Cina ed Europa – Raffronti e Futuri

Johan Galtung

Sovente, per capire qualcosa, lo confrontiamo con qualcos’altro. Secondo una recente indagine di Harvard, la Cina produce il 26.7% delle automobili al mondo e gli USA ne producono il 13.3%; l’economia statunitense è più consistente ma la Cina primeggia nelle esportazioni con 8 dei 12 più grandi porti; gli USA terminano il 2016 guerreggiando 7 guerre, con basi militari un po’ dovunque, la Cina termina l’anno con nessuna guerra né basi, investendo, costruendo la Nuova Via della Seta, il Corridoio Economico. Con quale riuscita, rimane da vedere.

Ma queste sono relazioni di potere globale. Che l’Occidente stia declinando, il Resto stia assurgendo, che gli USA siano rappresentativi della maggior parte dell’Occidente e la Cina del Resto, sono verità ormai vecchie di decenni. E anche l’Europa fa parte dell’Occidente.

Che cosa ci rammenta la Cina in quanto paese, storicamente, strutturalmente? Non si tratta degli USA, uno stato dal 1776, o forse solo dal 1812 [anno di riconoscimento internazionale, ndt]. Proviamo a confrontare la Cina con il suo attuale confine e contesto con l’Europa, dall’Atlantico a qualsivoglia confine.

Possiamo anticipare una conclusione: entrambi stanno raggiungendo solo di recente una propria unità interna, quali super-stati e super-nazioni. Perché, in quale modo?

L’Europa è un insieme di stati, parecchi dei quali sono stati-nazione, con una storia di molte guerre. Guerre in particolare tra due stati del Pentagono di vertice Inghilterra-Francia-Germania-Spagna-Italia. E anche guerre multilaterali, come nel caso delle alleanze in contrapposizione con l’uno e con l’altro nel corso della catastrofica guerra dei 30 anni tra il 1618 e il 1648 e delle due guerre “mondiali” (a significare europee) del 1914-18 e del 1939-45. Un continente cupo.

La regione che noi chiamiamo “Cina” è una dinastia dopo l’altra, in guerra, come fu il caso tra dinastie coesistenti.

Le dinastie Qin (221-206 AC), Han (206 AC-220 DC) e Qing della Manciuria (1644-1912) rivendicarono una gloriosa autorità centrale, non sulla “Cina”, in quanto il concetto stesso di Cina non esisteva, ma rispetto al mondo. Lo stesso fecero la Francia e la Germania, ritenendosi centro dell’Europa e di conseguenza centro del mondo intero.

Nondimeno con il centralismo ha origine la resistenza da parte della periferia; una situazione in cui  a nessuno stato o nazione che si rispetti piacerebbe trovarsi.

“Repubblica cinese”– Zhuka Minkoku – quale nome di uno stato entra in uso a partire dalla rivoluzione nazionalista, all’incirca nel 1911-12, che portò a conclusione la dinastia Qing.

La rivoluzione maoista del 1949 aggiunse ren min, popolo, e il nome diventò “Repubblica popolare cinese”, mentre Taiwan mantenne la denominazione “Repubblica cinese”.

Soltanto in questi ultimi anni il presidente Xi Jinping ha definito tutti gli abitanti membri della medesima nazione, “Cinesi”; come fecero i giacobini in Francia, Cittadinanza=Nazione. Se Xi avrà successo resta da vedere; giusto ora la Francia sta diventando meno rigida, sta decentralizzando.

“L’Europa” – parti d’Europa e l’Europa nel suo insieme – è stata a sua volta esposta a forze centripete e centrifughe. I piccoli villaggi, le contee, i ducati sono coesistiti con il grande, l’Impero(i) Romano, il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, a volte il piccolo prevalse, a volte il grande. Vennero poi gli stati-nazione con guerre e alleanze. L’unità e il centralismo della Comunità-Unione Europea, tuttavia, sono recenti, risalgono al 1958 (Trattato di Roma), con un inizio franco-tedesco nel 1950.

Ancora più recenti sono i tentativi di chiamare “Europei” gli abitanti; oggi sottoposti alle potenti forze centrifughe di stati-nazione. Alla pari dei ducati che un tempo confidavano in se stessi e in seguito  si aggregarono in uno o due Reich, e uno dopo l’altro vennero separati in Länder. La realtà europea non è né centripeta né centrifuga, bensì una dialettica tra queste due posizioni.

Prendete la Norvegia: le scuole insegnano che Re Harald Hårfagre nell’872 costituì una Norvegia unita ma non che vennero brutalmente annientati 50 reami. Molto più tardi (1837) vennero autonomie municipali e provinciali di altissimo livello, kommune e fylke, che sono ora soggette a centralizzazione, con le province ridotte da 19 a 10 e le municipalità da 400 a 100. Dopo di che ci sarà una decentralizzazione. L’oscillazione non ha fine.

Potrebbe accadere lo stesso per la “Cina”. La capitale o il centro sono cambiati molte volte; nomi importanti sono stati Xi’an, Nanjing, Beijing [Pechino], Chungking. Si tratta di circa 2.000 nazioni che parlano ognuna la propria variante di “Cinese”, che con tutto ciò nella lingua scritta viene “unificato”. E tuttavia alcune provano un attaccamento al territorio così forte da rivendicare la propria autonomia.

E così anche gli USA – ci sono diverse e forti propensioni per l’autonomia.

Passati simili per “Cina” ed Europa con coesione oscillante e centri che cambiano – adesso in Europa Bruxelles-Lussemburgo-Strasburgo – inducono a porsi una domanda, “Potrebbero avere anche futuri simili”?  E che cosa pensiamo degli instabili confini nord della Cina ed est dell’Europa?

Molto tempo fa, soprattutto la dinastia Ming costruì una risposta: una Grande Muraglia di 6.259 km lungo il margine meridionale della Mongolia Interna, che ora è una grande provincia cinese.

L’est e l’ovest della Mongolia sono la “Cina esterna di nord-ovest” e la “Manciuria esterna” che la dinastia Qing fu costretta con la forza a cedere all’Impero Russo, con “trattati ingiusti”, tra il 1851 (Kulja) e il 1896 (Lobana); ora sempre più occupata e coltivata da agricoltori cinesi. A ricordarci USA-Messico.

Gli Europei usarono come confini dei fiumi con corso sud-nord oppure nord-sud ma stabilirono come confine orientale i Monti Urali dall’Artico al Caspio: cime montuose, ma per lo più colline, e oggi con la medesima Russia su ambo i lati. Il confine storico deriva dalla ripartizione, a partire dall’anno 395, dell’Impero Romano in cattolico e ortodosso, ed è ancora quello a dividere Ucraina e Bielorussia.

Quale prognosi, previsione? La Cina continuerà a  sospingere i cinesi verso nord,  senza confine che tenga. Questo accade all’interno della SCO – l’Organizzazione per la cooperazione di Shangai – teoricamente nell’ambito della cooperazione. Tale spinta non è sull’Artico ma si limita alle aree storicamente oggetto di contesa.

L’Europa continuerà a premere verso est, ma come? Dopo il vertice UE a 27 a Bratislava la NATO e gli USA non possono più esercitare alcuna pressione. Con l’Ucraina al confine e la Russia senza confine, il confine orientale di una certa Europa arriverà dall’Oceano Atlantico attraverso la Russia fino all’Oceano Pacifico, aspettando che Ucraina e Bielorussia si uniscano. L’assenza di confini in Russia rende inevitabile la profetica visione di Gorbachev di una “Casa Europa”.

E questo accade all’interno delle organizzazioni pan-europee: il Consiglio d’Europa e la OCSE. Questo sarà il loro programma, lento ma ineluttabile.

Possono coesistere Cina ed Europa in movimento? Meglio che senza alcun movimento. Russia e Cina, ed Europa e Russia, devono fare i conti con vecchie ferite. E una risposta sta in Cina ed Europa che traggano ispirazione l’una dall’altra.

europa-cina


#460 | Johan Galtung – 26 Dicembre 2016

Titolo originale:  China and Europe–Comparisons and Futures

Traduzione di Franco Lovisolo per il Centro Studi Sereno Regis


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