Quale sostenibilità per il mondo virtuale?

Elena Camino

Da slow food a slow tech?

ITC – Information Communication Technology (in italiano: Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione) è la sigla che definisce un campo ormai vastissimo dell’attività umana, che comprende i mezzi materiali (dai computer e cellulari ai server, alle antenne per le telecomunicazioni, ai centri di programmazione) che da alcuni decenni consentono alle persone di comunicare rapidamente e con costi (apparentemente) modesti a distanze di migliaia di km.

Su questo tema, che ormai condiziona la vita personale e collettiva dell’intera umanità, è intervenuto qualche tempo fa presso il Centro Studi Sereno Regis il Prof. Norberto Patrignani, Docente di Computer Ethics al Politecnico di Torino, Expert per la UE Commission all’European Research Council (ERC). Il 28 marzo 2017 questo studioso ha proposto alcune riflessioni con una conversazione dal titolo “Slow tech: per un’informatica buona, pulita e giusta”

L’invito all’incontro era stato accompagnato da una serie di domande:

  • Internet: una rete con infinite nuove possibilità o una rete che ci impiglia?
  • Le materie prime per l’informatica sono destinate a esaurirsi?
  • I motori di ricerca appartengono ad aziende commerciali. E’ inevitabile? E’ giusto?
  • Possiamo delegare ai robot la decisione di uccidere in guerra?
  • E’ giusto che le pubbliche amministrazioni acquistino software proprietario?
  • E’ vero che lo sviluppo del web ha ‘smaterializzato’ i sistemi di comunicazione?
  • Che implicazioni ha la perdita dei messaggi corporei nella comunicazione informatica?
  • Gli informatici professionisti dovrebbero avere un codice deontologico?
  • Società dell’informazione o società della sorveglianza?
  • Quali influenze può avere la comunicazione informatica sui modelli relazionali e sullo sviluppo emotivo?

Durante questo incontro Patrignani ha offerto una visione estremamente ampia, articolata e aggiornata dell’argomento, a partire dagli aspetti storici (il ruolo dell’informatica della 4° rivoluzione industriale, il passaggio dalla gestione analogica a quella digitale dei dati, l’invenzione dei cloud computing) fino all’affermarsi della nuova tecnologia nel settore dell’economia:

L’informazione sarà ‘il petrolio del 21° secolo… sarà la risorsa che alimenterà la nostra economia, in modi che in passato erano impossibili” (Information will be the ‘oil of the 21st century’. … It will be the resource running our economy in ways not possible in the past.” (Peter Sondergaard, 2010).

La straordinaria trasformazione dell’economia mondiale è dimostrata dalla presenza dell’informatica ai primi posti del mercato: Apple, Alphabet, Microsoft, Facebook e Amazon sono presenti nella classifica delle prime dieci Compagnie, e i loro bilanci sono superiori a quelli di intere nazioni (il bilancio della Apple, per esempio, è superiore a quello del Belgio).

Introducendo la sua presentazione Patrignani ha accennato ad alcuni dei problemi che – come è avvenuto per ogni innovazione tecnologica – sono emersi con il suo affermarsi e consolidarsi: problemi di privacy, ricadute ambientali e sociali. Richiamandosi alla propria esperienza professionale presso l’Olivetti di Ivrea, Patrignani ha richiamato, a conclusione di questa prima carrellata sul tema ITC, la figura di Adriano Olivetti (1901-1960) il quale, in un discorso tenuto ai lavoratori della sua azienda nel 1955, chiedeva: “Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti?”1

Un pensiero va anche ad Alexander Langer (1946 – 1995): “… Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile? “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più dolce) al posto di “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte)”2.

Con queste citazioni Norberto Patrignani introduce l’interrogativo centrale della sua riflessione: è possibile, e come, sviluppare un’informatica buona, pulita e giusta? Il termine ‘Slow tech’ riprende volutamente il motto ‘Buono, pulito e giusto’ che accompagnò nel 1986 la fondazione dell’Associazione ‘Slow food’, nata per difendere la centralità del cibo e il suo giusto valore. Carlo Petrini, il suo fondatore, è impegnato da molti anni ormai a promuovere un nuovo modello di agricoltura sostenibile e di qualità, e a diffondere la cultura del gusto e della convivialità.

Attenzione al pianeta, attenzione alle persone

Il relatore entra poi nel merito degli aspetti più concreti di questa nuova tecnologia, che deve tener conto sia dei limiti del pianeta, sia delle ricadute sulle persone che ne vengono coinvolte, direttamente o indirettamente.

Per quanto riguarda il pianeta, le stesse problematiche che affliggono altre attività umane (industria, agricoltura, trasporti) sono presenti anche nel campo dell’informatica, che contribuisce sia all’esaurimento delle risorse materiali ed energetiche, sia alla produzione di rifiuti e a specifici inquinamenti. Basti pensare al grandissimo successo degli ‘smartphones’ e alla loro brevissima durata: nel 2014 in USA circa la metà di essi sono stati buttati via, rimpiazzati da nuovi modelli.


La miniaturizzazione dell’informatica è stata accompagnata da una crescente ‘intensità di materiale’: per costruire un singolo microchip si ‘movimenta’ una quantità di materia migliaia di volte superiore.

Rilevanti sono anche i consumi di energia necessari sia per la fabbricazione che per l’uso:

non bisogna dimenticare infatti che i ‘terminali’ (PC, tablet ecc.) hanno bisogno di essere alimentati, così come i centri di elaborazione dei dati e le potenti memorie che ospitano gli archivi: le fonti di energia che svolgono questo ruolo indispensabile sono per la maggior parte combustibili fossili, petrolio e carbone, che contribuiscono ad aumentare l’effetto serra e – quindi – il cambiamento climatico.

In un regime di ‘economia lineare’ in cui la catena produttiva non prevede il riciclaggio degli oggetti prodotti, è inevitabile che all’aumento esponenziale delle vendite corrisponda un aumento altrettanto massiccio e rapido dei rifiuti: questa mappa mette in evidenza la drammaticità della situazione mondiale, dove la presenza di una rete internazionale illegale contribuisce a orientare i flussi dei rifiuti informatici verso le aree più povere e meno regolamentate del globo.

fonte: Silicon Valley Toxics Coalition, 2007, Wall Street Journal, September 23, 2004

Mentre la mappa qui sopra dà un’idea dello scenario globale, la foto qui sotto contribuisce ad aumentare la consapevolezza delle drammatiche conseguenze sanitarie che questi cumuli di rifiuti – spesso tossici – producono sulle persone che vivono nei pressi di queste enormi discariche abusive.

Agbogbloshie (Accra), Ghana, Africa

Vite trasformate dall’informatica

La vita quotidiana delle persone (l’educazione, la realizzazione delle proprie potenzialità, il lavoro, la vita di relazione) è stata profondamente modificata dalla rivoluzione digitale: paradossalmente, il moltiplicarsi di opportunità si accompagna con una crescente ristrettezza della disponibilità di tempo. L’attenzione, la cura, il tempo per riflettere o da dedicare agli altri diventano risorse scarse; l’invasione della sfera privata fa nascere problemi di privacy, il sovraccarico di informazioni crea ansia, si acuisce lo squilibrio tra esperienze vissute ed esperienze virtuali.

L’utilizzo crescente di motori di ricerca poco trasparenti, e di programmi che non consentono la partecipazione diretta ai processi decisionali, rende sempre più difficile ai cittadini esercitare I propri diritti democratici. Un esempio drammatico di perdita di controllo è lo sviluppo dei sistemi informatici nel settore militare: dai sistemi satellitari di controllo degli spazi aerei, alla costruzione di robot in grado di uccidere il ‘nemico’ senza l’intervento umano diretto, la rivoluzione informatica ha consentito di attenuare e mascherare il senso di responsabilità dei principali attori dei conflitti armati, che ingannano il pubblico confondendo il processo decisionale, che è un’attività computazionale (eseguibile da un robot in quanto si può programmare), con il processo di scelta, che è il risultato di un giudizio, non di un calcolo, e comporta una assunzione di responsabilità da parte di un soggetto umano.

Patrignani, citando Deborah Johnson, autrice di un libro su Etica e Computer3, invita il pubblico a riflettere sul fatto che la tecnologia non è fatta solo di oggetti, ma di oggetti integrati nelle pratiche sociali, quindi carichi di significato sociale: questa consapevolezza è necessaria per cogliere il collegamento tra Etica e Tecnologie Informatiche: “Recognition that technology is not just artifacts, but rather artifacts embedded in social practices and infused with social meaning, is essential to understanding the connection between Ethics and IT“.

Etica professionale per gli esperti informatici

Già uno dei padri dell’informatica, Norbert Wiener4, nel 1950 aveva osservato che la rivoluzione informatica era un’arma a doppio taglio, e aveva la potenzialità di portare grandi benefici, ma anche di distruggere l’umanità

La casistica sui benefici è ampia: ha reso possibile soddisfare le necessità di persone con handicap fisici, di facilitare l’inclusione linguistica di minoranze e di comunità svantaggiate, di migliorare e rendere accessibili con rapidità molte prestazioni sanitarie, di ridurre gli spostamenti permettendo alle persone di comunicare efficacemente per via telematica. Ma è indubbio che grazie all’informatica sono state rivoluzionate le strategie militari, i sistemi d’arma, i modi di fare la guerra.

Norberto Patrignani richiama l’attenzione del pubblico sull’importanza di definire e formare la figura professionale dei tecnici informatici, come avviene a livello internazionale da parte della International Federation for Information Processing (IFIP)5: oltre ad essere tecnicamente preparato (e saper usare la tecnologia corretta a seconda del problema da affrontare), il professionista informatico deve essere socialmente responsabile, e cercare le soluzioni ai problemi secondo criteri di sostenibilità. Inoltre deve avere un solido fondamento etico, per assicurare che la tecnologia venga usata per scopi giusti.

Slow tech: qualche suggerimento

Il relatore conclude la sua conversazione con alcune considerazioni e qualche esempio di ‘informatica lenta’: per progettare e sviluppare tecnologie che siano buone, pulite e giuste si può operare a vari livelli. Sulla necessità di rallentare certi ritmi che condizionano le nostre vite Patrignani propone una riflessione tratta da un recente libro di Hartmut Rosa6: “La vita moderna è in costante accelerazione. Gli strumenti che ci permettono di risparmiare tempo hanno ormai raggiunto un enorme livello di sviluppo grazie alle tecnologie di produzione e comunicazione,

eppure l’impressione di non avere abbastanza tempo non è mai stata cosí diffusa. In tutte le società occidentali, le persone soffrono della mancanza di tempo e si sentono in dovere di correre ancora piú in fretta, non tanto per raggiungere un obiettivo, ma per non perdere posizioni..”.

A livello material occorre agire nella selezione dei componenti, nell’orientamento sulle fonti energetiche, nell’attenzione al riciclo. A livello sociale, assicurando condizioni di lavoro eque nelle fabbriche; a livello progettuale, curando le prospettive e I punti di vista di tutti i soggetti coinvolti. Patrignani presenta l’ esempio interessante7 di una piccola realtà imprenditoriale che propone al pubblico un oggetto – il Fairphone8 – frutto di una progettazione attenta a diversi aspetti che ne assicurano la ‘sostenibilità: la modularità, che assicura la possibilità di ricambi di parti, quindi una maggiore durata; la trasparenza nelle relazioni tra progettisti e realizzatori, che permette di verificare l’adeguatezza di luoghi di lavoro e di stipendi degli operai; il prelievo di materie prime in luoghi non implicati in conflitti armati.


NOTA. Il relatore ha messo gentilmente a disposizione di chi fosse interessato
le slide utilizzate durante l’incontro,
che si possono scaricare a questo link.


La sfida della sostenibilità a lungo termine dell’ICT

Alcuni degli organizzatori dell’incontro, interessati ad approfondire il tema della ‘slow TECH’, hanno chiesto a Norberto Patrignani se era disponibile a scrivere un articolo da pubblicare su una rivista – “Visions for sustainability9 – che si propone di promuovere dialogo e confronto tra modi diversi di intendere il concetto di sostenibilità e di realizzarlo nella pratica. La rivista è rivolta a ricercatori e studiosi di vari ambiti disciplinari, dalle scienze naturali agli studi tecnici e umanistici, dall’arte alle pratica spiritual, e li invita a confrontare le loro diverse prospettive. L’Autore ha accettato, e l’articolo è in corso di pubblicazione nel Volume n.ro 7 della rivista, in uscita nel giugno 2017, con il titolo: “”The Challenge of ICT Long-Term Sustainability”. Invitando i lettori a leggerlo nella sua versione completa (che è in lingua inglese), ne proponiamo qui una sintesi in italiano.

Introduzione

Fino al 2013 sono stati pochi i ricercatori che hanno indagato la ‘spiacevole realtà’ che si nasconde dietro alla produzione, all’uso e allo smaltimento della moderna tecnologia informatica. Con la prima Conferenza ICT4S, ICT for Sustainability, realizzata a Zurigo nel 2013, si è aperto un nuovo, vasto campo di indagine per rispondere alla domanda: “è possibile chiudere il ciclo produzione – uso – smaltimento per l’ICT? E quanto a lungo tale ciclo sarà sostenibile?”

Produzione

L’estrazione continuativa, prolungata nel tempo, di materie prime è un processo irreversibile, che implica una disponibilità sempre più scarsa, e costi in crescita. Per produrre tecnologie informatiche è necessaria una gran varietà di materiali, alcuni dei quali rari, altri la cui estrazione è accompagnata da conflitti sanguinosi, altri ancora che si trovano in aree ambientalmente fragili; taluni sono tossici sia durante la fase estrattiva che dopo lo smaltimento. Inoltre l’energia necessaria per la costruzione delle singole parti e per l’assemblaggio sta diventando molto significativa: secondo Greenpeace (2017) l’energia che è stata consumata solo per la produzione di smartphones è stata finora di 700 TWh: per avere un paragone, l’Italia nel 2016 ha consumato 310 TWh, meno della metà.

Uso

Naturalmente l’ ICT può essere usata per de-materializzare i processi, favorendo la transizione verso un’economia meno ‘pesante’, ma la crescita esponenziale e la complessificazione di questo settore sta compromettendo i vantaggi del passaggio dagli atomi ai bit. Uno smartphone richiede

5 KWh all’anno, ma è del tutto inutile se non lo si connette a una rete che comprende, oltre al terminale, anche i giganteschi centri di calcolo del ‘cloud computing’, che consumano il 10% dell’energia e stanno aumentando al ritmo del 25% all’anno. La rete (trasmissione dei dati, router, canali ecc.) consuma circa il 20%, e gli accessi fissi (fibre, ADSL ecc.) il 45%. Questo implica una elevata produzione di CO2, che contribuisce ad aumentare l’effetto serra.

Benvenuti al mondo senza fili

Anche l’uso di canali senza fili pone problemi: lo spettro delle onde elettromagnetiche è un ‘bene comune’, che tuttavia ora viene messo in vendita in diversi paesi. In effetti è un bene limitato (come la materia e l’energia) perché le frequenze utili sono comprese in una banda (radio-onde, micro-onde e infrarossi fino a 428 THz), e non si possono usare frequenze molto vicine tra loro, perché si produrrebbero delle interferenze. Per questi motivi si è aperto un immenso mercato, e queste onde elettromagnetiche si sono diffuse in modo pervasivo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attraverso l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (International Agency for Research on Cancer, IARC), ha classificato le onde utilizzate dall’ICT dichiarandone alcune “potentialmente carcinogeniche per le persone“. In attesa di risultati più sicuri, viene consigliato a tutti gli utilizzatori un approccio precauzionale, soprattutto in caso di lunghe esposizioni.

Samltimento

In tutte le apparecchiature ICT sono contenute molte sostanze pericolose, quindi il loro smaltimento implica un elevato rischio ambientale. Le cifre sono impressionanti: nel 2014 sono stati prodotti circa 42 milioni di tonnellate di materiale informatico, di cui 3 milioni solo di smartphones. E la montagna sta crescendo, nonostante che – da un lato – ci siano sicuri impatti ambientali, e dall’altro che questi oggetti contengano una gran quantità di materiali potenzialmente utilissimi, quindi riciclabili. L’intera comunità ICT dovrebbe quanto prima farsi carico di questo problema: sopratutto i Paesi occidentali, che ne sono maggiormente responsabili.

La prima azione da fare è riciclarne il più possibile le parti; altre iniziative riguardano le fasi progettuali: occorre costruire questi oggetti in modo che possano essere riparati, e durare molto più a lungo.

Conclusioni

La comunità ICT, che comprende progettisti, utilizzatori professionali e venditori, deve prendere in seria considerazione la necessità di intervenire sul ciclo di vita degli oggetti informatici. Anche I consumatori finali hanno delle responsabilità, visto che in alcuni paesi il 50% delle persone cambia il suo telefono cellulare almeno una volta all’anno! Si tratta di ritmi che la Terra non può sostenere. Anche gli economisti devono fare la loro parte, facendo proprio il nuovo concetto di ‘economia circolare’ e sviluppando una visione sistemica e interconnessa dei processi naturali.

Norberto Patrignani conclude il suo articolo citando le parole di un sociologo tedesco, Hartmut Rosail quale sottolinea il curioso paradosso della società contemporanea che, pur avendo guadagnato molto tempo grazie alle moderne tecnologie, sente sempre più che “le manca il tempo”. Per risolvere questo paradosso conviene rivedere soprattutto il settore ICT, e riorganizzarne con saggezza la produzione, l’uso e lo smaltimento.


NOTA. La sintesi in italiano dell’articolo di Norberto Patrignani è stata eseguita da Elena Camino per il CSSR.

1 Adriano Olivetti, 23 Aprile 1955 Discorso “Ai lavoratori di Pozzuoli”, per l’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli. Tratto da: A.Olivetti (1959), “Citta’ dell’uomo”, Edizioni di Comunita’, Milano.

2 Alexander Langer, 10 Settembre 1994 Intervento ai Colloqui di Dobbiaco 94 su “Benessere ecologico” in “Il viaggiatore leggero. Scritti 19611995”, Sellerio, Palermo 2011, p.145

3 Johnson, D. (1985), Computer Ethics, First Edition, Englewood Cliffs, NJ: PrenticeHall;

4 Wiener N., “The Human Use of Human Beings. The Riverside Press (Houghton Mifflin Co.), 1950.

5 Global Industry Council (GIC) 2020 – Skill Assessment Report August 2015

6 H.Rosa. Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità, Piccola Biblioteca Einaudi, 2015.

7 Già presentato nella Newsletter del CSSR del 16 marzo 2016 (https://serenoregis.org/?s=fairphone)

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