Il sogno di Superman. Intervento per l’inaugurazione della retrospettiva su Mimmo La Grotteria | Marco Scarnera


mimmo_lagrotteria 570pxRischiamo di buttare via addirittura la vita nostra e di chi amiamo,
perché non ci soffermiamo su chi siamo e su ciò che facciamo.
E’ più bello un bambino di qualsiasi quadro.
Se faccio bei quadri, è perché sono belli i bambini.

Mimmo La Grotteria

Ho incontrato Mimmo circa dieci anni fa, frequentando un gruppo di studio e di scambio interdisciplinare, ma la nostra conoscenza reciproca si approfondì quando mi coinvolse nella presentazione di una sua personale nel 2008. Fu per quell’occasione che “ricomposi” l’intervista intitolata Polittico di Mimmo La Grotteria, ricavata da un colloquio che tenemmo nel suo appartamento di via Tintoretto una sera di primavera. Concedetemi l’ironia per chiarire che “ricomporre” sia un vocabolo appropriato, perché si trattò soprattutto di assemblare i tasselli di un pensiero straripante, considerato che gli bastava una domanda puntuale o una semplice osservazione per replicare con un profluvio di libere associazioni! Probabilmente fu allora che incominciai a rendermi conto di come la sua esuberanza nel dialogare, la sua generosità nel mettersi a disposizione e la sua instancabilità nel fare arte procedessero dalla medesima sorgente sotterranea che potremmo chiamare “impulso” a travalicare i limiti e le convenzioni e che, se talvolta poteva risultare caotica o eccessiva, era l’espediente per soddisfare, con una fecondità venata di melanconia, l’incalzante esigenza di trovare un senso pieno e gioioso per la vita.

Dopo esperienze di impegno minore, l’opportunità di condividere un’impresa senz’altro ambiziosa che si rivelò decisiva per la nostra amicizia, venne dai preparativi alla mostra collettiva Esperimenti di Arte e Nonviolenza, ospitata presso il Centro Studi Sereno Regis dall’11 al 23 aprile 2014. A tale scopo, come referente del progetto Irenea del CSSR, fin dalla primavera del 2012 gli avevo proposto di collaborare a promuoverne i contenuti, a convocare autrici e autori, a coordinare la squadra di lavoro, a curarne l’allestimento insieme alle tante persone che ora preferisco non elencare per non dimenticarne nessuna.

super_mimmoAll’esposizione Mimmo partecipò con la sola stampa ingrandita di Chi siamo, che fu collocata in uno spazio marginale, segno di deliberata modestia. Come mai scelse proprio quel quadro? Almeno uno dei significati primari parrebbe facile da individuare: sotto l’influsso del profilo lunare che trapela in un’atmosfera notturna, una vigorosa figura vestita da Superman, con baffi e capigliatura simili a quelli di Friedrich Nietzsche, sogna o medita a occhi chiusi serenamente seduta, mentre sorregge il capo col braccio appoggiato su un pianoforte; un asso di cuori giace ai suoi piedi. Sembrerebbe palese l’intenzione di mostrare con un paradosso umoristico la concomitanza di intelligenza, azione, immaginazione e affettività, nella quale si concentra l’essenza dello spirito umano; ma perché questo dipinto ha qualcosa da dirci sul rapporto fra arte, pace e nonviolenza? Quale messaggio ci voleva comunicare Mimmo?

Col rammarico di non avere avuto modo di chiederglielo, confermerei l’ipotesi che azzardai, appena vidi il dipinto, ricorrendo all’artista per antonomasia: il poeta Orfeo, del quale potremmo rintracciare l’archetipo eroico sotto due aspetti.

Chi siamo in quanto creativi? Se il potere senza la verità è cieco e se l’idea senza la prassi è sterile, con la sua intrinseca tendenza all’armonia è l’arte (come indica l’etimo di entrambi i sostantivi) a unificare conscio e inconscio, contemplazione e istinto, libertà e naturalezza, secondo la nota lezione romantica. In effetti Orfeo ammansiva gli animali feroci e mitigava l’aggressività dei rivali tramite il canto, ovvero umanizzava gli uditori esercitando la forza della poesia: quasi un’anticipazione della fraternità cosmica di Francesco di Assisi. Un mito analogo narra che con l’energia della musica Anfione trasportò le pietre per edificare le mura di Tebe, a suggerire che non il furore bellicoso, bensì la razionalità artistica è indispensabile per inaugurare una civiltà improntata a valori di pace.

Chi siamo in quanto ricettivi? Ancora una volta il nesso tra realizzare e fruire, tra espressione e ascolto, fra attività e passività, appare indissolubile nella concretezza del gesto ermeneutico. Non a caso Ermes, il dio dei confini (l’inventore della lira, la guida delle anime, l’astuto oratore), oltrepassa e ridefinisce i limites (sia geometrici che linguistici) non solo nel senso di trasgredirli, ma specialmente di rinnovarli in una dimensione potenziata o, appunto, “superiore”: ovvio che mi stia riferendo al “super” di Superman. Come ricordiamo, Orfeo avrebbe recuperato dall’Ade la donna che amava, se avesse resistito alla tentazione di voltarsi verso Euridice prima di riemergere alla luce del sole. Un’interpretazione spiega che per condurre l’opera alla sua perfezione l’artista non può dominare la fonte d’ispirazione interiore, cioè fissarla di fronte a sé come un oggetto esteriore; perché produce (cioè porta alla luce) in maniera genuina solo se viene sospinto da un’invenzione spontanea, secondo un’intuizione che sfugge al controllo totale. Prive di questa compenetrazione fra consapevolezza e inconsapevolezza, le alternative decadrebbero verso l’illustrazione didascalica o la strumentalizzazione ideologica da un lato e verso il vacuo virtuosismo o l’imitazione scolastica dall’altro.

Allora, tornado al nostro interrogativo, constatiamo che la dote antropologica eminente sarebbe la facoltà di calarci nelle tenebre infernali, fare i conti con la nostra pulsione di morte, di violenza o di guerra, per risorgerne trasformando l’ombra con l’eros.

Non riconosciamo in Mimmo questo atteggiamento che lui stesso avrebbe denominato “etico” prima che “estetico”? Non escluderei che rientri nell’eredità che gli piacerebbe destinarci con l’invito a rincontrarci qui oggi: senza l’illusione di rievocarlo guardando a ritroso, bensì con l’entusiasmo prospettico della fantasia, lasciandoci trascinare dal ritmo delle opere che tuttora mediano la sua presenza; quindi poetando (cioè costruendo nella bellezza) la pace che sognava, e intrecciando relazioni a partire dagli ultimi, dai piccoli, dalle vittime ai quali ha saputo approssimarsi aldilà dei pregiudizi culturali e degli ostacoli materiali. In fondo l’amore non è la relazione per eccellenza, la capacità di plasmare il mondo grazie alla compassione e alla solidarietà, come attestano i ricercatori di nonviolenza che rischiano i propri talenti per scoprire il senso nascosto nella nostra esistenza terrena? Credo che Mimmo meriti di comparire fra costoro, mentre ci incoraggia a essere come Orfeo travestito da Superman.


Nota: questo scritto è l’adattamento del contributo alla presentazione della mostra “ti ho incontrato” (a cura di Domenico Papa, 16-25 giugno 2016 presso il Circolo degli Artisti di Torino) dedicata a Domenico La Grotteria a un anno dalla sua scomparsa (24 giugno).

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