La svolta militarista dell’Unione Europea

Enzo Ferrara

Dopo l’iniziativa di Researchers for Peace dello scorso anno, con una prima petizione inviata all’Unione Europea per protestare contro la decisione di stanziare una somma di 90 milioni di euro in tre anni per preservare la, letteralmente, “competitività dell’industria bellica europea” attraverso un piano di ricerca scientifica dedicata al settore militare, un nuovo appello è stato lanciato in questi giorni dalla associazione pacifista belga “Vredesactie” mentre stanno per essere lanciati i primi bandi europei con stanziamenti pari a 13 milioni di euro destinati dal Fondo per la Difesa Europea all’industria di armi. Secondo i promotori di questa protesta, si sta delineando una deriva delle istituzioni europee di stampo militare, grazie al fatto che l’industria bellica ha accesso praticamente indisturbata ai palazzi di Bruxelles.

A riprova di queste affermazioni si osserva che il prossimo meeting annuale congiunto fra Agenzia della Difesa Europea e l’industria militare sarà dedicato alla “innovazione” legata ai sistemi non solo “unmanned” (termine in genere riferito ai velivoli privi di pilota, i cosiddetti droni) ma addirittura “autonomous”, ovvero potenzialmente capaci di decidere in autonomia quando, dove e come innescare il proprio bagaglio di distruzione. Questo il rimando alla presentazione della conferenza, accessibile solo su invito, ‘From unmanned to autonomous systems: trends, challenges and opportunities’, che si terrà il 29 novembre a Bruxelles.

Sul tema dello sviluppo di sistemi di arma autonomi è già stata avviata una campagna di sensibilizzazione da parte della comunità scientifica, con in prima fila anche i principali istituti di sviluppo dei sistemi ad intelligenza artificiale.

Per gli attivisti è un’occasione importante per opporsi a questo abbraccio nefasto fra istituzioni europee e industria militare.  Ciò che più preoccupa, assieme alla possibilità di sviluppo di sistemi di guerra autonomi, ovvero senza un filtro di controllo e responsabilità di tipo umano, è anche il massiccio spostamento di fondi pubblici dell’Unione Europea che vengono spostati sul settore della ricerca bellica.

Per queste ragioni, questo è il momento di agire per chi crede in una scienza libera da condizionamenti e soprattutto priva di legami con la guerra; si può trovare qui (allegata o link) una lettera aperta di protesta, che sta raccogliendo le adesioni da parte di scienziati/ricercatori/studiosi appartenenti a istituzioni dell’Unione Europea; chi volesse far sentire la propria voce può aderire all’appello e aggiungere la propria firma, rispondendo ai promotori
[email protected]
[email protected]

appartenenti all’organizzazione Vredesactie (Movimento per la pace) (twitter  facebook)

Accedendo a questo link sul sito dell’organizzazione pacifista belga è disponibile un breve ma informativo dossier (Securing Profits. How the arms lobby is hijacking Europe’s defence policy, AUTHOR: Bram Vrankensulle) su come l’industria bellica stia infiltrandosi nelle stanze del Parlamento Europee Bruxelles. Il rischio è che la guerra diventi parte strutturale dell’economia europea.

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