Nuvole e sciacquoni | Recensione di Cinzia Picchioni
Giulio Conte, Nuvole e sciacquoni, Edizioni Ambiente, Milano 20092, pp. 208, € 20,00, con la Prefazione di Alberto Angela
Non vi sembra una novità? [ perché l’argomento trattato da questo libro non ha scadenza, ce ne occupiamo ogni giorno, più volte al giorno, tutti e tutte noi animali-umani.
Già cinque anni fa, infatti, abbiamo recensito un altro libro affine, intitolato, genialmente Il grande bisogno (se vi è sfuggita la recensione la ritrovate qua: http://serenoregis.org/2011/11/03/se-incontrate-questo-libro-non-pensate-che-non-vi-riguardi-recensione-di-cinzia-picchioni/ e anche in un altro sito, che ha ritenuto importante riprenderla: www.fabionews.info/View.php?id=11984).
Ma torniamo al libro di questa settimana: come recita l’altrettanto efficacissimo titolo, si parla dell’acqua, quella che viene giù dalle nuvole e scroscia giù dagli sciacquoni – potabile, potabile – per portare via i nostri «bisognini e bisognoni». Ci pensiamo mai? Ci pensiamo abbastanza? Questo libro richiama la nostra attenzione distratta, e ben venga. A me piacciono quei libri che, trattando un problema, forniscono qualche piccola o grande soluzione da applicare subito, mentre si continua a teorizzare/ragionare/studiare il problema. E questo libro è così.
Fornisce, per esempio, la composizione della pipì, così da renderci edotti sulla necessità di separarla, quando la eliminiamo dal corpo – piccolo, il nostro – per immetterla in un altro «corpo» – grande, la Terra, Gaia:
«Dunque ricapitoliamo, eliminare la pipì dai nostri scarichi renderebbe molto più semplice e breve il processo di depurazione degli scarichi; la pipì è la componente delle acque nere che presenta meno problemi igienico-sanitari, essendo virus, batteri e parassiti veicolati prevalentemente attraverso le feci. […] riuscire a separare le urine, vorrebbe dire rendere inutili, rimanendo in Italia, tutti gli impianti di trattamento terziario – reattori nitro-denitro e impianti di defosfatazione – che i Piani di Tutela delle Acque prevedono di costruire per ridurre l’inquinamento: stimo parlando di investimenti da milioni di euro, senza considerare i costi di gestione e il relativo consumo energetico!», pp. 94-95.
E alla pagina successiva ecco la foto di un vaso per la raccolta delle urine (Roevac Trenntoilette), un «separatore delle urine», già costruito e in funzione – ovviamente in Nord Europa!
Un metro cubo
Immaginiamo uno scatolone trasparente, ciascuno dei cui 6 lati sia un quadrato con lati di 1 metro. E ora riempiamolo d’acqua: ce ne staranno 1000 litri. Ora immaginiamo che qualcuno capace di calcolare il Life Cycle Assessment (LCA, di solito lo troviamo abbreviato così), cioè la Valutazione del Ciclo di Vita, l’abbia fatto per valutare quanto sia necessario per gestire – «dalla culla alla tomba», come si dice – un metro cubo d’acqua potabile. Il libro presentato riporta tutto questo rivelando che serve:
1. l’acqua direttamente consumata per la potabilizzazione e la manutenzione delle reti (ma anche le perdite lungo il tragitto);
2. l’energia elettrica necessaria per tutti i servizi (compreso il trattamento dei «rifiuti» acquei;
3. i composti chimici indispensabili per potabilizzare l’acqua prima dell’uso e per trattarla dopo l’uso;
4. la produzione di rifiuti, quali i funghi di risulta dei processi di trattamento dei reflui che devono essere smaltiti (spesso previo incenerimento) come rifiuti speciali.
Questo elenco ci fa riflettere sul dato che troviamo poco dopo, quando scopriamo che «per far arrivare un metro cubo d’acqua potabile, a Bologna ne sono stati usati e persi […] 0,26 m3 […] e sono stati usati 0,66 kWh di energia elettrica. Quando sprechiamo l’acqua (lasciandola scorrere inutilmente mentre insaponiamo i piatti, o mentre ci radiamo, o mentre ci insaponiamo, o mentre ci mettiamo lo shampoo, o per rinfrescarla, o per…) buttiamo perciò via anche tutta l’acqua «occulta» (per renderla potabile e per ri-renderla potabile dopo che l’abbiamo usata per allontanare i nostri «rifiuti»; e in più sprechiamo anche tutta l’energia elettrica che è stata necessaria per farlo!
Il consiglio che scorre per tutto il libro è «cercare soluzioni altre» all’uso di acqua potabile per lo sciacquone di casa (e per tutti glli altri): dal riuso delle acque già «grigie» della casa ai gabinetti «a secco», o più sofisticatamente composting toilet di cui esistono in commercio «moltissimi modelli [che] prevedono anche la separazione delle urine» (tipo la finlandese Naturum: www.naturum.fi).
Se lo dice Alberto Angela…
Traggo dalla Prefazione che apre il libro segnalato alcune righe piuttosto significative, con cui chiudo questa recensione, pregandoci di tenere desta l’attenzione su questo, che è un problema di non poco conto e che ci riguarda tutti, ogni giorno, più volte al giorno, per tutta la vita.
Vi siete mai chiesti quanto tempo ci vuole perché una goccia di pioggia (o un fiocco di neve) caduta sulle montagne arrivi fino a noi, uscendo dal rubinetto? Si calcola all’incirca 40 anni! […] Si rabbrividisce nello scoprire che 2,6 miliardi di persone al mondo non possiedono qualcosa che tutti noi consideriamo alla base della normalità: il gabinetto. Basterebbe garantire a questa massa di persone un migliore accesso all’acqua, per risolvere questo problema? […] con l’acqua corrente si potrebbero realizzare servizi sanitari efficienti. Purtroppo, si tratta della soluzione meno indicata. In molte aree del pianeta stiamo già usando più acqua di quanta se ne rinnova annualmente. Per risolvere un problema, se ne aggraverebbe un altro… In effetti, l’acqua è una ricchezzza che diventerà sempre più rara e preziosa. E questo riguarda anche noi, nella nostra vita quotidiana. Usare enormi quantità di acqua (e per di più potabile) solo per portare via gli escrementi è una vera follia (pp. 7-8).
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