Il Bangladesh e il cambiamento climatico

Elena Camino

Secondo il rapporto della Banca Mondiale, ‘Turn Down the Heat: Climate Extremes, Regional Impacts, and the Case for Resilience’, uscito nel giugno 2013, 40 milioni di persone in Bangladesh entro il 2050 perderebbero i loro mezzi di sussistenza e 30 milioni sarebbero sfollati all’interno del paese o emigrati. Andrebbero a incrementare il numero dei rifugiati ambientali già ampiamente presenti nelle nostre baraccopoli urbane, a seguito di annuali inondazioni ed erosione degli argini. Questo aggraverebbe le condizioni di vita mettendo completamente in crisi infrastrutture urbane e servizi fino a costituire una minaccia esistenziale.

In Bangladesh il 66 per cento delle ragazze si sposa prima dei diciotto anni e più del 30 per cento prima dei quindici anni. Negli ultimi tempi il fenomeno si è aggravato a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, che spingono sempre più persone a lasciare la campagna per trasferirsi a Dhaka.

Per i contadini, abituati a coltivare la terra e allevare il bestiame nei villaggi, è molto difficile mantenere una famiglia nella capitale. Per liberarsi di quello che considerano un peso economico, sempre più spesso i genitori fanno sposare le figlie in età giovanissima, anche se devono indebitarsi per pagare la dote. Se lo sposo non riceve la dote, infatti, può rifiutare la moglie o arrivare a torturarla. Secondo le stime nel 2040 gli sfollati interni saranno più di dieci milioni. (Da Internazionale: “Bangladesh. Il legame tra i cambiamenti climatici e le spose bambine – 24 maggio 2017)

L’elevata densità di popolazione, e la conformazione geografica – con vaste aree del Paese situazione a meno di 10 metri sul livello del mare – rendono drammatiche le prospettive del Bangladesh, che a causa dei cambiamenti climatici in corso subirà con frequenza crescente alluvioni e inondazioni.

Sono numerosi i video disponibili su internet che documentano gli effetti delle recenti alluvioni. Ne segnaliamo due, in cui le immagini parlano da sole, anche senza bisogno dei commenti verbali che non siamo in grado di tradurre.

http://www.youtube.com/watch?v=UJ80AGph9eI

Ma chi sono le persone che vivono in condizioni così precarie? L’articolo che segue ci permette di capire un po’ meglio la storia e le condizioni di vita degli abitanti dei ‘char’ , gli isolotti di sabbia e limo che si formano e si disfano di continuo lungo il fiume Brahmaputra.


Le lotte degli abitanti dei banchi di sabbia | Ratna Bharali Talukdar

Hasan Ali è uno dei 2,4 milioni di persone che vivono in ‘char’, banchi di sabbia temporanei sul fiume Brahmaputra, senza elettricità, assistenza medica o altri servizi, costrette a un cambio continuo di abitazione a causa del fluire costante e imprevedibile del fiume.

Il disegno illustra il meccanismo di formazione dei ‘chars’ sul fiume.

La vita di Hasan Ali è fragile quanto il char su cui vive. Diversamente dai molti “abitanti” dei char, che si trasferiscono sull’argine del fiume o anche al di là quando questo erode la loro terra, Ali si è spostato verso un char partendo dal villaggio di Panikhaiti lungo la riva. Ha fatto dunque un viaggio al contrario, nel segno dell’incertezza1.

“Quando le inondazioni e la successiva erosione delle sponde spazzarono via le nostre case tre mesi fa, lasciandomi senza un soldo, mi sono trasferito in questo char, dove almeno ho potuto erigere un tetto sopra la mia testa per sopravvivere” dice Ali.

Ali possedeva tre bigha ( sette bigha equivalgono a un ettaro) di terre coltivabili quando si stabilì nel char con la sua famiglia, ma l’intero appezzamento andò perduto a causa dell’erosione degli ultimi tre anni. Non ha idea di dove andrà la prossima volta, quando un’altra erosione del char lo costringerà nuovamente a spostarsi. I char sono strisce di terra o piccoli isolotti di sabbia che si creano nei punti in cui il fiume si ramifica; sono formati dal possente Brahmaputra, che si estende nella parte nord orientale dell’Assam per 728 km. Questi isolotti occupano circa il 5 % dell’area totale dello Stato e sono dispersi tra 14 distretti e 55 province.

Nel 2014 l’ Assam Human Development Report dichiarò che i char costituiscono una parte integrante del processo fluviale del fiume e dei suoi affluenti. I frammenti di terra sospesi e il materiale che si solleva dal letto del fiume si combinano durante le alluvioni creando queste formazioni a forma di mandorla. Il loro suolo alluvionale è ideale per diverse colture tra cui la senape, la canna da zucchero, la iuta, le arachidi, il sesamo, le patate e altri vegetali. Ma l’altezza di un char non si rivela mai abbastanza da resistere alle inondazioni, che minacciano costantemente di distruggerlo.

Nella valle del Brahmaputra ci sono 2.251 villaggi-char, che danno sostentamento a più di 2,4 milioni di persone; secondo il Socio-Economic Survey Report2 ( le cui stime più recenti ed accessibili risalgono agli anni 2002-2003), più del’90 per cento della popolazione migrante, di origine musulmana, proviene dalle regioni del Bengala orientale.

Il governo coloniale britannico, nel tentativo di estrarre risorse dalle terre coltivabili, incoraggiò i contadini poveri a migrare dal Bengala orientale per coltivare questi char. Le generazioni che sono cresciute qui parlano sia un dialetto Bengali che l’ Assamese.

Il char in cui Ali vive ha tre nomi differenti : Panikhaiti ( la parte orientale in cui vive); Lakhichar ( nel centro); Morishakandi ( la parte occidetale). Ognuno si riferisce al villaggio d’origine da cui gli abitanti provengono.

Ci vogliono circa 25 minuti dalla riva per raggiungere il char su una bhutbhuti, una piccola imbarcazione a motore. Il fiume, tra il char e la riva, attualmente è largo tre chilometri; si pensi che dieci anni fa, solamente un piccolo affluente del Brahmaputra separava il char e il villaggio di Panikahiti dalla riva del fiume. Il char, che ha le dimensioni di circa due chilometri di larghezza e lunghezza, attualmente ospita più di 800 famiglie sfollate.

Nelle case incontriamo solamente gli anziani, le mamme e i bambini. Mentre le ragazze giovani qui aiutano nei lavori di casa e iniziano a sposarsi a 14 – 15 anni, molti dei ragazzi migrano in cerca di lavoro. Si dirigono a Guwahati e in altre città del Nord-Est, o addirittura fino a Delhi, Mumbai o Chennai per lavorare come operai, braccianti, addetti alla sicurezza o come parte dello staff negli hotel. Ognuno di loro racconta storie simili, segnate dalle difficoltà dello spostamento. Anche il figlio di Ali – dopo aver completato gli studi della scuola secondaria – è emigrato a Guwahati per mantenere la famiglia.

Solitamente gli uomini più anziani non migrano, perché non vengono assunti dagli imprenditori; continuano a lavorare nei loro appezzamenti di terra o come braccianti agricoli in altre aziende. Allo stesso modo Ali, ormai sulla sessantina, sopravvive di pesca guadagnando a malapena 1500 rupie al mese. Suo figlio è solito inviare altre 1500 rupie a casa, per sostenere la famiglia. Ali ha sette figli; quattro delle sue figlie sono state date in sposa molto giovani; la quinta sta per compiere 13 anni e presto si sposerà.

Quando gli facemmo visita, Ali ci dedicò un po’ di tempo per parlare, perché non si era recato, come di consueto, al mercato settimanale al di là del fiume, che è anche un luogo di ritrovo per gli abitanti del char. “Il mercato ci è indispensabile per i beni di prima necessità. Il prezzo per un viaggio di andata e ritorno è di 20 rupie, che purtroppo non ho” dice Ali. In assenza di un servizio statale, barche a motore private sono l’unico mezzo di trasporto a disposizione.

Il consiglio direttivo delle Char Areas realizza alcuni programmi specifici per lo sviluppo di queste zone, lavorando in collaborazione con le amministrazioni del distretto. Il char di Panikhaiti ha due scuole primarie gestite dal governo. Chiunque volesse proseguire con gli studi dovrebbe tenere in considerazione il costo giornaliero del trasporto al di là del fiume, causa rilevante dell’abbandono scolastico.

A Panikhaiti si trova anche un centro medico, ma è privo di tetto e invaso dalla vegetazione, tanto da sembrare abbandonato.

A detta della gente del luogo di tanto in tanto un’infermiera ostetrica ausiliare fa visita al char, ma preferisce lavorare a casa di qualcuno piuttosto che recarsi al centro. Per un’ emergenza sanitaria bisogna attraversare il fiume e camminare per tre chilometri per raggiungere il più vicino centro di assistenza primaria, che si trova a Sontali.

“ Dopo il disastro dell’alluvione nel settembre 2016, nessun ufficiale sanitario ci fece visita. L’unica iniziativa di soccorso da parte del governo fu la distribuzione di due chili di mangime per gli animali”, ci racconta Ali. Sulle pareti, fatti di canne di iuta, si possono ancora vedere i segni che l’acqua ha lasciato, sommergendo le loro case.

I char sono privi di sistema fognario, e in quasi tutte le famiglie ci sono persone colpite da diarrea, in particolare dopo un’alluvione. Anche l’accessibilità all’acqua potabile rappresenta un ostacolo per le famiglie: gruppi di dieci famiglie dipendono da una sola tubazione, che mantengono a proprie spese. L’elettricità è un miraggio ancor più distante, e nessuna famiglia possiede lampade a energia solare. Al contrario, fanno ancora affidamento al cherosene, che costa 35 Rupie al litro. Persino la radio viene considerata un lusso.

“ La vita sui char sarebbe migliore se questi isolotti durassero almeno vent’anni. Ma questo non accade. A malapena arrivano a dieci. Ogni volta, appena abbiamo guadagnato qualche soldo e ci sentiamo pronti a cominciare una vita stabile, ecco che un’altra inondazione arriva, obbligandoci a spostarci di nuovo” dice Ali.

“ Questa è la nostra storia, la storia di ogni abitante dei char. La mia storia, comunque, non finisce qui…” e Ali comincia a raccontarci la storia del suo secondo figlio, un giovane di 18 anni, studente al college di Barpeta, in Assam, che sta si preparando all’esame di ammissione alla facoltà di medicina. Ali non ha potuto permettersi le spese per l’istruzione superiore del primo figlio, ma con l’aiuto degli insegnanti il secondo sta continuando a studiare. “E’ determinato a iscriversi a medicina. Non so come troveremo i soldi, non so neppure se supererà l’esame di ammissione”. Ma l’espressione di Ali rivela che nutre ancora la speranza che, in futuro, la vita prenderà un nuovo corso.


1 Panikhaiti è un villaggio nel panchayat di Mahtoli nel distretto di Kampur, in Assam.

2 Questo sondaggio è stato pubblicato dal consiglio amministrativo del Char Areas Development, governo dell’Assam.


Struggles of the sandbar people
06. January. 2017, Ratna Bharali Talukdar http://ruralindiaonline.org/articles/struggles-of-the-sandbar-people/
Traduzione a cura di Martina Mazzoni

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