La fame nel mondo sta aumentando per la prima volta dopo 100 anni | Shelley Connor

Il numero di persone che nel mondo soffrono di malnutrizione è aumentato di 38 milioni tra il 2015 e il 2016, raggiungendo la cifra di 815 milioni nel 2016. Secondo un recente Report firmato congiuntamente da 5 Agenzie delle Nazioni Unite e di Associazioni di Volontariato, e pubblicato dalla FAO (Food and Agriculture Organisation) è la prima volta che questo avviene negli ultimi 100 anni.

Lo sviluppo della scienza e della tecnologia e la loro diffusione in tutto il mondo ha reso possibile un grande aumento della produzione di cibo, e una continua riduzione del numero di persone che patiscono fame e malnutrizione. Nel 2016 è stato prodotto nel mondo cibo a sufficienza per fornire una dieta adeguata e nutriente a tutti gli abitanti del pianeta.

Tuttavia – secondo il Report sopra citato – questa situazione sta peggiorando a causa delle guerre e dell’impatto del cambiamento climatico. Un altro fattore negativo (a cui il Report non accenna) è l’impatto della crescente disuguaglianza economica: sia nei paesi più ricchi che in quelli più poveri molte persone sono troppo povere per poter comprare il cibo, che sarebbe disponibile in abbondanza.

Le 5 Agenzie coinvolte nella ricerca sono la FAO, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, il World Food Programme, e l’ UNICEF. Come è tipico di questi Report, il linguaggio e l’approccio sono molto cauti e prudenti, anche quando le situazioni descritte non possono essere definite se non catastrofi sociali.

Nel 2016, per esempio, è stato verificato che 155 milioni di bambini sotto i 5 anni hanno un ritmo di crescita troppo lento rispetto alla loro età, e mostrano segni di rachitismo, causato da scarsità di cibo. 52 milioni di bambini sono risultati malnutriti, con peso inferiore alla norma. Dai dati risulta che un terzo della popolazione dell’Africa orientale, e un quinto dell’intero continente sono sotto-alimentati. In Asia questa condizione riguarda il 12 per cento della popolazione, soprattutto nel Sud e Sud-Est. Situazioni di malnutrizione grave, o di vera e propria carestia, sono segnalate nel Sud Sudan, in Yemen, nel nord-est della Nigeria, in Somalia.

Il numero complessivo di persone che non hanno cibo sufficiente – 815 milioni – è maggiore del numero di abitanti dell’intera Europa. Di questi, il 60% vive in paesi tormentati dalla guerra o da conflitti interni. Tali conflitti – si legge nel Report – non solo sono aumentati di numero negli ultimi dieci anni, ma sono diventati più complessi e intrattabili, e danno luogo a una crescente insicurezza alimentare: in Sud Sudan, per esempio, il 42% della popolazione, è in queste condizioni. Nello Yemen, il 60 per cento della popolazione —circa 17 milioni di persone — è in uno stato di grave insicurezza alimentare, con un aumento del 47 per cento rispetto alla situazione del 2015.

Guerre e conflitti generano insicurezza alimentare in molti modi. Un fattore significativo è lo spostamento delle popolazioni: tra il 2006 e il 2017 le persone costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre, per rifugiarsi in altre zone del loro stesso paese sono state circa 64 milioni. Nel mondo una persona ogni 113 è attualmente rifugiata, profuga o richiedente asilo, e il più delle volte questo stato si accompagna con una condizione di grave sottoalimentazione.

La guerra provoca anche gravissime conseguenze nei sistemi di produzione e distribuzione del cibo. In Iraq, per esempio, prima dell’invasione da parte degli USA nel 2003, i distretti di Ninive e di Salah-al Din producevano un terzo del grano e il 40 % dell’orzo dell’intero Paese. A febbraio 2016 il 70-80 % dei campi di grano di Salah al-Din risultavano danneggiati o distrutti; nella zona di Ninive, che comprende la città di Mosul, più di metà delle terre coltivate a grano e a orzo erano danneggiate o distrutte.

In Siria, in cui secondo gli scienziati fiorì per la prima volta l’agricoltura, la situazione è drammatica: l’85 % dei Siriani vive adesso in povertà, e nel 2016 si stima che 6,7 milioni di persone abbiano sofferto per l’insicurezza alimentare.

Uno dei modi più insidiosi con cui i conflitti provocano situazioni di sottoalimentazione è l’uso che viene fatto del cibo come arma di guerra. Il Report menziona l’uso di blocchi commerciali nel Sud Sudan, ma non fa riferimento al blocco esercitato dall’Arabia Saudita contro lo Yemen, dove la maggior parte del cibo destinato alla popolazione arriva da grano importato.

Un altro elemento che contribuisce ad aggravare la situazione di sotto-alimentazione è il cambiamento climatico: il Report lo segnala chiaramente, come causa dell’accresciuta insicurezza alimentare nell’ Africa Sub-Sahariana e del Sud dell’Asia.

Malattie e malnutrizione stanno aumentando anche nei paesi ‘sviluppati’, come USA e Gran Bretagna., dove non è raro che si riscontrino – in una stessa famiglia – casi di obesità e di malnutrizione. Con i salari sempre più bassi, e i prezzi del cibo che aumentano, molta gente può acquistare solo cibi poco sani e poco nutrienti, prodotti da aziende che ne traggono grossi guadagni.

Come affermano gli autori del Report, i risultati dell’indagine condotta delle Nazioni Unite rappresentano “un campanello di allarme che non possiamo ignorare”. Tuttavia, mentre il Report segnala giustamente che i conflitti portano alla carenza di alimentazione, vistosamente tralascia di indicare il ruolo che l’imperialismo gioca in questi conflitti: per esempio classifica i conflitti nel Sud Sudan e in Siria come conflitti interni, mentre in realtà il caos in entrambi questi Paesi è stato causato dagli Stati Uniti, dai suoi alleati ed esecutori. Omette persino di menzionare gli Stati Uniti nel caso dell’ Iraq, che è stato invaso, distrutto, e occupato dalle forze militari USA dal 2003 al 2011, ed è tuttora un campo di battaglia.

Gli autori del Report non fanno alcuna menzione della coalizione saudita che ha attaccato lo Yemen, e della complicità degli USA: in molti casi la coalizione ha impedito l’accesso agli aiuti e alla organizzazioni umanitarie, e ha bombardato ospedali e cliniche mobili.

Largamente ignorati sono gli effetti, evidenti e a lungo termine, provocati dalle attività umane sul clima. E nessuna critica viene espressa contro i drammatici effetti sociali causati dalla brama del profitto, responsabile sia dei cambiamenti climatici che della crescente difficoltà ad acquistare generi alimentari anche nei paesi sviluppati.

La fame mondiale può essere vinta solo mettendo fine alle contraddizioni del capitalismo, e sostituendolo con un sistema economico basato sul soddisfacimento dei bisogni sociali. Le Nazioni Unite possono suonare l’allarme sulla condizione di sotto-alimentazione diffusa, ma solo l’impegno di una classe lavoratrice internazionale unita può metter fine a questa tragedia.


Shelley Connor — 18 Settembre 2017
Titolo originale: World Hunger Increasing For The First Time In 100 Years
http://www.countercurrents.org/2017/09/18/world-hunger-increasing-for-the-first-time-in-100-years/
Traduzione e sintesi di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis
L’articolo è stato pubblicato originariamente sul World Socialist Web Site (WSWS.org).

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