Da un mondo all’altro | Interventi civili di Pace in Palestina


Interventi civili di pace in Palestina …il secondo report da RACCOGLIENDOLAPACE, sito web di reporting del progetto “Interventi Civili di Pace in Palestina” del Centro Studi Sereno Regis in partenariato con:

Un ponte per…, Assopace Palestina, Popular Struggle Coordination Commitee, IPRI – RETE CCP, SCI-Italia con il sostegno del Tavolo degli Interventi Civili di Pace


-Conosci qualche canzone araba?- mi chiede un giorno la giovane S. mentre leviamo le pietre dal campo per renderlo meglio coltivabile.

– Certo che ne conosco.- Le rispondo, guardandoci sorridendo e immerse nella polvere sotto un caldo sole e il cielo azzurro.

– Io conosco “Bella, ciao”! La conosci? –

– Certo che la conosco.- 

-Cantala!-

“Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor” dice la prima frase. E qui, in Palestina come altrove e come sempre da quando l’uomo ha memoria, arrivò l’invasore, e qui si portò le sue colonie, colonie che crescono, si espandono. E ci diranno infatti che “quella parte lì è recente” nella colonia di Ma’on, a pochi metri dal campo, vicino ad at-Twani. Colonia e avamposto di fronte, Avat Ma’on immerso nel verde. Una collina verde che quando la osservi da lontano, fra le altre color ocra, capisci che è un qualcosa di artificiale, che a questa terra non appartiene.

Colonia e avamposto, e in mezzo una stradina che tutti i giorni viene percorsa dai bambini del villaggio di Tuba per raggiungere la scuola di at-Twani. Ma con la scorta militare. Bambini scortati dai militari dell’occupazione affinché non vengano attaccati dai coloni.dscn0146

Non sempre si riesce a descrivere sensazioni e momenti. Questo è uno di quei casi; si può usare la parola “assurdo”, dire che si prova amarezza, rabbia, o non sapere neanche dire che cosa si provi.

Ad at-Twani, dove riecheggiano le voci dei bambini e i versi dei vari animali, trascorriamo una settimana, fra terra che viene difesa e coltivata, piccoli ulivi e altri alberelli da annaffiare. E poi di nuovo a Ramallah, da un mondo all’altro. Ramallah, dove sediamo a un tavolo di un bar a bere birra Taybeh, fumando narghilè e ascoltando musica contemporanea, francese o di altri paesi. E tutto sembra così lontano…

Dalla tranquillità del villaggio, anche se costantemente sotto minaccia, alla caotica città.

Ed eccole le molte facce della Palestina, fatta di tradizioni e assurdità imposte – quelle dell’occupazione israeliana. Come quella del muro, che viene costruito per difendersi dalla minaccia terroristica, una minaccia che deve stare di là, dall’altra parte; ma in quella parte, poi, ci vanno ad abitare (a insediarsi) quelle stesse persone che vorresti difendere… E poi i coloni: mi fermo un attimo a pensare a questo termine, non tanto a quel che questa parola trasmette con tutto ciò che vi gira intorno, bensì a un’altra forma di de-umanizzazione; non una persona, non un uomo o una donna quella che può capitare di vedere, bensì è solo “il colono”, l’occupante, il problema, il nemico. Così come il ragazzo palestinese è “il terrorista”, e quindi lo si de-umanizza, così dall’altra parte.

Mosaico e dedalo di situazioni. Occupazione e resistenza .

Siedo a un tavolino di un bar e penso a tutto questo e alle parole di chi ci ha offerto ospitalità nella sua casa: “At-Twani vi mancherà”. E penso a tutti i bambini e a quell’ultimo momento che ho avuto per stare seduta con loro sotto un albero, giocando con Jabr fino all’arrivo della camionetta e poi vederli andar via. Per l’ultima volta.

Sì, ci mancherai, cara at-Twani.

1 commento
  1. Grazia
    Grazia dice:

    Cari, grazie per il reportage. Sorge subito una domanda: che possiamo fare per aiutare? Sicuramente mandare pensieri di giustizia, che sicuramente incidono lo spazio. E che altro?

    Rispondi

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.