Assegnato il Nobel per la Pace 2018 a Denis Mukwege e a Nadia Murad

5 ottobre 2018 – Il Centro Piemontese di Studi Africani (CSA) accoglie con gioia l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2018 a Denis Mukwege, che lo ha ricevuto insieme a Nadia Murad, vittima e testimone dei crimini perpetrati contro la comunità Yazida in Iraq. Il Premio è stato loro riconosciuto per l’impegno contro l’uso della violenza sessuale come strumento di guerra e nei conflitti armati. Inoltre, entrambi hanno operato affinché si diffondesse la conoscenza dell’utilizzo di tali pratiche come strumento di guerra.

Tale riconoscimento si verifica nel decimo anniversario dalla risoluzione 1820 (2008) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha stabilito come l’utilizzo della violenza sessuale come arma di guerra costituisca un crimine di guerra e una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali.

Il CSA è particolarmente onorato di aver ospitato a Torino il dottor Mukwege nel novembre 2017, quando il nuovo premio Nobel per la Pace, già vincitore del Premio Sakharov 2014 del Parlamento Europeo per il suo impegno nel campo dei diritti umani, ha partecipato a diverse iniziative organizzate dal CSA, con il sostegno del Consiglio Regionale del Piemonte, dell’Ufficio del Parlamento europeo a Milano e del Collegio Carlo Alberto di Torino.

Denis Mukwege ha fondato il Panzi Hospital a Bukavu nella Repubblica Democratica del Congo ed ha aiutato le donne vittime di violenza sessuale o con gravi problemi ginecologici. “L’uomo che ripara le donne” in 14 anni ha assistito più di 40.000 vittime: per il suo lavoro e la sua denuncia è stato minacciato più volte e costretto a vivere sotto protezione all’interno del suo ospedale, insieme alla famiglia.

Il Comitato per il Nobel norvegese, l’istituzione che designa il vincitore del Premio Nobel per la Pace, ha riconosciuto come il dottor Mukwege sia il miglior simbolo, a livello nazionale ed internazionale, della lotta per debellare l’utilizzo della violenza sessuale nei conflitti. Il dottor Mukwege non solo si è speso in prima persona per curare le vittime di tali abusi, ma è diventato un testimone fondamentale della complessa situazione del suo paese, la Repubblica Democratica del Congo, continuando a denunciare senza tregua l’impunità per gli stupri di massa e le responsabilità del governo della Repubblica Democratica del Congo e delle altre nazioni per non aver agito sufficientemente per fermare questi crimini.

Il CSA auspica che questo riconoscimento internazionale porti ad una nuova attenzione sull’utilizzo della violenza sessuale come strumento di guerra e ad un ulteriore sforzo della comunità internazionale per la risoluzione dei conflitti nella Repubblica Democratica del Congo.

Per ulteriori informazioni si veda il resoconto della visita del dottor Denis Mukwege a Torino, disponibile a questo link: http://csapiemonte.it/it/news/conclusa-la-visita-del-dott-mukwege-torino


Chi è il dottor Denis Mukwege

Denis Mukwegeè un medico e chirurgo ginecologo della Repubblica Democratica del Congo (RDC), nato a Bukavu nel 1955. Oggi è un personaggio noto a livello internazionale per essersi dedicato alla cura di decine di migliaia di donne e ragazze congolesi vittime di stupri collettivi e di brutali violenze sessuali.

Laureatosi in Francia in Medicina, il dott. Mukwege ha in seguito fatto ritorno nella RDC, fondando un reparto ginecologico presso l’ospedale di Lemera, nella parte orientale del Paese, distrutto poi allo scoppio del conflitto nel 1996. Mukwege è tornato a Bukavuper cercare rifugio e qui ha creato un ospedale utilizzando tende da campo, costruendo un nuovo reparto maternità e una sala operatoria. Tutto è stato però nuovamente distrutto nel 1998, durante la seconda guerra del Congo.

Imperterrito, Mukwege ha ricostruito il suo ospedale a Panzi, nella periferia di Bukavu, una struttura composta da una clinica ginecologica e ostetrica che ha lo scopo di fornire le cure necessarie alle donne brutalizzate dai combattenti. Il medico ha curato più di quarantamila donne da quando l’ospedale ha riaperto nel 1999, accogliendo la prima vittima di stupro con ferite da arma da fuoco ai genitali e alle cosce. Nel giro di alcune settimane, decine di donne si sono recate all’ospedale raccontando storie di violenze e torture.

Mukwege è un esperto riconosciuto a livello internazionale nel trattamento dei danni patologici e psico-sociali provocati dalla violenza sessuale. L’ospedale che dirige a Panzi offre cure psicologiche e fisiche, e aiuta le donne a sviluppare nuove competenze per guadagnarsi da vivere, dal momento che molte sono state escluse dalle loro comunità. Le ragazze sono aiutate a tornare a scuola e viene offerta consulenza legale per quante intendono rivolgersi alla giustizia. Per l’impegno che il dottor Mukwege ha assunto nei loro riguardi è ora conosciuto come “l’uomo che ripara le donne”.

Quando riconobbe sul tavolo operatorio una ragazza che aveva visto nascere all’ospedale di Panzi, divenne anche un instancabile attivista impegnato a favore delle donne vittime di violenze. Per Mukwege fu un momento chiave, che lo portò a non limitarsi alle cure mediche, ma ad avviare un dibattito, nel suo Paese e all’estero, per porre fine alle violenzescatenate per le risorse naturali della Repubblica democratica del Congo.

L’ospedale di Panzi è situato nella provincia del Sud Kivu, una zona da sempre povera, emarginata e instabile a causa dei conflitti etnici alimentati daltraffico illegale delle immense ricchezze minerarienel suo sottosuolo. I conflitti armati continuano nella parte orientale del Paese, nel Nord e Sud Kivu, come anche gli attacchi ai civili, inclusi gli stupri di gruppo. Nelle due provincie del Kivu, diverse bande armate utilizzano la violenza sessuale come arma per ricattare e piegare la popolazione. Migliaia sono state le donne violentate e segnate a vita, vittime di stupri utilizzati come arma di guerra. Oltre a spostarsi all’estero per chiedere gli aiuti necessari per la difesa dei diritti delle donne e a gestire l’Ospedale Panzi, il dottor Mukwege continua a svolgere la sua attività di chirurgo ginecologo e ad assistere le pazienti.

Egli stesso è stato vittima, nel 2012, di un attacco a opera di uomini armati che hanno fatto irruzione in casa sua, a distanza di qualche settimana dal suo discorso alle Nazioni Unite dove aveva denunciato la situazione di conflitto presente nella regione del Paese e gli attori delle violenze. La sua guardia del corpo e amico, Joseph Bizimana, è stato ucciso, mentre Mukwege è riuscito a fuggire, rifugiandosi con la famiglia in Europa. Nonostante le continue minacce, è tornato nella RDC nel 2013, riprendendo la sua attività nell’ospedale.

Il medico è oggi un sostenitore della parità di genere e un attivista nella lotta contro lo stupro come arma di guerra. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali per il suo operato, tra cui l’UN Human Rights Prize, l’Olof Palme Prizeed il Clinton Global Citizen Award. Nel 2014 gli è stato consegnato il premio Sakharov, per la sua battaglia in difesa dei diritti umani. Partecipa inoltre attivamente al lavoro del Parlamento Europeo, con gli appassionati appelli in materia di protezione delle vite di donne e bambini, incidendo sul processo legislativo in atto sui minerali provenienti da zone di conflitto.

Chi è Nadia Murad

Nadia Murad Basee Taha (Sinjar, 1993) è un’attivista irachena yazida[1] per i diritti umani, Premio Nobel per la pace nel 2018[2]. Nell’agosto del 2014 venne rapita e tenuta in ostaggio da parte dello Stato Islamico.[3] Dal settembre 2016, è prima Ambasciatrice Onu per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani[4]

Nadia nacque nel villaggio di Kocho, nel Sinjar, nel nord dell’Iraq. La famiglia di Nadia, che è di etnia yazida, era contadina e lei stessa crebbe all’interno di una fattoria. [5]

Nell’agosto del 2014 Nadia era una studentessa di ventuno anni quando l’Isis giunse nel villaggio di Kocho, radunò la comunità yazida e uccise 600 persone, tra cui 6 fratelli di Nadia, e la rese schiava. Nadia diventò una delle più di 6,700 donne yazide fatte prigioniere dell’Isis in Iraq.[6] Nadia venne portata come schiava nella città di Mosul dove fu picchiata, bruciata con mozziconi di sigarette e stuprata. Nel novembre dello stesso anno riuscì a fuggire quando un soldato Isis si scordò di chiudere a chiave la porta dell’abitazione in cui si trovava.[7] Nadia trovò rifugio presso una famiglia della zona che l’aiutò a raggiungere il campo profughi di Duhok, nel nord dell’Iraq, e da lì Stoccarda, Germania[8][9]

Il 16 dicembre 2015 Nadia apparve presso il Consiglio di Sicurezza Onu per discutere, per la prima volta nella storia dell’organizzazione, di tratta di esseri umani e conflitti.[5] Come ambasciatrice Onu, Nadia partecipa attivamente ad iniziative per sensibilizzare al tema della tratta di esseri umani e rifugiati.[10] Nadia Murad ha raggiunto comunità di rifugiati e sopravvissuti ascoltando le testimonianze delle vittime della tratta e del genocidio.[11]

Nel settembre 2016 l’avvocata Amal Clooney[12] ha spiegato presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) le motivazione per cui ha accettato di rappresentare Nadia Murad nell’azione legale contro i comandanti Isis.[10][11][13] La Clooney, in quell’occasione, ha descritto il genocidio, lo stupro e la tratta come “burocrazia del diavolo a scala industriale” e ha sottolineato come la tratta di esseri umani è tuttora praticata dai soldati Isis, sia tramite social network sia nelle zone da loro controllate.[6] Nadia Murad ha ricevuto numerose minacce per via del suo impegno alla causa.[5]

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