C’è un’agenda più a fondo, più cupa, in atto col taglio dei finanziamenti USA all’UNRWA

Jonathan Cook

I profughi sono il dettaglio finale in sospeso nell’’imposizione ai profughi palestinesi dell’accettazione del piano di pace di Trump ‘accordo del secolo’.

La decisione dell’amministrazione Trump di annullare tutti i futuri pagamenti d’aiuto alla principale agenzia d’assistenza ai profughi palestinesi segna un nuovo capitolo – verosimilmente disastroso – del conflitto israelo-palestinese.

Venerdì 31 agosto u.s. il Dipartimento di Stato USA ha dichiarato che non continuerà a versare il proprio contributo annuo di $360 milioni all’UNRWA, così privandola di un terzo del proprio bilancio operative. I funzionari USA l’hanno descritta come “irrimediabilmente difettosa”.

La mossa segue un annuncio della scorsa settimana che Washington aveva tagliato $200 milioni da altri programmi per i palestinesi.

Circa cinque milioni di palestinesi – molti dei quali languono da decenni in campi profughi sparsi nel Medio Oriente – dipendono dall’agenzia per quote essenziali d’alimenti, sanità ed istruzione.

Altri stati del medio Oriente hanno motive d’essere impauriti. Il ministro degli esteri giordano, Ayman Safadi, ha ammonite sabato che il rifiuto degli aiuti “consoliderebbe solamente un ambiente di disperazione che creerebbe in ultima analisi terreni fertili per ulteriori tensioni”.

La Giordania, che ospita due milioni di profughi palestinesi, ha indetto un incontro all’ONU nel corso di questo mese, come pure il Giappone, l’Unione Europea, la Svezia e la Turchia, per “radunare sostegno politico e finanziario” per l’UNRWA.

Il tradizionale sostegno Americano ed europeo all’agenzia ONU potrebbe considerarsi come riparatorio per la loro complicità nel contribuire a creare uno stato ebraico sulle rovine della patria dei palestinesi. Tale atto di spoliazione rende i palestinesi la maggiore popolazione al mondo senza stato/apolide. Senonché ci sono pochi segni di colpevolezza. Le offerte mediante l’ONU sono servite più come “prezzo del silenzio” su un disegno di mantenimento dei palestinesi quieti e dipendenti mentre gli stati occidentali gestiscono una crisi che non hanno apparentemente intenzione di risolvere.

Ecco perché l’Unione Europea ha frettolosamente promesso di cercare fondi alternativi per l’UNRWA. S’è notato che l’agenzia sia “vitale per la stabilità e la sicurezza della regione” – una stabilità che ha permesso a Israele di rendere evanescenti i palestinesi, ininterrottamente, per sette decenni.

L’amministrazione Trump, al contrario, è più spregiudicata a proposito del nuovo modo di ‘armare’ l’aiuto.  I funzionari USA non hanno nascosto il fatto di volere influenza sui palestinesi per forzarli a sottomettersi al piano di pace “accordo del secolo” da tempo promesso da Donald Trump.

Ma c’è un’agenda più in profondità e più cupa in atto rispetto al semplice recupero di negoziati falliti o all’essere compiacente con la ben nota antipatia dell’amministrazione Trump verso le istituzioni internazionali. Per gli scorsi 25 anni, I colloqui di pace hanno fornito copertura per il progressivo rilevamento da parte d’Israele di quanto si supponeva dovesse essere un futuro stato palestinese. Come dice l’avvocato palestinese Michael Tarazi, mentre Israele e I palestinesi discutevano su come dividersi la pizza, Israele se l’è mangiata tutta.

Quindi gli assistenti di Trump hanno di fatto progettato a rovescio un “processo di pace” basato sulla realtà sul campo creata da Israele.  Se Israele non scenderà a compromessi, Trump sistemerà le questioni inerenti allo stato finale – confini, Gerusalemme e i profughi – a favore del contendente più forte. L’unico ostacolo che sta trovando è un mondo per spintonare i palestinesi fino alla loro accettazione.

A indicazione di quanto siano ormai sincronizzati Washington e le mosse d’Israele, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ambasciatore USA in Israele, David Friedman, la settimana scorsa hanno fatto discorsi quasi identici.  Rivolgendosi ai dirigenti ebrei americani, Friedman ha rimarcato che in Medio Oriente ha prevalso un “differente modo di pensare”. “Non si può giusto parlare a modo proprio, bisogna essere forti”, ha detto.

Il giorno dopo, Netanyahu ha reiterato il messaggio. tweettando: “I deboli vanno a rotoli, vengono massacrati e cancellati dalla storia, mentre i forti, nel bene o nel male sopravvivono”.

Il che è suonato purtroppo come una ricetta per il futuro dei palestinesi.

Israele si è già intagliato I confine con le campagne di pulizia etnica del 1948 e 1967. Da allora, ha mobilitato i coloni e I propri militari per inglobare quasi tutti i resti della Palestina storica. Qualche frammento di territorio in Cisgiordania e il minuscolo ghetto costiero di Gaza sono tutto quel che rimane ai palestinesi.  Un cenno d’assenso dalla Casa Bianca e Israele formalizzerà questi assetti annettendosi gradualmente la Cisgiordania.

In quanto a Gerusalemme, Trump l’ha riconosciuta come capitale d’Israele trasferendoci l’ambasciata USA a maggio. Adesso, se anche potesse nascere, uno stato palestinese sarebbe privo di una capitale significativa e di un’economia praticabile.

L’elemento finale in sospeso sono i profughi.

Qualche tempo fa, il presidente palestinese ha ceduto il loro diritto – sancito del diritto internazionale – a tornare alle loro terre formali in quello che è adesso Israele.

La questione era invece diventata se Israele avrebbe permesso ai profughi accampati in Libano, Siria e Giordania di trasferirsi in Cisgiordania e Gaza diventando cittadini di uno stato palestinese.

Ma se Israele rifiuta di concedere uno stato palestinese, anche quell’ambizione minima è condannata.  Israele e gli US hanno una soluzione alternativa. Preferiscono smantellare l’UNRWA e lasciar sparire I palestinesi nella marea montante di profughi innescata dai recenti interventi occidentali in Iraq, Siria, Libia e Afghanistan. Domenica scorsa [2 settembre 2018, ndt] Netanyahu ha salutato quella che ha definito una mossa USA per “abolire l’istituzione per i profughi, prenderne i fondi e aiutare realmente a riabilitare i profughi stessi”.  USA e Israele vogliono che I profughi palestinesi ricadano nelle competenze dell’UNHCR, l’agenzia-ombrello ONU per i profughi – o, meglio ancora, dei loro paesi ospitanti.

In una email sfuggita al controllo e riferita dalla rivista Foreign Policy questo mese, Jared Kushner, genero e consigliere di Trump, scriveva che era ora di “smembrare l’UNRWA”, aggiungendo che “talvolta bisogna rischiare strategicamente di rompere le cose per arrivarci”.

Centrale a quello smembramento è privare milioni di palestinesi del proprio status di profughi. L’amministrazione Trump dovrebbe pubblicare un rapporto questo mese, secondo i media israeliani, che proporrà di circoscrivere la popolazione dei profughi palestinesi a 500.000 – un decimo del loro numero attuale.

Kushner, a quanto ripetutamente riferito, si sta adoprando  affinché la Giordania revochi lo status di profughi ai suoi due milioni di residenti palestinesi, presumibilmente in cambio di compensazioni USA.

Quando il mandato UNRWA giungerà al rinnovo fra due anni, sembra garantito che Washington lo bloccherà.  Se non ci sarà l’UNRWA, non ci sarà alcun problema di profughi palestinesi. E se non ci saranno profughi, non ci sarà bisogno di alcun diritto di ritorno – e ancor meno pressione per uno stato palestinese.

Israele e USA sono prossimi al loro obiettivo: trasformare un conflitto politico governato dal diritto internazionale che favorisce i palestinesi in un problema economico con la sovrintendenza di una serie di donatori che favorisce Israele.

L’UNRWA è l’Agenzia ONU per Assistenza & Lavori per i Profughi Palestinesi


PALESTINE – ISRAEL, 3 Sep 2018  |Jonathan Cook – TRANSCEND Media Service

Titolo originale: There Is a Deeper, Darker Agenda Afoot as the US Cuts UNRWA Funding

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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