Il filo rosso. Memoria di Cristina Balzano


Abbiamo udito parlare di una singolare disposizione che vige nella marineria inglese. Tutto il cordame della Regia flotta, dal più poderoso al più leggero, è tessuto in modo che un filo rosso corra per l’intero insieme, né si possa separare quel filo senza sciogliere tutto, in forza di che anche i più piccoli frammenti di fune si fanno riconoscere come appartenenti alla Corona. (Johann Wolfgang von Goethe)

Il testo che segue riprende le parole pronunciate per Cristina Balzano, la mattina del 16 giugno 2016 al Tempio crematorio. Vi ho aggiunto qualche notizia e qualche passaggio nuovo per far conoscere un po’ di più la nostra amica a chi non l’ha conosciuta. Il brano di Goethe, tratto da Le affinità elettive, è la dedica che Cristina mi ha fatto per il suo libro su cinema e letteratura: Testo e cinema, Editoriale Paradigma, Firenze 1989.

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Cristina BalzanoCara Cristina,

ci siamo tutti, con Caterina piccola e Caterina grande, i tuoi amici, ci siamo tutti per salutarti, non per dirti addio. Caterina grande ha scritto un saluto per te, non se la sente e io mi sono offerto di leggerlo per lei. Una nostra amica, nel breve tratto dall’ingresso del cimitero al tempio, mi ha detto: “Dì qualcosa di tuo”. Così ho pensato di raccontare questo episodio, uno dei tanti.

Era verso la fine degli anni Ottanta. Eri contenta, felice perché l’Editore D’Anna aveva risposto alla tua proposta di un libro su cinema e letteratura, invitandoti in casa editrice a Firenze. Mi chiedesti di accompagnarti. In quel tempo della nostra vita siamo andati a Firenze da amici. Ricordo la cura con cui preparammo la missione, le ipotesi, le congetture durante il viaggio. Tu indossavi un giubbotto double face. Quando arrivammo davanti alla sede della casa editrice, prima di entrare, mi dicesti: “Guarda bene il colore, quando esco, se è andata bene, il colore sarà diverso, perché giro il giubbotto”. Quando uscisti, il colore era cambiato. Quanto abbiamo sorriso e riso, mentre mi hai descritto la faccia del vecchio D’Anna, l’editore in persona, quando ti ha visto girare il giubbotto, mentre gli dicevi: “Niente è una cosa mia …”. Il libro poi è uscito nel 1989.

Per farvi capire l’importanza di Cristina nella mia vita, lasciatemi dire che non so da quanto tempo sulla mia scrivania al lavoro, al Centro Gobetti, c’è una fotografia di noi due giovani, io attorno ai 20 anni, lei attorno ai 30, sorridenti, in Piazza Arbarello. Qui allora c’era la Facoltà di Economia e Commercio, dove Cristina ha lavorato, fino a diventare il capo della segreteria studenti della Facoltà. Nella vicina via Fabro, aveva e ha la sua sede il Centro studi Piero Gobetti, che è diventato, insieme all’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza e al Centro Studi Sereno Regis, per tanti anni, un po’ la sua casa.

Cristina ha collaborato con Paolo Gobetti e al “Nuovo Spettatore”. Per il Centro Sereno Regis si è occupata di cinema e pace e ha partecipato alla prima edizione de “gli occhiali di Gandhi”. Al Centro Gobetti si è occupata, tra l’altro, delle trascrizioni del Seminario “Etica e Politica” di Bobbio, nonché della cura redazionale delle lezioni universitarie del professore a Siena nel 1939, del suo carteggio con Paolo Farneti e dei manoscritti inediti di Bobbio su Marx. Insieme abbiamo raccolto i ricordi di Bobbio sui suoi rapporti con il cinema. Negli ultimi tempi le avevo chiesto di svolgere una ricerca su Bobbio e le arti tra le carte dell’archivio, che aveva abbozzato conseguendo qualche primo risultato.

Cristina si è dedicata al cinema con passione e competenza, dando un contributo importante alla nonviolenza con pubblicazioni sul cinema, la pace e i diritti civili. Ha curato diverse rassegne di film ed è stata responsabile della sezione cinematografica del mensile “Alphaville” e della rubrica radiofonica di cinema e spettacolo di Italia radio.

Riprendendo l’immagine a lei cara di Goethe – “Tutto il cordame della Regia flotta, dal più poderoso al più leggero è tessuto in modo che un filo rosso corra per l’intero insieme …” – si può dire che il cinema è stato il filo rosso che ha intessuto la trama della sua vita.

Sono andato a riguardarmi tutti i libri di Cristina: quello già ricordato su cinema e letteratura, Cento anni di cinema civile (2002), A qualcuno piace… Tango. Tango e cinema (2006), Le parole del cinema (2013). Ha scritto anche un romanzo autobiografico su una intera generazione.

Nel libro sul cinema civile ho trovato un’espressione che riassume il senso del suo cammino, un cammino che abbiamo fatto insieme e che abbiamo condiviso chi più chi meno tutti noi amici: “laicismo solidale”.

Lei ha seguito il suo cammino con rigore, con intransigenza estrema, anche con “cattiveria”, quando è necessaria per rimanere fedeli a un principio, per essere coerenti con una visione del mondo.

Cristina aveva una visione rigorosamente mondana, terrena, laica. Lei è stata comunista, comunista nel migliore senso della parola. Ci siamo conosciuti nei locali polverosi dell’ARCI che io, giovanissimo obiettore di coscienza, frequentavo da non comunista. Ricordo le riunioni, insieme con l’amico Giovanni, al coordinamento cittadino dell’Arci a Torino tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta e, più avanti, quando lei organizzò la presentazione di un mio libro sull’obiezione di coscienza nella sezione Torino centro del Partito.

Cristina è stata laica integralmente.

La scelta del volontariato, compiuta all’inizio degli anni Novanta, ha rappresentato un momento fondamentale nel suo cammino. Ricordo quando me ne parlò, prima per cenni poi diffusamente una sera, motivandone le ragioni. Ragioni che sono tutte in quella parola: “solidale”.

Laicità si deve coniugare con solidarietà.

Ma la parola che amava di più, credo, è un’altra: “civile”. La passione più grande della sua vita è stata il cinema, in particolare il cinema civile, al quale ha dedicato un libro importante, Cento anni di cinema civile.

Nella premessa spiega che il sottotitolo ideale del libro avrebbe potuto essere: Il diritto di vivere in pace, precisando che la pace nella sua visione “si identifica con la nozione di convivenza civile e abbraccia i concetti di libertà e solidarietà. Pace come essenza non meramente giuridica (assenza di guerra o pace negativa), ma sociale, esistenziale, interiore (pace positiva)”.

Poi aggiunge: “La parola civile esprime uno stato dell’animo, della mente e dell’agire nonviolento, rispettoso e solidale verso i diritti degli esseri umani, degli esseri non umani e dell’ambiente. È adesione agli ideali di libertà, emancipazione e riscatto personali e collettivi, simpatia per ogni forma di diversità, indignazione per l’indifferenza e i pregiudizi, predisposizione alla pietas e amore per gli ultimi e i perdenti, considerazione per l’aspirazione alla felicità e il bisogno di assoluto, attenzione al disagio di vivere, amore per l’utopia delle fiabe”.

Infine chiarisce: “Il cinema civile, quindi, corrisponde a un cinema d’impegno o a sfondo umanistico, che rispecchia la mia visione del mondo, improntata a una sorta di laicismo solidale”.

Cara Cristina, ti leggo il “piccolo saluto” che Caterina grande ha scritto per te:

Le parole scorreranno forse nei giorni a venire. Le parole spesso non ci sono state neppure nei giorni passati. Gesti essenziali, temperamenti differenti, talvolta incomprensioni. Questo non ha escluso un legame e non solo per via del sangue. Sei andata leggera dopo il peso del dolore. Il giorno 16 sei nata e il 16 sei nata di nuovo, questo è il mio sentire. Ora tu sai come è veramente. Desidero che questo piccolo saluto ti sia leggero e per questo ti ho donato il nostro amato Simenon. Nell’introduzione al volume è scritto: “Nel 1939 il film Ninotschka di Ernst Lubitsch fu lanciato con un un’unica frase: «La Garboride». Si potrebbe fare qualcosa di analogo per queste Inchieste dell’Agenzia O e annunciare: «Simenon si diverte!»”.

E io aggiungo: “Cristina sorriderà”.

È con un sorriso che vogliamo salutarti.

Ciao Cristina … … …

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