Don Milani. Parole per timidi e disobbedienti

Don Milani. Parole per timidi e disobbedienti

Angela Dogliotti

Andrea Schiavon, Don Milani. Parole per timidi e disobbedienti, Add, Torino 2017, pp. 192, € 13,00

È stato presentato al Salone di Torino il libro di Andrea Schiavon ispirato a don Lorenzo Milani, pubblicato dalle Edizioni Add nella collana “Incendi”. E di un incendio si tratta: il libro, infatti, nasce dalla passione dell’autore per l’esperienza di questo prete scomodo, scoperto per caso leggendo sulle pagine di “Cuore” un articolo in occasione di un anniversario del libro Lettera a una professoressa.

Quelle parole hanno smosso qualcosa, che ha portato l’autore prima ad approfondire le vicende milaniane, poi a intrecciare il discorso della Lettera con la storia scolastica quotidiana dei giovani d’oggi, scoprendo quanto quei messaggi restino attuali.

Il sottotitolo, Parole per timidi e disobbedienti, dice l’intento dell’autore e rivela che cosa di essenziale egli abbia trovato nell’esperienza della Lettera:

“A quei ragazzi che hanno tutte le porte chiuse di fronte, don Milani consegna la chiave per aprirne una, la prima. Quella per uscire dal silenzio […]”.

Dare la parola a coloro che non ce l’hanno, a coloro che non parlano perché si vergognano, a quelli che si sentono estranei, incompresi, rifiutati, ai timidi… a tutte le povertà educative e sociali di ieri e di oggi.

Disobbedienza è un’altra parola chiave, che è facile rintracciare nelle storia personale di Lorenzo:

“Cos’è la disobbedienza, se non uscire da una strada tracciata?” (p. 56),

la strada facile di un rampollo dell’alta borghesia laica e colta, sulle orme di avi illustri, per seguirne una sua, dalla pittura al seminario, a S. Donato di Calenzano, fino al “penitenziario ecclesiastico” di Barbiana,

dove, tra le altre cose, si insegna che l’obbedienza non è ormai più una virtù, partendo dal lavoro su una notizia di giornale che parla di obiezione di coscienza e che alimenterà settimane di lezione.

Cosa dice tutto ciò ai ragazzi di oggi? Come parla loro la scuola della Lettera?

Nell’incontro con loro emerge soprattutto la critica ad una scuola senza uno scopo, dove si fa una gran fatica per nulla, “perché non vedono collegamenti tra le vita dentro e fuori la scuola” (p. 70), ma solo voti, compiti, nozioni da incamerare fino al momento in cui si svuotano nell’interrogazione … “Questa scuola ci danneggia, perché non riusciamo a concentrarci su cosa è veramente importante. Alla fine l’obiettivo è sopravvivere alla giornata e la domanda che rimane è: siamo cresciuti veramente? O abbiamo solo perso tempo?” Sono alcune delle riflessioni di giovani di oggi sulle loro esperienze scolastiche, mentre “[…] la Lettera ti spinge a immaginare una scuola diversa. A chiederti come vorresti che fosse” (pp. 108-110), una scuola per crescere e diventare cittadini sovrani, capaci di comprendere la realtà che ti circonda, di far valere i propri diritti, di riconoscere e saper trarre frutto dalle opportunità della vita, una scuola che sappia aiutarti ad affrontare la complessità del reale.

In una  Lettera ai loro professori scritta da alcuni studenti di oggi c’è un appello che rimanda chiaramente alla Lettera dei ragazzi di Barbiana:

“Avete dedicato anni di studio, fatica e sacrifici per insegnare, ora mostrateci che voi siete mediatori di qualcosa di desiderabile. Fateci vedere che lo sforzo che dobbiamo fare potrebbe riempire le nostre vite, come riempie le vostre”.

Insomma: dateci uno scopo nobile, che ci riveli il senso del nostro stare a scuola, don Milani insegna.

Come risponde la scuola  a questo appello?

Nel libro di Schiavon sono trattati diversi altri aspetti della scuola di Barbiana in relazione alla scuola di oggi, dalle esperienze dei viaggi per imparare le lingue, alla presenza degli stranieri nelle nostre scuole, i “cittadini sovrani di un mondo che non si ferma di fronte ad una linea chiamata frontiera” (p. 164), al rovesciamento di ruoli che si vede quando i millenials sono costretti a educare madri e padri analfabeti digitali.

Nel silenzio del cimitero di Barbiana , dove riposano le spoglie del priore, l’autore ricorda le parole di don Milani:

“Ho la superba convinzione che le cariche di esplosivo che ci ho ammonticchiato in questi cinque anni non smetteranno di scoppiettare per almeno 50 anni sotto il sedere dei miei vincitori”.

Questo libro dimostra che è andata proprio così.

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