Cellulari e internet: che impronta!

Elena Camino

 


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Abbiamo preso l’abitudine di vivere (o credere di vivere…) in un mondo dematerializzato: scambiamo informazioni e chiacchiere con persone all’altro capo del mondo, prenotiamo posti a teatro senza muoverci da casa, cerchiamo il ristorantino più adatto senza girare faticosamente in auto. Risparmiamo carta!

Tutto questo ci costa poco: la spesa per la ricarica del cellulare è modesta, se facciamo attenzione alle offerte. E i telefoni ‘smart’ offrono talmente tante funzioni!

Il numero crescente di persone che utilizzano le opportunità del mondo informatico ha spinto alcuni a fare qualche conto: qualcuno è più interessato a capire quanto costa in termini economici, altri vorrebbero capire qual è l’impatto ambientale.

Più efficienti, ma sempre più numerosi1

Anche se la richiesta annuale di elettricità per la ricarica di uno smartphone è trascurabile, non bisogna dimenticare l’effetto moltiplicativo. Se consideriamo il numero di questi telefoni che viene attualmente usato nel mondo, e proviamo a fare delle proiezioni per gli anni a venire, il consumo di elettricità diventa molto significativo. Gli ordini complessivi di smartphone quest’anno (che include anche le persone che hanno deciso di cambiare modello) è di circa 567 milioni. Si valuta che nel mondo sia un miliardo il numero di persone che ne possiede uno.

Anche considerando solo i 170 milioni di iPhone 5′ che si prevede vengano venduti entro i prossimi 12 mesi, il consumo collettivo di elettricità sarà equivalente ai consumi elettrici di 54.000 famiglie degli USA. E si tratta di un solo modello di smartphone, venduto per un solo anno. Naturalmente per far funzionare uno smartphone le richieste energetiche vanno ben al di là della ricarica della batteria. In particolare, gli smartphones stanno alimentando un boom del traffico su Internet: nel 2011 il traffico medio mensile è triplicato rispetto al 2010 (150 megabytes rispetto a 55 megabytes), e le previsioni per il 2016 sono di un aumento di 17 volte.

Elaborare tutto questo traffico informatico richiede di alimentare – con un consumo energetico notevole – i centri di raccolta e smistamento dei dati.

Nel mondo sono stati installati ormai più di 3 milioni di sistemi di elaborazione dati: sono attivi dei super – computer che consumano circa l’1,5% dell’elettricità mondiale per gestire le ricerche su Bing, i video su YouTube, gli incontri su Facebook, e qualunque altra cosa i nostri PC, tablet e cellulari facciano attraverso internet.

Dal 1978 il consumo energetico dei principali elettrodomestici un frigorifero consuma adesso il 60% in meno di energia, una lavatrice il 70% in meno. Ma sempre più persone possiedono sempre più elettrodomestici e apparecchi elettronici.

L’impronta ecologica di internet2

Le reti di informazione

Dai social media alla musica, dai video in streaming alle mail e agli acquisti on-line, stiamo spostando sempre più molte delle nostre attività in rete. Di conseguenza il traffico globale di internet è aumentato enormemente. Mentre la ricarica di un tablet o di uno smartphone richiede una quantità trascurabile di energia, se includiamo il consumo di energia dell’intera infrastruttura che emette il segnale scopriamo che per guardare un’ora di video alla settimana per un anno consumiamo la stessa quantità di energia elettrica che consuma un frigorifero nello stesso tempo.

In termini di impronta del Carbonio, il Boston Consulting Group ha valutato che l’infrastruttura di Internet è stata responsabile, nel 2011, di 0,9 miliardi di tonnellate di gas a effetto serra (greenhouse gases – GHG), pari all’1.9% delle emissioni mondiali. Nonostante i miglioramenti di efficienza del sistema, ci si aspetta che l’impronta di carbonio di internet salirà a 1,3 miliardi di tonnellate di GHG entro il 2020, pari al 2.3% delle emissioni globali. La produzione di CO2 è ripartita così: il 61% è prodotto dalle utenze finali, il 22% dalle reti di telecomunicazione, il 17% dai centri di elaborazione dei dati.

La produzione delle strutture 

Le vogliamo calcolare l’impatto complessivo del sistema, dobbiamo prendere in considerazione anche la fase di costruzione dei singoli elementi della rete (PC, server, antenne, cavi, modem, amplificatori… ) che sono stati costruiti utilizzando risorse naturali come acqua, metalli, petrolio. E dobbiamo anche mettere in conto che molte sostanze inquinanti sono state rilasciate nell’atmosfera e in acqua ad ogni fase di costruzione.

I centri di elaborazione dati

Quali compagnie stanno immagazzinando tutti i nostri dati, e da quali fonti energetiche dipendono? L’ultimo Report di Greenpeace3 analizza le fonti energetiche di alcune compagnie, per capire se usano energia ‘pulita’ o ‘sporca’.

Confrontando gli ultimi dati con quelli rilevati nel 2012, Greenpeace ci informa che alcuni centri di elaborazione dati hanno preso iniziative interessanti per spostarsi verso un sistema ‘verde’. Purtroppo, nonostante il buon esempio dato da alcuni, altre compagnie non mostrano segno di volersi rinnovare, e stanno ingrandendo molto, insieme alle loro reti, anche la loro impronta ecologica.

Altre compagnie ancora hanno deciso di non pagare alcun tributo alla sostenibilità, e si limitano ad acquistare energia ‘sporca’ direttamente dalla rete, basando le loro scelte esclusivamente sulla convenienza economica, senza alcuna attenzione per l’impatto che i loro consumi esercita sulla salute umana e sull’ambiente.

Il Report di Greenpeace presenta una classifica di sette compagnie, che viene riportata qui sotto.

Impronta ecol Cellulari e internet

Il Clean Energy Index esprime la media della quantità di energia rinnovabile utilizzata da tutti i sotto-sistemi della rete.
ET – Energy Transparency: esprime il grado di trasparenza delle informazioni che la compagnia fornisce sui suoi consumi.

REC – Renewable Energy Commitment: indica sia la quota di energia pulita usata, sia le decisioni prese a livello imprenditoriale per l’orientamento futuro.

EE – Energy Efficiency & Mitigation: sono le strategie messe in atto e i progressi conseguiti nel ridurre l’uso di energie ‘sporche’.

RD – Renewable Deployment & Advocacy: segnala il progresso realmente conseguito, e gli investimenti per incoraggiare la produzione e l’utilizzo di energia pulita su larga scala.

Azioni di lobby contro il cambiamento climatico

Il Report di Greenpeace segnala inoltre che Google, Facebook, Microsoft eYahoo! sono stati membri dell’ American Legislative Exchange Council (ALEC), una organizzazione impegnata a contrastare le leggi sulle energie rinnovabili. L’ALEC aveva anche preso di mira l’Agenzia di Protezione Ambientale degli USA ( EPA), ostacolando gli sforzi per limitare l’inquinamento prodotto dalle certali a carbone.

Oltre ad essere socie di ALEC, Google e Facebook hanno offerto sostegno politico al Competitive Enterprise Institute, un gruppo conservatore con forti interessi per i combustibili fossili, e che ha negato a lungo l’evidenza del cambiamento climatico.


Indicazioni bibliografiche

Digital Power Group, The Cloud Begins With Coal, August 2013

The Boston Consulting Group, The Role of ICT in Driving a Sustainable Future, December 2012

How Clean is Your Cloud? (April 2012) – Greenpeace

Clicking Clean – How Companies are Creating the Green Internet, Greenpeace, April 2014


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