Peace food – Cibo di pace

Autrice
Cinzia Picchioni


Peace Food – I benefici fisici e spirituali dell’alimentazione vegana, di Rüdiger Dahlke, edizioni Mediterranee


Peace Food è un titolo ambizioso e tocca vari livelli.
Per attingere la pace interiore è necessario smettere di gravare la nostra esistenza con gli ormoni dello stress e della paura provenienti dalla carne di animali abbattuti nei mattatoi.
Per realizzare la pace esteriore in questo mondo tutti gli umani debbono disporre di cibo a sufficienza. Ciò riuscirebbe agevolmente qualora rinunciassimo al consumo di prodotti derivati dagli animali.
Quest’ultimi non dovrebbero più subire tormenti e torture.
Tale pacificazione, peraltro, non si limiterebbe a instaurarsi tra esseri umani e animali; essa coinvolgerebbe bensì anche Madre Terra”, p. 12.


Peace food - Cibo di pace

Peace= pace, Food=cibo. Peace food Cibo di pace. Questa è la traduzione letterale del titolo, che però in italiano non rende, ecco perché è in inglese anche nell’edizione italiana. In effetti nella nostra lingua non c’è un modo altrettanto efficace per spiegare il concetto; forse “pacibo”? O “cibo di pace”? Pace dal cibo? Pace col cibo? Cibo per la pace? Peace Food di Rüdiger Dahlke ci racconta i molti modi in cui, mangiando vegano, facciamo la pace, in tutti i sensi che possano venirci in mente.

La teoria è che, per trovare la pace dentro e fuori di noi dobbiamo smettere di nutrirci della violenza, della paura e dell’orrore vissuti dagli animali che mangiamo e, contemporaneamente, lasciare il cibo per tutti gli altri, così verrà la pace anche per il mondo, perché si è visto che uno dei pradossi dell’allevamento intensivo è che questo sottrae cibo ad alcuni umani per nutrire gli animali di cui si nutriranno altri umani: “[…] gli animali per i ricchi mangiano il pane dei poveri”, scrive Dhalke a pagina 163.

Nel libro la questione è trattata da tutti i punti di vista: quello degli animali, dei consumatori, dell’ambiente, della gente ammalata per “troppo” cibo, delle persone che muoiono di fame. “Mentre ogni giorno tra i 4.000 e i 40.000 bambini […] muoiono di fame, noi destiniamo a foraggio il 50% del raccolto mondiale di cereali e il 90% di quello della soia agli animali utili per la produzione di carne”, ivi.

Vi risparmio altri dati raccapriccianti sui nessi tra fame nel mondo “là” e consumo di carne “qua”, ma se volete il libro è ricchissimo di dati, numeri, tabelle che esplicano questo e altri legami tra cosa mangiamo e che cosa provochiamo (su di noi e su tutti gli altri, umani, animali e piante che popolano il pianeta). In proposito l’autore ci dice: “dobbiamo aver fiducia: questo pianeta è in condizione di nutrire noi tutti – circa sette miliardi di esseri umani – benché non certo nel modo finora usuale, fortemente incentrato sulla carne. L’alimentazione vegana può […] davvero fornire peace food giacché è apportatrice di pace non solo a corpo, cuore e anima di nostra appartenenza bensì anche ai popoli del mondo e agli ecosistemi della Terra”, p. 168.

Ho individuato i possibili destinatari di questo libro, chi cioè può essere interessato alla lettura e, giocando anche un po’, ho trovato questi:

Vitelli e spirituali…

… che credono nella reincarnazione e nella legge del karma, troveranno – è il caso di dirlo – pane (non carne!) per i loro denti nel capitolo Mucche disperate, in cui naturalmente si parla dei vitelli, la cui carne bianca è ottenuta mantenendoli anemici, e così disperati da bere la propria urina (ma per evitarlo i recinti sono così stretti da impedire ai vitelli di girarsi) e leccare le sbarre (ma per evitarlo le ricoprono di plastica) nel tentativo di assumere quel ferro che manca loro.

Nel capitolo, oltre alla descrizione dell’infelice breve esistenza dei vitelli, c’è una incursione nel mondo induista, benché con dati austriaci e svizzeri. Nelle due nazioni ogni anno 300mila vitelli vengono torturati e abbattuti prima di compiere quattro mesi! L’autore ritiene che chi li mangia meriti la nostra compassione sia per il “cocktail ormonale pieno di dolore” ma anche per il karma “di cui si carica a ogni morso”. Fa poi riferimento al suo trentennale lavoro di terapia della reincarnazione e all’importanza di quella teoria, che invece viene riconosciuta solo alla fine della vita, quando è tardi:

“Può suscitare spavento e consolazione al contempo il pensiero, piuttosto diffuso in Oriente, secondo cui ad accoglierci dall’altra parte troveremo sia le creature che hanno sofferto a causa nostra sia quelle da noi aiutate e amate. Raccogliamo in tal modo […] esattamente quanto abbiamo decretato con le nostre scelte nel fare la spesa”, p. 117.

Credenti

Un intero paragrafo riporta i punti di vista delle diverse religioni sull’alimentazione e i suoi precetti, con una comoda sintesi riportata in una cornicetta, qui a p. 219: “In sintesi: le religioni del mondo confermano in maniera stupefacente l’auspicio di questo libro: tanto stigmatizzano l’uccisione degli animali quanto raccomandano agli umani il consumo di cibo vegetale”.

Nonviolenti

Per questa categoria di lettori e lettrici potrebbe bastare la lettura del capitolo Il mattatotio: occhi critici indesiderati, da p. 121, e il racconto di chi c’è stato, nei mattatoi: Jonathan Safran Foer, autore di Se Niente Importa, ma anche Christiane Haupt, medico veterinario. Basta leggere – figuriamoci vedere! – quello che accade e come accade per decidere di smettere oggi di esserne complici. Ma se così non fosse, tra le pagine del libro si trovano motivazioni altre, scientifiche e documentate, se la compassione non basta e ci serve la ragione.



Scienziati

“Al di là delle estreme e ripugnanti atrocità […] illustrate, si apre qui un ulteriore livello esplicativo dei sintomi patologici descritti, legati al consumo di carne e suffragati dalla scienza. In ultima analisi non posso sottrarmi dal condividere le parole del medico svizzero Ernst Walter Henrich: “[…] non vorrei né mi è consentito distogliere lo sguardo[…]. Trovo esecrabile la pratica criminale che comporta la morte per fame e denutrizione di circa 40.000 al giorno poiché si preferisce destinare il cibo vegetale alla nutrizione di animali torturati per ottenerne infine carne, pesce e uova […]””, p. 125.

In tutto il libro si trovano dati scientifici sul legame tra alimentazione carnea – a volte direttamente responsabile di alcuni disturbi – e malattie come quelle autoimmuni, l’osteoporosi, l’obesità, il diabete II, le malattie senili, i tumori; basta scegliere quella che “interessa”.

Matematici

Per chi subisce il fascino dei numeri e ha bisogno di quantificare quello che succede per prenderlo in considerazione, ecco qua delle cifre: “[…] l’uomo medio della società industriale occidentale, ingloba nel suo corpo circa 20.000 animali – inclusi granchi, acciughe e altri piccoli esserini – ed è quindi obbligato a risponderne e a convivere con un simile dato di fatto. V’è in questo strazio una buona notizia, ossia la certezza di poter salvare fino a 20.000 animali grazie a una semplice decisione presa tempestivamente. Qualora tale scelta avvenisse a metà della nostra vita, salveremmo pur sempre 10.000 creature Ma forse, ancor più di tali orrende cifre, può indurci a mutare prospettiva uno sguardo negli occhi di un vitellino […]. “La compassione è il fondamento della morale”, disse Schopenhauer”, p. 141.

Filosofi

Insieme a Schopenhauer, nel libro troviamo citati anche Paracelso, Francesco d’Assisi, Gesù e Einstein, in particolare riguardo alle rivelazioni della fisica quantistica, secondo cui “il singolo non è separato dal tutto. A un livello più sottile ogni cosa è connessa”, p. 143. Anche i mistici hanno a suo tempo “realizzato”, senza esperimenti scientifici che ““Tu sei uno con il tutto” oppure “Tu sei il mondo”. Chi percepisce se stesso come una parte consapevole dell’unità abbandona ogni paura e matura la compassione […]”, p. 143; e Einstein ha affermato: “Già solo per il suo effetto tangibile sul temperamento umano, la scelta di vita vegetariana potrebbe esercitare un’influenza estremamente positiva sul destino dell’umanità”, ivi.

Animalisti e salutisti

Il libro è suddiviso in quattro parti e tutta la seconda parte tratta La sofferenza degli animali(questo il titolo), con capitoli sui pesci, i maiali, le galline, le mucche. Quindi, si potrebbe dire, qui si trova il punto di vista “per gli “altri” animali”. Invece tutta la parte 1 si rivolge a chi non è interessato al punto di vista degli animali, ma è più interessato al proprio benessere; e allora troverà – sempre e di nuovo con note, dati, tabelle – informazioni sulle malattie causate dal consumo di carne e di prodotti caseari.

Dalle malattie cardiovascolari al colesterolo, dall’osteoporosi al cancro, e infine i vantaggi che derivano da un’alimentazione vegana. Se nella parte dedicata agli animalisti il libro di Safran Foer, Se Niente Importa, la fa da padrone con innumerevoli citazioni, qua è il famosissimo e vendutissimo China Study (Macro Edizioni, 2011) che fornisce la maggior parte dei dati, scientificamente verificati eccetera.
In proposito l’autore di Peace Food ci informa, fin dalle prime pagine, che “Grazie al China Study disponiamo di cospicui risultati scientifici concernenti l’influenza del regime alimentare sulle principali malattie del nostro tempo”, p. 23.



Infine, la parte 3 risponde alle nostre domande su cosa e come fare, se abbiamo deciso (leggendo le prima due parti) di cambiare il nostro modo di alimentarci. I consigli comprendono il Sole, il Digiuno, la Serotonina, il Sonno, le Vitamine e poi, naturalmente, le Ricette. Sempre ricordando che una cosa è la prevenzione e un’altra è il riconoscimento precoce delle malattie. Dobbiamo prendere in considerazione il nostro intervento sulla salute. La prevenzione cerca di evitare il manifestarsi delle malattie, con uno stile di vita che lo ostacoli; la diagnosi precoce è solo l’aspirazione a scovare il malanno il prima possibile, per combatterlo tempestivamente. “Poste sotto tale luce, la prevenzione rende poveri i medici, la diagnosi precoce li arricchisce”, p. 55.

 San Tommasi

… coloro che sono sempre in cerca di testimonianze dirette per credere a ciò che vengono a sapere, leggono o ascoltano. Per loro, ecco qua le parole dell’autore in veste di testimonial e non solo di teorico:

“Posso garantirvi sul senso d’indicibile sollievo recato quantomeno dal non contribuire in prima persona a tutto lo strazio dell’allevamento intensivo, del trasporto animale e delle grandi esecuzioni di massa all’interno dei mattatoi industriali. Spero possa nascerne un nuovo impegno […] Peace food è un grande passo verso un mondo migliore: può nutrire il corpo e l’anima nonché apportare benefici alla Terra, perché l’atto del mangiare non coinvolge affatto soltanto il singolo individuo, bensì l’intero insieme di cui egli è parte”, p. 240.

Legislatori

“Assurda è la nostra epoca in cui è considerato normale trattare gli animali alla stregua di oggetti; […] in cui i grandi gruppi industriali, colpevoli di lasciar torturare in massa milioni di creature, vengono tutelati dalle leggi [mentre] animalisti, vegetariani e vegani sono […] anormali, folli e in ogni caso degli outsider […] oggetto nella migliore delle ipotesi di derisione. Tuttavia […] i tempi cambieranno. Da avversatore della bomba atomica sin dalla prima ora ricordo quanto pochi e isolati fossimo trent’anni fa: siamo ormai divenuti la maggioranza e ci meraviglia la generale adesione alle nostre posizioni. Le sevizie descritte sono illegali, almeno nei paesi germanici, eppure accadono in ogni momento. […] la Corte Costituzionale tedesca, esaminando la produzione di uova ricavate dalle galline ovaiole, si è espressa in termini di crudeltà verso gli animali. Appare tuttavia evidente l’inutilità di tutti questi passi fintantoché gli onnivori continueranno a chiedere uova”, p. 141.

Signore attempate

… categoria cui appartengo io stessa, che chiedono al medico consigli per contrastare l’osteoporosi, cosa si sentono rispondere? “Beva il latte, mangi il parmigiano reggiano”, non è vero? Be’ leggete il capitolo che il nostro autore dedica al problema in questione. Si intitola, tanto per cominciare, Osteoporosi: un problema di chi beve latte e si trova a p. 77. In quattro pagine sfata tutti i miti legati al latte in menopausa e lo sostituisce col sole ma anche con una sorta di “dieta” per sbarazzarsi dei chili di troppo:

A metà della vita è dunque necessario liberarsi della zavorra in senso traslato; sul piano fisico eliminando tra l’altro i chilogrammi di troppo e su quello spirituale lasciando andare ogni superfluità; ad esempio quei compiti non più pertinenti alla seconda parte dell’esistenza. Se infatti dovesse essere il corpo ad assumersi l’onere di questo alleggerimento, non gli resterebbe altro che decalcificare le sue ossa. In sintesi: i prodotti di origine animale – specialmente il latte – promuovono l’insorgenza di osteoporosi. Analogo effetto è sortito dall’eccesso di acidità, a sua volta causato da cibi animali e dolciumi.

È dunque importante alimentarsi in prevalenza con carboidrati vegetali integrali, abbondante verdura a foglia larga e fagioli, particolarmente ricchi di calcio. Altrettanto raccomandabile è l’esercizio del movimento – sia fisico che psico-spirituale – volto a contrastare lo stato di acidosi; meglio d’ogni cosa, naturalmente, sarebbe dedicarsi ad attività consone alla seconda metà della vita”, p. 81 (e qui c’è un consiglio bibliografico: Rüdiger Dahlke, Medicina e autoguarigione per la donna, Mediterranee)


Peace food - Cibo di pace

Medicina e autoguarigione per la donna, di Rüdiger Dahlke, Mediterranee

Un testo sistematicamente costruito sui significati psicologici delle malattie della donna.
Questo manuale realizzato da Rudiger Dahlke si articola nei seguenti contenuti: il ciclo mestruale e i suoi problemi; i problemi sessuali; la contraccezione; le malattie veneree; principi primari femminili e gli archetipi; i tumori benigni e maligni;  i problemi relativi ai passaggi della vita.
Acquista Medicina e autoguarigione per la donna


 Apocalypse now e “Non si uccidono così anche i… lattanti”?

Mi scuserete le citazioni (cinematografiche, ovvio, vista la mia grande passione per quell’arte) un po’ forti, ma mi sono venute in mente leggendo il capitolo I latticini favoriscono il cancro e non solo (da p. 34): vi si narra, tra le altre amenità, dell’accumulo di pesticidi nel latte materno.Come? Nel latte materno? Pensavo nel latte vaccino. Sì, infatti, i pesticidi si trovano anche nel latte vaccino. Ma se la mamma si nutre di latticini e/o di carne, e se la mucca (che fa il latte e/o che viene uccisa per la carne) ha ruminato erba irrorata di pesticidi, anche il latte della mamma avrà i pesticidi. Non è ovvio? Sì se capiamo che “tutto è collegato” (come recita il mai troppo ripetuto “mantra” dei nativi Lakota: Mitakuye Oyasin, appunto “tutto è collegato”).

Qualcuno può obiettare che anche mangiando vegetali trattati con erbicidi assumiamo pesticidi… sì, certo; ed è per questo che il consiglio del libro è di cercare verdure coltivate biologicamente (o, anche meglio, biodinamicamente), insieme a smettere di nutrirsi di carne e/o latticini. Altrimenti, direttamente (se mangiamo solo vegetali, ma non biologici o biodinamici) o indirettamente (se mangiamo anche carne e/o latticini), assumeremo erbicidi.

Ecco perché ho usato la prima citazione cinematografica, riferendomi all’erbicida napalm usato nella guerra in Vietnam. La seconda, riferita al famoso film Non si uccidono così anche i cavalli? (regia di Sidney Pollack, 1969), mi è venuta in mente pensando al povero bambino che beve il latte materno (sterile, alla temperatura perfetta, dal seno della madre), una delle cose più naturali che possiamo immaginare, ma che – se la madre si nutre di carne e/o latticini – è pieno di sostanze velenose in quantità: “[…] tanto maggiore quanto più la mamma si era nutrita di carne: incluso pollame e pesce, uova e latticini.

La carne contiene mediamente un ammontare di pesticidi 14 volte maggiore rispetto al cibo vegetale; il latte (e i latticini) 5,5 volte di più”, p. 39. Studi scientifici hanno registrato valori minori di pesticidi nel latte di mamme vegetariane (rispetto a mamme non vegetariane) e vegane (in questo caso 35 volte inferiore rispetto ai valori medi), “New England Journal of Medicine”, 1981.

Dammi tre parole: sole, cuore, amore

Questa invece è una citazione musicale. Una vecchia canzone di molte estati fa recitava questa frase, con le tre parole in rima baciata. Mi è venuta in mente leggendo il capitolo Malattie cardiovascolari causate dalle proteine animali (da p. 24), egregiamente riassunto in sintesi:

[…] un’alimentazione vegana può alleviare e spesso addirittura guarire l’ipertensione e le cardiopatie stesse […] tali malattie possono essere del tutto prevenute mediante una giusta alimentazione […]. Sul piano psichico si tratta di dar spazio alle proprie questioni di cuore e di perseguirle. Anche una regolare esposizione ai raggi solari e il sonnellino pomeridiano riducono notevolmente il rischio di cardiopatie. Decisiva è la confluenza di tutti i fattori coinvolti, dalla dieta a base di cibi vegetali al rispetto dell’anima”, p. 31.

Filmati

Dovendo scrivere una recensione mi occupo anche di verificare che, per esempio, i filmati indicati in un libro ci siano effettivamente, siano scaricabili, si vedano e si sentano, eccetera. L’ho fatto anche per questo libro, e giacché l’ho fatto già io mi sento di sconsigliarvi vivamente di guardarli se siete appena-appena sensibili. Poco fa ne ho verificato uno e mi tremano ancora le mani mentre scrivo, ora. Tratta del fatto che durante la macellazione gli animali – dopo essere stati “uccisi” con un colpo di bolzone – riprendono coscienza (6 animali su 30 “uccisi”), ma a quel punto non si può fare più nulla se non assistere a una mucca che si dimena senza zampe (che sono state già tagliate).

“Avete davvero voglia d’essere partecipi di tutto questo, mangiando? […] La paura da noi ingerita assieme alla carne di animali provenienti dagli allevamenti industriali e dai mattatoi seriali prende forma concreta negli ormoni e nei neurotrasmettitori. La sofferenza e la tortura inferte alle bestie da macello […] ritorna a noi esattamente nella sua forma originaria […] ricade su quanti in ultima analisi hanno causato tale pena: i mangiatori di carne”, pp. 124-5. A questo proposito, anche se non visitiamo macelli né guardiamo filmati, un intero capitolo documentato e ricco di dati ci informa sulle ripercussioni che la sofferenza animale ha su di noi. Si trova a p. 135.

Indirizzi utili

Se ci interessa l’approccio terapeutico proposto dall’autore, medico specializzato in medicina naturale e in psicoterapia, a p. 250 troviamo un elenco di indirizzi – anche italiani – e siti utili per approfondire l’argomento. Poco più avanti sono elencati alcuni dei suoi titoli (una ventina) già pubblicati dallo stesso editore. Poco prima invece, da p. 223 (praticamente tutta la parte 4) ci sono molte ricette vegane, per praticare la cucina “pacifica” e lo stile di vita apportatore di pace che ci è stato illustrato per tutto il libro. Le ricette spaziano dai primi piatti ai dolci, alcuni con nomi poetici, come Latte di fichi della buonanotte, altre “firmate”, come La colazione ayurvedica di Dorothea (tutte le ricette sono di Dorothea Neumayr, come leggiamo in copertina).

Bello, documentato, chiaro, suddiviso per aree di interesse, questo libro è indispensabile per motivare – a se stessi o agli altri – la scelta vegetariana o vegana senza essere accusati di troppa rigidità, senza essere incolpati di occuparci degli animali quando c’è chi muore di fame, senza essere additati come quelli che, con i problemi di guerra che c’è nel mondo, vogliono aprire le gabbie degli zoo, senza sentirci dire che “i veri problemi sono altri” e via dicendo. Sono veramente grata all’editore per aver deciso di pubblicare un testo come questo, che chiamare “controcorrente” è un eufemismo. Vorrei poter dire, d’ora in avanti, a chi discute con me la scelta vegetariana/vegana: “Hai letto Peace Food?”, no? Allora, prima lo leggi e poi parliamo. È troppo?


Cinzia Picchioni

Inizia a praticare yoga nel 1979 a Milano, la sua città natale; nel 1985 si trasferisce a Torino per frequentare la scuola di formazione triennale per insegnanti dell’Istituto Kuvalayananda, dove studia con insegnanti italiani e indiani e si diploma nel 1987. Co-fondatrice dell’Isyco (Istituto per lo Studio dello Yoga e delle Culture Orientali) di Torino, Cinzia è formatrice di insegnanti di yoga, oltre a insegnare in corsi per principianti, esperti e per la terza età. Ha pubblicato libri di yoga e di stile di vita yogico, oltre a numerosi articoli.


1 commento

Trackbacks & Pingbacks

  1. […] Peace food – Cibo di pace | Cinzia Picchioni […]

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.