I Baschi in Spagna

I Baschi in Spagna: pace positiva?

Johan Galtung

Pamplona, Spagna

La Spagna è in una transizione che richiederà un po’ di tempo: dalla “España: Una, Grande, Libre” alla “España: Una Comunidad de naciones“. Che potrebbe pure essere grande e libera ma non una; non Castigliana, ma anche Catalana, Basca, Galiziana, Andalusa, e le isole, Baleari, Canarie. I Baschi in Spagna: pace positiva?

L’ETA (Euskadi Ta Askatasuna) – famosa nel mondo per l’uccisione del successore di Franco, Carrero Blanco, nel 1971, forse così abbreviando la dittatura d’una generazione – ha ricusato le armi, consegnando i suoi strumenti di violenza, l’8 aprile 2017. L’ETA s’è dissolta. Pace negativa, con l’eliminazione di un contendente violento. C’è stata molta violenza, molte malefatte reciproche. Non più. E poi che cosa? Forse un reciproco farsi del bene? È questo che riguarda una pace positiva.

Eliminato il potere militare, ci resta quello economico, politico e culturale. Pace positiva vuol dire equità: cooperazione economica, politica e culturale a beneficio mutuo ed uguale.

Economicamente, in concreto ciò vuol dire più imprese, società, aziende con baschi che cooperano con castigliani, e altri. Facile da capire e praticare; è un modo di coesione della Spagna. Ma cooperazione politica? Culturale?

Gli attori politici sono i comuni baschi, le province basche e la nazione basca. Comuni e province possono usare gemellaggi, anche a tre, con comuni e province castigliani e altri. “Come risolvete i problemi di maggiore disoccupazione e delinquenza, dato che la crisi elimina molti posti di lavoro in tali campi?” Solo nessun bisogno di passare per lo stato, il centro, Madrid, per ottenere risposte ufficiali dall’alto. Cooperazione politica orizzontale, a due livelli ovvi, non dall’alto al basso.

Culturalmente i baschi non sono stati bravi a comunicare la cultura basca. In Spagna in generale, basco = terrorista. Servire delizioso cibo basco va bene, ma non basta. Bisogna raccontare la ricca storia, le origini, dove? Simile a che? Altamira. Loyola. Iruña, Donostia, Gasteis.

La lingua. C’è una gran differenza fra conoscere nulla e conoscere qualche parola, come buondì, arrivederci. I baschi dovrebbero condividere espressioni così e altre col resto di noi per relazioni più umane. Ciò rompe un bel po’ di ghiaccio coi russi, per esempio, una minoranza in Europa.

Tutto quanto detto finora è facile a farsi ma più ancora a disfarsi – e tuttavia indispensabile come infrastruttura per una pace positiva fra la nazione basca e il resto della Spagna. Perché non cominciare con la lingua, e dritti al vertice: nel governo, e nel parlamento?

Il paese multinazionale con un chiaro modello è la Svizzera. Le 4 nazioni sono divise fra i 7 membri del governo 3-2-1-1; 3 germanofoni, 2 francofoni, 1 italofono e 1 retoromanofono. La formula non è proporzionale, dando ai germanofoni solo il 43%, non il 71% che hanno, per impedire a una nazione di dominare le altre.

Per la Spagna ciò comporterebbe una formula di divisione del governo di, poniamo, 25 membri in 6 [quote], magari con 12 castigliani? Ci provi il lettore: con sei numeri fra 1 e 12 che assommino a 25.

Ma c’è dell’altro. Nel parlamento svizzero, per principio, tutti parlano la propria delle quattro lingue, e tutti capiscono le altre tre e rispondono nella propria. In Spagna la cosa potrebbe funzionare per gli altri, ma non per i baschi, per cui sarebbero necessari interpreti. Ma il diritto di parlare basco non è negoziabile. Perciò dapprima si imparerebbe a capire e leggere, in modalità passiva; quella attiva del parlare e scrivere può susseguire.

Questa sarebbe la Spagna del futuro, una comunità di nazioni secondo la lingua, la storia, la geografia, ma non la religione, sostanzialmente di tutti cattolici; e i baschi forse ancor di più. Affrontiamola: qualcosa del genere è non solo scritto nelle carte, è destinato a sopraggiungere, per la Spagna come per altri paesi (perfino la Francia!). Ci sarà resistenza da parte della nazione solita a gestire da sola il paese; come pure finirà per cedere. Per il bene dell’intero paese, di tutti gli abitanti, tenendo a mente che la Svizzera è sopravvissuta 7 secoli, principalmente su tale base.

La Spagna oggi è divisa pure in 17 “autonomías“, un terzo delle 50 province; meno sono, più facile per il centro dominare. Ma, che cosa significa autonomia? Disciplinarsi/mantenere l’ordine per proprio conto, non con la Guardia Civil reclutata in province non basche. Non solo insegnare il basco, ma anche, in generale, per chi lo voglia, in basco.

Ma c’è ancora dell’altro. Oggi nessun paese è chiuso agli altri ma intrattiene più o meno rapporti con altri paesi. L’autonomia dovrebbe comprendere le relazioni estere. Le ambasciate sono di pertinenza statale, ma nel personale delle ambasciate spagnole – e nel ministero degli esteri come negli altri ministeri – sarebbero rappresentate tutte le nazioni. I consolati potrebbero invece anche essere di pertinenza delle nazioni, se lo volessero, per rappresentare i propri interessi di nazione e individuali. Così, se un basco muore all’estero, la famiglia può volere che tutta la faccenda sia gestita da baschi, in basco.

E la nazione basca, facilmente riconosciuta dalla sigla RR. La doppia R ha lasciato tracce in molti luoghi, ovviamente in Francia, e in Cile e altri paesi latino-americani per amministratori dell’impero spagnolo, in Vaticano in quanto gesuiti. Consolati baschi sono richiesti ovunque.

[In] UE? Non come stato membro, non essendolo, ma come un’importante nazione membro dell’organo UE per le nazioni, come i catalani che coprono due stati.

Questo non frammenterà la Spagna? Niente affatto, peraltro ci sono varie Spagne. Si rammenti il vecchio proverbio cinese: nella forza (rigidità) c’è debolezza, nella debolezza (flessibilità) c’è forza.

Questo è quanto per visioni future. C’è poi anche un passato recente da affrontare, con famigliari di vittime dell’ETA traumatizzati. Ma così pure dei GAL (Grupos Antiterroristas de Liberación), che uccidevano segretamente militanti ETA durante la democrazia di Gonzalez, anziché apertamente come sotto la dittatura di Franco. È più facile la riconciliazione con ambedue nel torto anziché con un solo malfattore.

La pace positiva si struttura sulla pace negativa, costruendo sulla riconciliazione dei traumi e la risoluzione dei conflitti. C’è da fare molto lavoro. Ma la Spagna, da vera comunità di nazioni, sarà di ispirazione per tutto il mondo.


#482 – Johan Galtung

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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