Ricordando Pietro Pinna. Le lettere a Capitini (terza parte) | a cura di Marco Labbate


L’ultima parte della pubblicazione delle lettere destinate da Pietro Pinna ad Aldo Capitini, conservate al fondo Capitini dell’Archivio di Stato di Perugia, è dedicata alla libertà riconquistata. L’epistolario si dirada e si spegne. Emerge un senso di apatia e stanchezza che coglie Pinna dopo la libertà, nonostante il tentativo di Capitini di coinvolgerlo in alcune attività, tra cui la pubblicazione di un libro che sarebbe uscito quarant’anni dopo col titolo La mia obiezione di coscienza. Una parte delle lettere è dedicata alla sorte in cui incapparono gli obiettori che, a distanza di pochi mesi, seguirono Pinna in quella scelta: Elevoine Santi, Pietro Ferrua e Mario Barbani. Tutti, scontata la pena detentiva, si trovarono in tempi diversi a tentare la via dell’esilio per evitare la nuova chiamata. Riuscì per Santi e Ferrua, mentre invece il passaggio clandestino in Svizzera di Barbani trovò la polizia elvetica che lo riconsegnò a quella italiana. Un secondo processo per obiezione di coscienza gli sarebbe costato una condanna a poco più di cinque mesi.

A distanza di oltre dieci anni dal rifiuto del servizio militare il contatto tra Capitini e Pinna si riallaccia. L’occasione è una proposta di collaborazione da parte del primo, che coglie Pinna mentre si trovava a Partinico a lavorare con Danilo Dolci, dopo essersi dimesso dall’impiego in banca. Comincia qui una nuova storia, quella del Movimento Nonviolento per la Pace, che ebbe in Capitini e Pinna gli iniziatori e i protagonisti.


pietro_pinnaFerrara, 14 marzo 1950

Caro Capitini,

non so come scusarmi del lungo ritardo a risponderti. Non posso certo togliere a scusante il fatto d’avere buona parte della giornata occupata dall’impiego; con un poco di buona volontà avrei trovato cinque minuti liberi di sera. Ma una certa negligenza mi prende da qualche tempo, quasi una specie di disinteresse. Veramente la libertà non mi trova in condizioni d’animo molto felici. Comunque questo passerà ben presto, ne sono certo; molto credo dipenda da stanchezza fisica: poi, il dolore alla testa che mi prese fin dai giorni della detenzione di Torino, continua a darmi noia sempre, e ancor oggi non mi lascia. E ciò mi secca soprattutto perché mi impedisce di godere della lettura e proprio tale mancanza forse sarà quella che più influisce a farmi sentire quel senso di distacco da tante cose.

Questo poi il motivo per cui non presi in considerazione il tuo suggerimento di scrivere un libro. L’idea fu molto bella, ed anzi debbo proprio ringraziartene, ma tu comprendi bene come, riguardo a cose del genere, difettando lo stato d’animo adatto, manca tutto il necessario; meglio è allora non farne niente assolutamente. Ceronetti anche te ne avrà scritto, con lui discussi durante una mia breve scappata a Torino alla fine di gennaio. Ma ne riparleremo.

Sono rimasto colpito dalla feroce condanna inflitta ad Elevoine Santi. La domenica successiva al processo visitai a Sala Bolognese i suoi genitori. Son persone di umile condizione, molto addolorati per la reclusione del figlio; dell’obbiezione di coscienza non comprendono tanto, e pensano all’accaduto del figlio come ad una disgrazia, prima che ad ogni altro. Non per questo son certo condannabili; del resto sono ottime persone d’animo buono e vogliono veramente bene al figlio: finiranno pure loro per comprenderlo appieno. (…)

Perdonami ancora una volta la mia scortesia per il lungo indugio nella risposta, e gradisci i miei più cordiali affettuosi saluti.

Pietro Pinna

*****

Ferrara, 5 agosto 1951

Carissimo Capitini,

Ho tardato alcuni giorni a risponderti perché attendevo la domenica e disporre di maggior tempo per scrivere.

Circa, il memoriale, ti dirò che non l’avevo ancora letto stampato sull’«Incontro». L’ho fatto in questi giorni dopo il tuo accenno, ed ho trovato che non è perfettamente identico a come lo ricordo originale. Nulla veramente di importante, alcune parole lette male, alcune altre saltate; qualche parola aggiunta. La fine (quella che nei fogli che ti allego sta nella terza pagina) non fa neppure parte del memoriale, ma della prima dichiarazione che feci quando ancora mi trovavo al Corso Allievi Ufficiali. Un vero grosso errore è nel punto in cui viene messa tra parentesi la frase «adorazione di Cristo», che fa intendere, secondo quanto immediatamente la precede, ch’io dica di considerare tale adorazione come l’essenza della religione. (Non potrei ora riprodurre per intero tutto il pensiero che avevo messo in quel punto, perché non ho l’originale: ricordo però che dicevo lì quasi il contrario, rimproverando alla Chiesa Cattolica di esaurire l’interesse per la persona di Gesù Cristo in una vuota adorazione esteriore).

Per queste cose, ho così pensato di ricopiarti il memoriale, con le piccolissime varianti che ho creduto esatto di apportare alla pubblicazione sull’«Incontro».

Hai naturalmente la mia autorizzazione circa l’inserimento nell’opuscolo che hai preparato, per quanto sia un pezzo così poco connesso, e addirittura monco (si vede benissimo che manca tutta la parte diciamo positiva del valore dell’obbiezione; non un accenno neppure al suo significato nei confronti del rifiuto alla prestazione del servizio militare. Fai tu comunque).

Gli amici usciti dal carcere si trovano tutti in serie difficoltà. Di Santi, dopo la sua ultima lettera di fine giugno in cui mi comunicava di aver preso la decisione di espatriare essendo stato fatto abile al servizio, non ho più avuto notizie; le ho sollecitate presso i suoi, ma a tutt’oggi non so nulla. Pietro Ferrua, scarcerato in giugno e richiamato immediatamente in servizio, si è reso latitante. Solamente il terzo, Mario Barbani (uscito pur’egli da Gaeta nel mese di giugno), ha avuto rimandata la chiamata al prossimo scaglione di Settembre, ma so che sta preparandosi per eventualmente espatriare. (…)

Di me nulla di nuovo. Sto discretamente bene, seppure abbia da lavorare intensamente in ufficio. Conto molto di fare dieci buoni giorni di vacanza nella seconda quindicina di settembre.

Ti saluto tanto cordialmente

Tuo Pietro Pinna

*****

Partinico, 3 maggio 1962

Caro Aldo,

Ti ringrazio per la lusinghiera offerta di collaborazione al tuo lavoro. Non escludo che la cosa, opportunamente valutata, possa interessarmi.

Molte ragioni mi invitano pur sempre a prendere tempo nella scelta d’un mio primo lavoro.

Ma intanto mi piacerebbe incontrarti: la stessa discussione con te faciliterebbe certo la scelta.

Posso muovermi in qualunque momento, a partire dai 10 di questo mese (ugualmente agevole per me vederti a Cagliari o altrove).

Attendo un tuo rigo e ti saluto.

Caramente

Piero

*****

Ferrara, 9 luglio 1962

Carissimo Aldo,

ti sottopongo una leggera variazione al programma della mia venuta a Perugia. Poiché le formalità in vista del matrimonio richiedevano ancora – nella migliore delle ipotesi – un mese di tempo almeno, avrei determinato di incominciare subito il lavoro con te, per interromperlo brevemente in coincidenza col matrimonio (che effettuerò in Isvezia per una ragione di doverosità verso Brigitta e i suoi genitori).

I tempi – grosso modo – potrebbero essere i seguenti:

15 luglio circa – una venuta a Perugia fino a metà agosto;

15 agosto circa – andata in Isvezia per una decina di giorni;

25/30 agosto – ritorno definitivo a Perugia con Brigitta.

Vuoi comunicarmi il tuo parere? (…)

Sono ognora più persuaso delle buone cose che potremo realizzare accanto a te, e la volontà di fare vuole essere all’altezza di quest’attesa.

Con affetto

Piero

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