Ambiente e pace. Una sola rivoluzione | Recensione di Cinzia Picchioni

Carla Ravaioli, Ambiente e pace. Una sola rivoluzione, Edizioni Punto Rosso, Milano 2008, pp. 192, € 12,00

«Bisogna crescere di più, insistono i responsabili del nostro futuro.
E (non si dice ma si pensa) se non si cresce quanto occorre,
una nuova guerra potrà riattivare la produzione d’armi
e far ripartire la macchina dell’economia globale.
Da qualche tempo però non tutti sembrano convinti
dell’indiscussa bontà di questo andazzo.
Più d’uno perfino osa parlare di contenimento del Pil.
Anche se nessuno dice come.
L’autrice tenta una proposta shock:
il disarmo unilaterale dell’Unione Europea. Per cominciare»

(dal Comunicato Stampa della casa editrice).


Una più piccola recensione di questo libro è uscita già nel 2013, ma è evidente che il suo messaggio è rimasto inascoltato. Perciò non guasta ripeterlo oggi, ancora una volta.

Attuale?

Perché pubblichiamo la recensione di un libro uscito nel 2008? Perché non appena l’ho aperto per leggerlo ho trovato questo:

«Il 18 novembre 2007 [quindi esattamente 10 anni fa! NdR] è accaduto qualcosa di cui soltanto alcuni giornali, e senza particolare rilievo, hanno dato notizia […] il fatto costituiva una autentica rivoluzione nella storia della gestione politica del problema ambiente, e in particolare delle mutazioni climatiche. […] il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, facendo propria un’affermazione che concludeva l’ultimo rapporto Ipcc [più noto come IPCC: Intergovernmental Panel for Climate Change, la commissione dell’Onu che si occupa dello studio dei cambiamenti climatici, NdR.] ha dichiarato ufficialmente la necessità di ridurre il Pil mondiale nella misura almeno dello 0,1 annuo, quanto cioè strettamente necessario ad abbassare la produzione di gas climalteranti secondo le prescrizioni di Kyoto», p. 5.

Tu lo sapevi?

Io no, ed ecco che l’interesse ad andare avanti nella lettura (e poi nello scrivere una recensione) è cresciuto. Soprattutto perché la testi del libro – partendo dalla costatazione di dover cambiare stile di vita, accreditata persino da Ban Ki Moon – è quella espressa nel titolo stesso: Ambiente e pace. Una sola rivoluzione, e soprattutto nel sottotitolo: Disarmare l’Europa per salvare il futuro.

A volte, un po’ scherzando, ma neanche tanto, dico che se continuiamo così fra un po’ non ci sarà più il pianeta e non potremo nemmeno proseguire con le nostre – giuste – battaglie per la pace, la nonviolenza, il disarmo… Dico che le due cose – ambiente e pace – sono interconnesse, e che dovremmo sempre agire sui due fronti (altro termine militaresco, accidenti!). La Ravaioli riassume questo concetto nel titolo del suo libro, mettendo la «e» tra le due parole «ambiente» «pace» e soprattutto dichiarando che la rivoluzione è una sola, da farsi contemporaneamente.

Cambiamenti climatici e nonviolenza

Chi paga di più le conseguenze dei cambiamenti climatici? Ormai lo sappiamo (ma questo libro, lo ricordo, è del 2008 e nelle sue pagine già si leggeva): i più poveri del pianeta. Ecco dunque che occupandoci dell’ambiente ci occupiamo contemporaneamente di applicare la nonviolenza per quei popoli che abitano in zone del pianeta colpite da inondazioni, frane, tsunami che noi, qui, nell’Occidente industrializzato non subiamo (secondo me ancora per poco… pensiamo a Genova…).

Nel paragrafo di p. 121 – intitolato Dimensione eversiva – Ravaioli esplicita meglio quello che abbiamo appena letto:

«[…] lo squilibrio ecologico, nelle sue innumerevoli forme, in tutto il mondo, colpisce soprattutto i più poveri. Sono quasi sempre i più poveri che non riescono a scampare da uragani e alluvioni, e che a questo modo negli ultimi decenni hanno perso la vita a centinaia di migliaia [e altre migliaia dobbiamo aggiungerne dal 2008, quando Ravaioli scriveva, ad oggi, NdR]. Sono gli operai a trattare processiindustriali altamente tossici e spesso cancerogeni, e per lo più sono loro e le loro famiglie a vivere nei pressi di fabbriche fortemente inquinanti [costretti a scegliere tra lavoro e salute, NdR]. Sono gli agricoltori, specie nel Sud del mondo, a manipolare quantitativi massicci di pesticidi e a morirne. Sono i poverissimi (quasi un miliardo e mezzo) [dato da aggiornare, 9 anni dopo, NdR] a non avere acqua potabile. Sono di poveri le enormi masse oggi in fuga dalla rottura degli ecosistemi: contadini disoccupati dall’industrializzazione dell’agricoltura, interi popoli sospinti dai deserti che avanzano, dalla perdita di pescosità di fiumi e laghi variamente contaminati […] dall’abbandono obbligato di valli destinae alla costruzione di dighe gigantesche: a fine 2006 si calcolavano sui 45 milioni i profughi ambientali, ma le previsioni già parlavano di 50 milioni nel 2030», pp. 121 ss.

Cambiamenti climatici e disarmo

«[…] se siamo d’accordo che l’umanità non può continuare a vivere di guerra, si tratti atomiche o di sfida all’ultimo prezzo del cellulare; né può insistere nello sfruttamento sempre più duro e cinico del prossimo, come se […] i sette bruciati vivi alla Tissen-Krup, e i bambini che fabbircano felpe e palloni per un euro al giorno non ci riguardassero; o fingere di credere che i 150mila morti da alluvione in Bangladesh, un miliardo e mezzo di persone prive di acqua potabile, le vacanze in barca al Polo Sud ritornato mare, siano trascurabili effetti di un clima insolitamente capriccioso […]», p. 12.

Se siamo d’accordo, scrive l’autrice, allora ecco la sua proposta: la smilitarizzazione unilaterale dell’Europa; e ne spiega la realizzazione e le conseguenze nell’ultima parte del libro, nel capitolo Reinventare la rivoluzione (da p. 157, con paragrafi evocativi: Forse è il momento, p. 170; Molti dubbi e qualche speranza, p. 172; Un cammino polivalente, p. 179 e il mio preferito: Ripensare il tempo, p. 184), Il libro si chiude con una proposta anche semantica, in cui occorre riflettere sulle due categorie determinanti di tutto il libro (e della proposta che contiene): quantità e violenza. Per quanto mi riguarda le due categorie potrebbero scriversi anche così: quantità è violenza, sulla scia di un altro libro, altrettanto chiaro nel suo messaggio: Piccolo è bello di E, Schumacher.

«Quantità e viiolenza sono le due categorie determinanti, sul piano simbolico come su quello operativo, di questa realtà, che molti ormai sentono necessario e urgente cambiare. Quantità e violenza già si sono imposte d’altronde come i due primari oggetti d’impegno, da un lato del più qualificato ambientalismo (che dà come ndispensabile l’arresto della crescita produttiva), dall’altro del pacifismo (di cui il disarmo è ovvia premessa), p. 187.

Attuale, dieci anni dopo

Per rispondere alla domanda dell’inizio ritengo utile segnalare l’elenco di articoli (alle pp. 80-83) pubblicati da «la repubblica» nel 2007 (l’anno precedente la pubblicazione del libro di Ravaioli qui recensito) sull’argomento ambiente. Leggendo i titoli si potrebbe pensare che siano stati scritti ieri e infatti ci si dispera pensando che se 10 anni fa si lanciavano tali allarmi, che cosa si è fatto nel frattempo per non dover più scrivere articoli così?

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