Ursula, la fantascienza secondo Nanni

Massimiliano Fortuna

Quando, qualche giorno fa, ho appreso della scomparsa della scrittrice americana Ursula K. Le Guin il filo della memoria mi ha portato immediatamente a pensare a Nanni Salio. La morte della Le Guin arriva infatti a quasi due anni esatti di distanza da quella di Nanni, avvenuta il primo febbraio del 2016. Accostarli nel ricordo per me è stata un’ovvia conseguenza del fatto che fu proprio lui, diverso tempo fa, a parlarmene per la prima volta e a farmela conoscere, presentandola come una scrittrice di libri di fantascienza contagiati dalle idee della nonviolenza e indicandomi in particolare il romanzo I reietti dell’altro pianeta.

La prospettiva nonviolenta di Nanni è sempre stata segnata da una dimensione multidisciplinare, capace di estendersi in svariate direzioni a cavallo di culture e generi, dunque non limitata esclusivamente alla conoscenza dei testi canonici o degli studi classici sulla pace e sull’antimilitarismo. A questo criterio, del resto, è stata improntata la costruzione stessa della biblioteca del Centro Studi Sereno Regis, edificata su una prospettiva «allargata», in grado di tenere assieme il saggio accademico e il fumetto, il racconto popolare e la pagina di complessa analisi filosofica o teologica.

Quanti conoscevano l’eclettismo di Nanni e la sua vorace curiosità intellettuale non saranno dunque stupiti dall’interesse rivolto a questa scrittrice – la cui importanza nella letteratura del Novecento è peraltro ormai riconosciuta – che pubblicava racconti di fantascienza non basati su scontri irriducibili di civiltà o su divisioni un po’ manichee tra buoni e cattivi, ma aperti all’integrazione tra culture differenti e in cerca della saggezza della mediazione. O che, per limitarsi a un solo altro aspetto, nelle sue trame ha saputo evocare con preveggenza e lungimiranza un tema come quello dei cambiamenti climatici, questione la cui importanza nel tempo che stiamo vivendo si dimostra sempre più all’ordine del giorno.


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