduca alla virtù, e che la virtù li conduca alla felicità.

La pratica canora e di danza corale nella vecchia chiesa sul viale principale di Alex è un esempio di impiego non-mercantile reso possibile dalla solidarietà perché viene pagato accaparrandosi pigioni e condividendo il sovrappiù. Si trasferiscono così denaro e altre risorse da dove non sono necessari a dove lo sono al servizio di scopi umani. Grazie a donatori pubblici e privati (volontari, involontari come nel caso dei contribuenti, o semi-volontari in uno dei tanti modi in cui le norme sociali possono essere motivanti senza essere decisamente obbligatorie), l’impiego non-mercantile s’introduce nella breccia. La solidarietà salva la partita quando l’impiego mercantile ha fatto del suo meglio e non sa fare altro.

Ecco il mio suggerimento per migliorare la proposta: aspettare un mese, magari due. Poi radunare di nuovo la squadra di autori e riscriverla alla luce del feedback ricevuto.


Howard Richards – TRANSCEND Media Service, 17 Dec 2018

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.