Il ruolo dei manifesti pacifisti nell’educazione alla pace e nei musei per la pace | Vittorio Pallotti

(Relazione al 9° Congresso Internazionale dei Musei per la Pace – Belfast – 10-13 aprile 2017)

8.3 Copertina di un manifesto che non c'è (ancora)I manifesti, come al solito, dicono tutto”. Non a caso ho scelto questa frase del famoso giornalista britannico Robert Fisk (The Indipendent, 12-6-2012) per aprire la prima parte del libro “Manifesti raccontano…le molte vie per chiudere con la guerra” a cura di chi vi parla e di Francesco Pugliese e pubblicato in italiano nel dicembre 2014 (dal luglio 2016 esiste la versione on-line in inglese

Forse, i manifesti in generale e in particolare quelli pacifisti non dicono proprio tutto ma certamente una cosa la dicono: che le guerre sono inutili e tremendamente dannose. Ricordiamoci della famosa frase di Bertrand Russel: “Nessuno dei mali che si vuole evitare con la guerra è un male così grande come la guerra stessa” (riportata nella 4.a pagina di copertina del libro citato). E’, quindi, assolutamente necessario individuare e sperimentare tutte le possibilità per prevenirle ed evitarle. Da questo punto di vista, quindi, i manifesti pacifisti possono rappresentare uno strumento importante di educazione alla pace e alla nonviolenza.

Infatti, il manifesto, attraverso l’immagine e il testo, è portatore di un messaggio che tende a indurre nell’osservatore, giovane o adulto, una reazione emotiva e, attraverso essa, una riflessione e una presa di posizione. Esattamente quello che fa, o dovrebbe fare, un buon comunicatore (insegnante, giornalista, artista, …).

Mia moglie Fiorella, in qualità di insegnante, aveva avuto più volte, negli anni ‘80 e ‘90, l’occasione di utilizzare i manifesti pacifisti come strumento per educare l’alunno alla visione dell’immagine non solo da un punto di vista artistico ma anche alla sua decodificazione.

In tal modo l’alunno sarebbe stato preparato, una volta raggiunto l’età adulta, ad una visione critica dei sempre più numerosi e invadenti media visivi, tra cui i manifesti.

Alcuni esempi di utilizzo dei manifesti in ambito scolastico e universitario

1. Bologna, anno accademico 1984-85.

Letizia Grassi, docente nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, nell’ambito del “Seminario di Retorica Generale” svolge una relazione introduttiva sul tema “Segni, linguaggio e procedimenti retorici di alcuni manifesti della Mostra [di manifesti pacifisti]”, prendendone lo spunto dalla prima “Mostra del manifesto contro la guerra e la corsa agli armamenti, per l’educazione alla pace e alla nonviolenza” (Bologna, marzo 1985).

Il seminario si conclude con l’elaborazione da parte di cinque studenti dei seguenti saggi:

  • L’ossimoro nei manifesti
  • Coerenza strutturale e analisi dell’efficacia
  • Percorsi di lettura tra visivo e verbale
  • Il figurativo e le simbologie…
  • Simbolo, indice e icona

I 5 saggi e la relazione di Letizia Grassi, con le immagini dei manifesti esaminati, sono stati pubblicati nel libro-catalogo della Mostra del manifesto contro la guerra… “Perché ?” (Bologna, 1987).

2. Bologna, anno accademico 1993- 94.

Nell’ambito del seminario “Per una pedagogia e didattica della fruizione del manifesto”, tenuto dalla stessa Letizia Grassi, sono stati esaminati a fondo (per complessive 30 pagine) 7 manifesti sulla guerra nell’ex-Jugoslavia, messi a disposizione dal CDMPI. I sei studenti che hanno partecipato al seminario hanno prodotto il saggio (tradotto in inglese) “Due percorsi di lettura applicati alle testimonianze figurative dell’ultima guerra nella ex-Jugoslavia”.

A conclusione del lavoro, lo studente Gabriele Orsi, a nome del gruppo, scrive: “…ritengo indispensabile e opportuno riconoscere l’alto valore pratico espresso dallo studio di cui sopra, e la sua immensa utilità, in quanto è servito ad avvicinare i miei compagni e me alla retorica e alle sue figure, e al tempo stesso potrà costituire materiale didascalico per una mostra – ne sono sicuro – di grande e profondo interesse”.

Questo saggio fu richiesto dall’Università di Sarajevo come documento militante della protesta intellettuale. E’ stato anche richiesto dalla Biennale d’Arte di Varsavia e da un Gruppo di Comunicazione Visiva di Parigi. Infine, la Cooperativa ‘Dulcamara’ di Ozzano Emilia ne ha promosso la diffusione nel territorio bolognese.

3. Modena, 1993.

Al momento della sua costituzione ufficiale (1993) il CDMPI non aveva ancora un suo logo per cui si rendeva necessario procedere alla sua realizzazione.

Il prof. Marco Lega, del CDMPI, all’epoca era docente di grafica e comunicazione visiva presso l’Istituto Statale d’Arte di Modena. In questa veste promosse tra i suoi studenti un concorso per la realizzazione del logo. Tra gli elaborati ne emerse subito uno che, per la sua originalità e incisività, vinse il primo premio, consistente in una serie di pubblicazioni a tematica pacifista.

La premiazione, avvenuta alla presenza delle autorità scolastiche, si svolse nella sede del Centro di Documentazione Pedagogica di Modena.

4. Bologna, anni ‘90

Fiorella Manzini, all’epoca docente di Educazione Artistica nella Scuola Media ‘Panzini’ di Bologna, partecipò con i suoi alunni ad un concorso per la realizzazione di un manifesto sul tema dell’opposizione alla guerra. Al concorso parteciparono alunni di diverse scuole bolognesi. La giuria era presieduta dalla nota pittrice bolognese Norma Mascellani.

Il premio (un milione di lire, circa 1000 euro di oggi), vinto da una coppia di alunni seguiti dalla professoressa Manzini, venne assegnato alla Scuola ‘Panzini’. Un piccolo riconoscimento fu offerto dalla Scuola ai due autori del manifesto.

7.3 Laboratorio studenti liceo 'Da Vinci'5. Casalecchio di Reno (Bologna), 2007

Gli studenti di una terza classe del liceo ‘Leonardo da Vinci’, con l’aiuto della loro insegnante e di alcuni volontari del CDMPI, lavorano sui manifesti della Filanda per la selezione di una trentina di manifesti al fine di realizzare una mostra sui temi dell’antirazzismo e dell’educazione alla pace. Dopo averli attentamente esaminati, per ciascuno di essi viene prodotta una scheda illustrativa.

Successivamente, ogni manifesto viene fotografato e predisposto per l’esposizione.

Nei giorni seguenti, la mostra viene esposta nei locali di una scuola media di Casalecchio di Reno e gli studenti del Liceo fanno da guida, nel corso della visita, ai loro più giovani colleghi.

Questa esperienza, prima del genere a Casalecchio (e forse in Italia), ha ottenuto riscontri molto positivi da parte di studenti e insegnanti.

6. Casalecchio di Reno (Bologna), 2007.

Il CDMPI, in collaborazione con il Centro Internazionale per l’Impegno Civico, diretto dalla professoressa Giovanna Franci del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bologna, ha curato lo svolgimento, nei locali della ‘Filanda’, di due stage sui manifesti pacifisti per studenti americani dell’Università di Denver (Colorado, USA) e di alcuni studenti dell’Università di Bologna.

Due i temi degli stage: traduzione in inglese di testi su manifesti italiani e ricerca, sul materiale cartaceo dell’Archivio della ‘Filanda’ e su Internet, di notizie su marce e cammini per la pace e la nonviolenza svoltesi in passato in tutto il mondo.

Il primo stage, iniziato il 2 maggio, si concluse il 31 maggio. Al termine del secondo stage, svoltosi dal 15 al 31 ottobre, gli studenti produssero una relazione sul lavoro svolto che fu sottoposta ai loro docenti per la valutazione.

7. Torino, 2015.

Il Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti (C.I.D.I.) di Torino, nell’ambito del progetto didattico “Uomini = Nemici! Perché?”, ha organizzato il laboratorio “Manifesti contro la guerra, per le scuole”.

Parte centrale del progetto è una mostra di 14 manifesti realizzati da grafici di diverse nazionalità, appositamente per il laboratorio, sul tema della guerra e della pace.

8.5I manifesti, stimolando emozioni, riflessioni e domande, “…possono fornire un possibile strumento di lavoro rivolto a degli adolescenti con cui confrontare (perché no?) anche i nostri stereotipi sulla guerra. … I brevi testi che accompagnano in forma di scheda ogni manifesto…propongono una prima chiave di lettura per rendere possibile l’utilizzo di un linguaggio specifico come spunto per il lavoro da effettuare con gli studenti.”(dalla brochure di presentazione del laboratorio).

A titolo di esempio, cito il lavoro che, in forma di concorso, veniva proposto ed eseguito da cinque classi della scuola dell’obbligo (due elementari e tre medie) e si svolgeva in tre fasi:

– sulla base delle schede dei manifesti della mostra e seguendo le indicazioni dell’insegnante, prendere in esame ogni manifesto della mostra;

– esaminare la bozza di un manifesto consistente in due soli elementi: una nuvola e, in primo piano, un uomo che, brandendo una scure, tenta di colpirla.

– completare il manifesto con altri elementi (segni, immagini, testi) in modo da realizzare un nuovo manifesto contro la guerra.

Significativo il titolo di questa originale esperienza: “Il manifesto che non c’è (ancora)”.

Dodici i lavori selezionati da una giuria che sono stati pubblicati in una piccola brochure che accompagna quella di presentazione della mostra e del laboratorio.

Quelli esaminati sono solo alcuni esempi, solo italiani, di come possono essere utilizzati, da parte di insegnanti e di educatori, i manifesti pacifisti per l’educazione alla pace e alla nonviolenza nelle scuole e nelle università. Gli esempi che si potrebbero fare per altri paesi europei (Regno Unito, Germania, Austria, Francia,..) ed extra-europei (Giappone, USA, …) sono, probabilmente, ancora più numerosi.

Un processo educativo che, utilizzando il manifesto, coinvolge varie discipline: dalla storia all’economia, dall’arte alla psicologia, dall’ecologia alla religione, dalla letteratura all’antropologia. E, così facendo, si presta egregiamente a rendere il lavoro interdisciplinare e la collaborazione tra studenti e docenti più vari e motivati e, quindi, più efficaci.

Ma i manifesti pacifisti possono svolgere un ruolo educativo anche in ambiti sociali più vasti.

Il ruolo dei manifesti pacifisti nei musei per la pace

Tra gli ambiti sociali in cui i manifesti pacifisti possono svolgere il loro ruolo educativo ci sono sicuramente i musei per la pace. Questi, mediante l’allestimento di mostre di manifesti e il loro utilizzo per lavori di laboratorio e di stage, diverrebbero una sede naturale e privilegiata per l’uso dei manifesti al fine di una efficace opera di educazione alla pace. Educazione che potrebbe essere stimolata e rafforzata qualora il museo ospitasse anche un centro di documentazione per la pace, con materiale cartaceo, digitale e audiovisivo. A conclusione di questo mio intervento vorrei citare tre esempi di scambio di esperienze di educazione alla pace attuata con l’uso dei manifesti:

– con Peter van Den Dungen a Catania e provincia nel 1999 e a Bologna nel 2000;

– con Joyce Apsel, dell’Università di New York, a Bologna e Casalecchio di Reno, nei primi anni di questo decennio in momenti e anni diversi;

– con Birgitta Meier, del Museo per la Pace di Norimberga, a Bologna nel 2000 e a Bologna e Casalecchio di Reno nei primi anni di questo decennio.

A loro va il mio, e il nostro, più caloroso ringraziamento.

Vittorio Pallotti

Bologna, 28 febbraio 2017

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