Come il mondo ha ignorato una settimana di disobbedienza civile Palestinese | Edo Konrad

La violenza della settimana scorsa, e l’attenzione dei media focalizzata sulle violenze, ha oscurato un aspetto centrale della storia: la disobbedienza civile di massa dei Palestinesi

Fedeli Palestinesi riuniti in una preghiera di massa nelle strade di Gerusalemme Est: un atto di disobbedienza civile dopo le ultime iniziative messe in atto da Israele per l’accesso alla Moschea di Al-Aqsa, Wadi Joz, il 21 luglio 2017. (Yotam Ronen/Activestills.org)

 

Per molti Israeliani la violenza esplosa nelle scorse settimane intorno al Monte del Tempio /Haram al-Sharif è poco più dell’ovvio risultato dell’intransigenza dei Musulmani di fronte alle legittime preoccupazioni di Israele per la sicurezza. Del resto, di questo soprattutto si è parlato, sia da parte della leadership Israeliana sia dei media. Per i Palestinesi, d’altra parte, i metal detector installati la settimana scorsa dalle autorità di Israele all’ingresso del complesso di Al-Aqsa hanno suscitato indignazione e proteste.

Quella manifestazione di protesta era la risposta alla decisione del governo di installare dei metal detectors — nonostante il parere contrario delle Forze di Difesa Israeliane (Israel Defense Forces: IDF) e del Shin Bet Shin Bet (l’agenzia di intelligence per gli affari interni di Israele): una decisione che alla fine ha portato alla morte (per mano delle forze di sicurezza israeliane) di quattro Palestinesi che protestavano, e all’uccisione brutale di tre coloni Israeliani attaccati nella stessa notte da un Palestinese. Ma la violenza, e l’attenzione dei media tutta rivolta agli spargimenti di sangue, hanno cancellato un aspetto cruciale della storia: la disobbedienza civile dei Palestinesi.

Dobbiamo capire che è stata messa in atto una importante protesta nonviolenta a Gerusalemme Est, che si è protratta per più di una settimana”, dice Aviv Tatarsky, un ricercatore che lavora sul campo per una Organizzazione Non Governativa di Gerusalemme, Ir Amim, con l’obiettivo di creare nella città condizioni di vita più eque per tutti i residenti. “La decisione di boicottare i metal detectors, di astenersi dal raggiungere la spianata della Moschea di Al-Aqsa, il flusso continuo di persone nei pressi dei cancelli, le preghiere di massa: tutte queste azioni sono state manifestazioni di disobbedienza civile. E in quanto tali sono una forma legittima di protesta – sia che la condividiamo o no”.

Per Israele considerare come ‘nonviolente’ le proteste a Gerusalemme Est è strano, per non dire scandaloso, perché i metal detectors sono stati installati dopo l’uccisione di ufficiali della Polizia di Frontiera proprio in quel luogo solo due settimane prima, e perché tre Israeliani erano stati assassinati pochi giorni prima”, prosegue Tatarsky. “Ma per poter capire la nonviolenza delle proteste, il pubblico di Israele deve imparare a distinguere le azioni individuali – che non sono nemmeno state compiute a Gerusalemme Est – dal movimento di protesta di massa che include la maggior parte della società civile Palestinese a Gerusalemme”.

Fedeli Palestinesi pregano presso il Lions’ Gate all’entrata del complesso di Al-Aqsa. Le autorità Israeliane hanno installato dei metal detector all’esterno del sito dopo un attacco da parte di cittadini Israeliani Palestinesi contro le forze di sicurezza Israeliane, il 16 luglio 2017. (Yonatan Sindel/Flash90)

 

La rivista +972 Magazine ha posto alcune domande a Tatarsky a proposito della delicata situazione attuale presso il Monte del Tempio (la Spianata delle Moschee), della possibilità di metter fine alle violenze, e della mancata volontà dei media a documentare la nonviolenza Palestinese.

Come vengono interpretati gli eventi della scorsa settimana da parte dei Palestinesi ?

Tutti i Palestinesi sanno che cosa prova quando le misure di sicurezza di Israele limitano la loro libertà e violano i loro diritti — spesso senza valide ragioni. Si va dai controlli occasionali in mezzo alle strade ai check-points, fino a sbarrare il passaggio per interi quartieri. I metal detectors sono stati installati due giorni dopo che era stato impedito ai Palestinesi di entrare nella Città Vecchia, mentre gli ebrei e i turisti erano liberi di circolare. La maggior parte degli Israeliani non riesce a capire che quelle che essi considerano come delle legittime “misure di sicurezza” vengono considerate dai Palestinesi come una forma di punizione collettiva.

Le forze Israeliane sparano gas lacrimogeni sui Palestinesi che stanno pregando nel quartiere di Ras al-Amud, a Gerusalemme Est, 21 luglio 2017. (Oren Ziv/Activestills.org)

Bisogna tener presente che è facile che esploda la violenza in una situazione di tensione in cui le forze armate Israeliane si trovano faccia a faccia con i manifestanti Palestinesi carichi di rabbia. Qualche volta è la polizia che inizia la violenza, altre volte sono i dimostranti. Indipendentemente da ciò, una componente prevalente delle proteste praticava la nonviolenza su base giornaliera, fronteggiando coraggiosamente le forze di sicurezza armate, che potevano usare la violenza in qualsiasi momento.

Questo ‘status quo’ di cui si sente tanto parlare: di che cosa si tratta?

Dal 1967 il Waqf (Fondazione Islamica per beneficenza) ha ricevuto l’incarico di sovrintendere l’ingresso al Monte del Tempio /Haram al-Sharif. Il personale Israeliano addetto alla sicurezza, installando i metal detectors, di fatto ha esautorato l’autorità del Waqf: si tratta di un effettivo cambiamento dello status quo. Fino al 2000, con il manifestarsi della Seconda Intifada, il Waqf decideva chi poteva o non poteva accedere al Monte del Tempio/Haram al-Sharif. Nel 2003 Israele riprese ad autorizzare l’accesso al sito ai non-Musulmani, ma fu fermato dall’esplodere dell’Intifada. Allora sottrasse al Waqf il diritto al controllo della Porta di Mughrabi Gate, attraverso la quale i non-Musulmani possono accedere al sito. Da allora, in particolare dal moltiplicarsi degli scontri, negli ultimi anni, tra la forze di sicurezza Israeliane e i Palestinesi – di solito in risposta all’ingresso di Ebrei al Monte – membri del Waqf hanno ripetutamente chiesto che venisse loro restituita l’autorità di controllo della Porta, spingendosi addirittura fino a proporre di concordare condizioni specifiche di ingresso per gli Ebrei. Installando i metal detectors, i membri del Waqf ritengono che la polizia abbia ulteriormente sottratto ai Musulmani il controllo dell’accesso al Monte.

Come mai la società Israeliana non ha prestato attenzione alle proteste nonviolente?

Credo che questo abbia a che fare con il fatto che i media Israeliani hanno completamente taciuto sugli aspetti nonviolenti delle proteste. Si può pensare che i giornalisti Israeliani soffrano dello stesso pregiudizio dei loro lettori: sono così sicuri che la resistenza Palestinese automaticamente implichi violenza, che sono incapaci di identificare forme diverse di protesta.

Non dimentichiamo che i media hanno svolto un ruolo nella crisi. E’ vero che è stato il governo Israeliano a prendere la decisione sbagliata di installare i metal detectors, ed è anche responsabile di non aver accettato di sgombrarli. Ma quando i politici agiscono in modo irresponsabile il pubblico ha il diritto di pretendere che tornino sulle loro decisioni. Se il pubblico di Israele fosse stato informato degli aspetti nonviolenti della protesta, alcuni settori della popolazione avrebbero capito che la disobbedienza civile è un modo legittimo per avanzare delle richieste politiche. In una situazione di protesta nonviolenta l’esito auspicato è l’avvio di una negoziazione con i rappresentanti dei dimostranti.

Palestinesi durante una preghiera serale collettiva nei pressi della Città Vecchia di Gerusalemme. 23 luglio 2017. (Activestills.org)

 

Invece, la decisione di rimuovere i metal detectors in risposta a una protesta violenta viene interpretata come “una resa al terrore”. In un simile scenario, semplicemente la società civile Israeliana non ha avuto la possibilità di esercitare pressione sul governo perché rimuovesse i metal detectors.

Qual è la stato delle manifestazioni nonviolente in questo momento?

La maggioranza dei Palestinesi a Gerusalemme Est sta mantenendo un atteggiamento moderato. Nonostante gli scontri violenti, le preghiere nonviolente di massa continuano ad essere una delle componenti più importanti della protesta. Potrebbe davvero succedere – anche a questo punto – che trovando una soluzione per i metal detectors si possa ritrovare la calma e metter fine alla violenza.

E’ ancora possibile a questo punto?

E’ difficile suggerire una soluzione soddisfacente. Indipendentemente dalla nostra opinione su quale potrebbe essere l’esito più auspicato, è facile vedere che entrambe le parti avrebbero difficoltà ad accettare una soluzione che li presenti come perdenti. D’altra parte, finché entrambi continuano a rilanciare, la crisi rischia di continuare ed esasperarsi ulteriormente. Di base comunque c’è il fatto che Israele non può prendere decisioni unilaterali sull’accesso al Monte del Tempio /Haram al-Sharif. Un coordinamento con il Waqf è necessario, perché questo Ente da un lato protegge i diritti dei fedeli Musulmani, e d’altra parte la sua legittimità è riconosciuta dal pubblico Musulmano. Un coordinamento implica anche un riconoscimento dell’autorità del Waqf nell’accesso alla Spianata.

La violenza che si è manifestata a Gerusalemme negli ultimi anni è espressione della debolezza della leadership a Gerusalemme Est: con essa le autorità Israeliane avrebbero dovuto instaurare un dialogo. Ogni volta che si manifesta una crisi Israele paga un prezzo per questa debolezza. La crisi in atto oggi sta portando a una nuova leadership a Gerusalemme Est, più popolare. Se Israele capisce che deve avviare un dialogo con questa nuova entità, la crisi attuale può ancora portare a un cambiamento positivo nella città.


24 luglio 2017 http://972mag.com/why-the-world-missed-a-week-of-palestinian-civil-disobedience/128886/

Traduzione di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis

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