La storia ha bussato molto forte alla nostra porta. Riusciremo a rispondere?

Jakob von Uexkull

In un discorso tenuto al World Future Council il 15 marzo 2016 il noto scrittore, filantropo e attivista Jacob von Uexküll mette in luce – con grande accuratezza ed eloquenza – i futuri pericoli che il nostro mondo dovrà affrontare. Jakob von Uexküll discende da una illustre famiglia. Suo nonno è stato un famoso fisiologo, che ha fondato la disciplina della Biosemiotica. Oltre ad essere stato membro del Parlamento Europeo e leader dei Verdi in Germania, von Uexküll ha fondato sia il Premio “Right Livelihood” (conosciuto anche come Premio Nobel Alternativo) sia il World Future Council1.


Stiamo forse facendo tutti del nostro meglio ma, come diceva Winston Churchill: “In un periodo di crisi non basta fare del nostro meglio – dobbiamo fare quello che è necessario”. Oggi dobbiamo affrontare pericoli e conflitti come mai in passato, fino a dover valutare l’ipotesi della fine di un mondo abitabile in futuro, che priverebbe tutte le generazioni future del loro diritto a vivere, e sottrarrebbe significato e scopo alle generazioni passate.

Questa realtà apocalittiva è l’”elefante nella stanza”. Le scelte politiche attuali stanno favorendo l’aumento della temperatura della Terra, con il rischio di innescare la fusione del permafrost e la liberazione di idrati di metano dal fondo oceanico, che renderebbero il pianeta invivibile, secondo le ricerche presentate alla Conferenza di Parigi sul Clima (COP 21).

Ma ben prima di raggiungere quella situazione, la nostra prosperità, sicurezza, cultura e identità si disintegreranno. Una Europa incapace di far fronte a pochi milioni di rifugiati di guerra collasserà sotto il peso di decine, se non di centinaia di milioni di rifugiati climatici.

Mentre gli scienziati sono in uno stato di crescente allarme per le condizioni dell’ambiente, i media – pronti a esagerare ogni altra notizia – sottovalutano le catastrofiche minacce al pianeta. Quando il giornale londinese “Times” presentò un quadro realistico della situazione (nel numero del 15.04.2015), si sentì obbligato a includere il numero di telefono dei Samaritans2 per coloro che si sentissero stressati dalla lettura. Mi chiedo come i Samaritans abbisno potuto gestire quelle telefonate!

Il mese scorso il columnist del N.Y. Times Paul Krugman, dopo aver osservato che il cambiamento climatico “è sempre più allarmante”, chiede “che cosa è in gioco davvero nelle elezioni USA di quest’anno? Bene, tra le altre cose, c’è il destino del pianeta”.

Una ricerca svolta dalla National Academy of Sciences USA l’anno scorso ha concluso che le dichiarazioni di un possibile ‘disaccoppiamento’ della crescita economica dalle emissioni di CO2 e dal consumo di risorse (cioè l’affermazione che sia possibile consumare di più e al tempo stesso conservare di più) sono state basate su calcoli di bilancio falsi, che hanno sottovalutato la quantità di materie prime necessarie per realizzare i prodotti presi in considerazione (The Guardian, 25.11.2015).

Ma allora, perché non abbiamo già costituito un’alleanza di emergenza per fare tutto ciò che è umanamente possibile per fermarci, e invertire la rotta?

Perché non abbiamo individuato una gerarchia dei rischi, e non abbiamo sviluppato una narrativa e una strategia comuni? Queste sono domande che sento fare spesso, soprattutto da parte di giovani, per i quali il lavoro del World Future Council e dei suoi membri offre qualche rara speranza di poter ancora avere un futuro.

Nonostante le numerose sfide, il World Future Council (WFC) ha ottenuto significativi successi. Oggi è ampiamente riconosciuto per il lavoro che svolge nel diffondere politiche esemplari e per la prospettiva olistica che contraddistingue i suoi membri.

[…]

Anche progetti non convenzionali, come la creazione di moneta, la rappresentanza politica delle generazioni future, gli obiettivi del 100% di energie rinnovabili, sono adesso presi in considerazione. Il nostro lavoro è diventato un importante punto di riferimento per studiosi e per istituzioni delle Nazioni Unite. Particolarmente significativi sono tre progetti: il Future Policy Award (FPA), il Future of Cities Forum (FCF) e il Global Policy Action Plan (GPACT).

Il nostro mondo oggi è diverso da quello in cui ci siamo incontrati pochi anni fa. Il tema di fondo è ormai accettato. Come ha scritto recentamente un giornalista del quotidiano inglese di destra “Daily Telegraph” (17.12.2015), “che siamo d’accordo o no sull’ipotesi di un riscaldamento globale causato dall’uomo è cosa irrilevante. Il Politburo (Cinese) lo accetta. Lo stesso fa il Presidente Xi Jinping…questo fatto politico sta sconvolgendo l’industria globale dei combustibili fossili e l’economia dell’energia”. Che cosa è successo? I ghiacciai della catena Himalayana e il permafrost del Tibet stanno fondendo, minacciando risorse d’acqua strategiche per la Cina.

La lobby vede già la scritta sulla parete: “saremo odiati e disprezzati come è successo ai commercianti di schiavi”, ha affermato il Segretario Generale dell’ organizzazione dell’industria carbonifera della UE (FT 16.12.15).

In occasione della recente conferenza di apertura della nuova sede del WFC in Cina è risultato evidente che le autorità cinesi stanno prendendo la minaccia climatica molto sul serio, e stanno cercando soluzioni e partners.

Tragicamente negli Stati Uniti la situazione non è ancora matura, con Donald Trump che dichiara che il cambiamento climatico è “una bufala cinese”. E, per citare il Wall Street Journal (03.08.2015): “se il cambiamento climatico causato dall’uomo è una realtà, ci sarà un problema enorme, che solo un governo potrebbe affrontare. Si tratterebbe di un’opportunità mandata dal cielo per la sinistra, che potrebbe aumentare significativamente il controllo del governo sull’economia e sulle vite personali dei cittadini”. L’idea che il cambiamento climatico sia frutto di una cospirazione volta a ridurre la libertà viene diffusa da un’élite potente e avida che ha ampiamente preso il controllo dei governi per conservare i propri privilegi un un mondo sempre più iniquo.

La storia vera degli ultimi 40 anni è che il libro tanto contestato, Limits To Growth3, è stato profetico, anche per gli USA: “la mediana del reddito familiare in USA nel 2014 era di $50.000. Se avessimo mantenuto il ritmo di cresicta della produttività ai valori pre -1970, sarebbe stato di $97.300” (FT 20.2.16).

Il risultato è che adesso gli Stati Uniti devono far fronte a un rifiuto da parte dei giovani, che votano di nuovo socialista e hanno una opinione migliore del socialismo che del capitalismo (NYT 02.12.2015).

Ma per molti versi questa è una ribellione conservatrice contro un futuro insicuro, che si oppone alle spaccature degli ultimi decenni, inclusa la globalizzazione, la ‘personalizzazione’ delle imprese multinazionali e la conseguente inaccessibilità al sogno americano dei loro genitori.

La rivoluzione tecnologica non li appassiona, ed è probabilmente una buona cosa, visto che – come sottolinea il consigliere di WFC, Rolf Kreibich – “in tutto il dibattito su Big Data e Smart Data non c’è un singolo riferimento allo sviluppo sostenibile”.

Il tecno-stress è causa di calo delle vendite di gadget, mentre in Giappone “le persone stanno diventando sempre più diffidenti sulle tecnologie in senso lato, che sono ora spesso associate all’idea di falsità e inutilità.”

La nuova generazione “satori” è anti-consumista e sta cercando “l’illuminazione” (Baku Eye, May 2014).

Sia questi giovani, sia i loro coetanei in Europa e in USA sono “meno propensi a sostenere l’importanza della democrazia, meno disposti a dare fiducia alle istituzioni democratiche (World Values Survey, 2015).

Questo atteggiamento non sorprende, visto che i politici prendono le decisioni sulla base delle analisi costi-benefici fornite dagli economisti, i cui modelli sono ideologici, e servono gli interessi dei privilegiati senza tener conto delle necessità delle generazioni future. Una visione miope impedisce loro di vedere che le nostre economie dipendono dal funzionamento degli ecosistemi, il cui collasso non distrugge solo il PIL, ma l’intero capitale naturale dal quale dipendono tutti i PIL futuri.

Così, il modello DICE4 tanto usato calcola che anche un aumento disastroso di +4°C di temperatura provocherebbe una riduzione del PIL di appena il 4% , e un aumento di +6°C lo ridurrebbe del 10%, nonostante la previsione che tale variazione di temperatura renderebbe vaste aree del pianeta inabitabili. In tale situazione tutta l’Africa potrebbe essere devastata, ma il PIL globale continuerebbe a crescere… Nessun dogma religioso è così potente e pericoloso come i dogmi degli economisti che affermano che diventeremo tutti più ricchi, persino su un pianeta in fiamme!

Questa pericolosa insensatezza domina ancora, e ne risente persino la strategia delle Nazioni Unite che fissa i traguardi dello sviluppo sostenibile (SDG)5. “A partire dall’attuale rapporto tra crescita del PIL e crescita del reddito dei più poveri ci vorranno 207 anni per eliminare la povertà con questa strategia, e per ottenere quel risultato dovremo far crescere l’economia globale di 175 volte rispetto alle dimensioni attuali – cosa evidentemente impossibile” (Seeds of Change, Vol. 32, No.1, Jan-April 2016, p. 15). Il punto 17.1 dell’ SDG auspica maggiore liberalizzazione del commercio e maggior potere per il WTO6 – nonostante che le minacce ambientali diano indicazioni opposte: più tasse per fermare la distruzione ambientale.

Come è possibile che abbiamo vissuto così a lungo con questo immaginario che ci disconnette dalla nostra terra, e che ora minaccia la nostra sopravvivenza? Nel 1980 la US Heritage Foundation usò l’elezione di Ronald Reagan per imporre un’agenda che ancor oggi sta governando il mondo: 20 squadre con 300 partecipanti per mettere a punto raccomandazioni politiche per tutti i dipartimenti governativi. Queste istruzioni furono pubblicate in un libro di 1000 pagine: “Mandate for Leadership: Policy Management in a Conservative Administration”7. Naturalmente non c’era nulla di “conservativo” nella pianificazione di quelle distruzioni. Ma le raccomandazioni furono ben argomentate, e molte furono realizzate, perché non c’era nulla a disposizione per contrastarle. Per citare Margaret Thatcher: “L’Economia è il metodo: l’obiettivo è cambiare l’anima”. (Sunday Times, 01.05.81).

Oggi persino una rivista di affari come Forbes ammette che “il capitalismo ha devastato il pianeta e non è riuscito a migliorare la condizione umana su scala globale” (09.02.16). Sta aumentando la consapevolezza che abbiamo bisogno di un nuovo approccio per mettere fine a questa devastazione. Mentre non abbiamo le risorse che la Heritage Foundation ha accumulato (a spese della gente e del pianeta), possiamo tuttavia avere molti alleati lungo il cammino verso una Alleanza con la Terra (Earth Trusteeship) e una Giustizia per la Terra (Earth Justice).

Ma dobbiamo rivedere quello che abbiamo fatto finora, non perché fosse sbagliato, ma perché non fornisce più risposte sufficienti per affrontare l’emergenza della Terra (Earth Emergency). Ad un recente convegno, a chi le chiedeva perché parlasse del cambiamento climatico e non dei posti di lavoro, la leader sindacale Burrow rispose: “perché non ci sono lavori in un pianeta morto!” La trasformazione eco-industriale fornirà naturalmente miolti milioni di nuovi posti di lavoro, ma la Burrow capisce qual è la gerarchia dei rischi e dei pericoli…

[…]

Come ho detto abbiamo molti alleati potenti:

  • Il nostro pianeta vivente, che può ancora reagire e ripristinare le condizioni stazionarie se cambiamo strada prima di raggiungere punti di cambiamento irreversibili (‘tipping – points’).
  • I giovani in tutto il mondo, che vedono che le promesse dell’attuale narrativa sono vuote, e sono alla ricerca di alternative credibili.
  • Tutti coloro che sono senza protezione, che stanno rendendosi conto che il nuovo ordine mondiale che ci viene proposto dichiara di non avere ‘tetto’ (cioè limiti biofisici) , ma di sicuro non ha ‘pavimento’ (giustizia sociale).
  • I nostri antenati, che ci hanno dato fiducia, ai quali dobbiamo assicurare che le loro vite e i loro risultati non sono stati vani.

E…

  • …tutte le generazioni future di viventi sulla terra, sulle quali abbiamo un potere senza precedenti di decidere se e come vivranno.

Il Global Policy Action Plan del WFC (GPACT) è il nostro manuale per una leadership responsabile, e propone alcune raccomandazioni cruciali per le popolazioni e per il pianeta.

[…]

Vengono qui rtradotti solo i titoli delle ‘pietre miliari’ che il GPACT propone per un futuro sostenibile

1. promuovere l’educazione ambientale

2. rivitalizzare la democrazia

3. adottare indicatori di progresso alternativi

4. assicurare la rappresentatività politica dei bisogni delle generazioni future

5. mettere fine ai crimini contro le generazioni future

6. ri-orientare le spese militari e coltivare una cultura di pace

7. incentivare la produzione di energia rinnovabile fino al 100%

8. progettare città rigenerative

9. preservare la salute degli ecosistemi

10. riformare in senso ecologico il sistema di tasse (incluse le tasse sul carbonio)

11. liberare l’intraprendenza

12. proteggere le persone / popolazioni vulnerabili

Il discorso di Jakob von Uexküll si conclude con alcune riflessioni.

La rivoluzione morale che ha posto fine alla schiavitù non è stata ottenuta solo grazie alle petizioni, così come la trasformazione che è diventata oggi urgente non si vincerà con il generale Twitter e l’ammiraglio Facebook. Non possiamo sconfiggere un potere così profondamente radicato solo con la statistica o con gli appelli alla ragione. I nostri oppositori stanno avvelenando il nostro bene comune – un crimine considerato gravissimo dai nostri antenati.

Abbiamo anche la necessità di offrire una visione potente e attraente del nostro futuro condiviso come cittadini della terra, in un mondo di risorse scarse. Sarà un mondo con “meno gare automobilistiche e più competizioni di danza” (Chandran Nair), ma un mondo vibrante e fiorente di educazione, arte, musica, sport, spiritualità e interazioni sociali”. Il mio nonno biologo sognava che in un simile mondo il senso della vita sarebbe stato cercato non “dietro agli oggetti, ma dietro ai soggetti”.

Oggi il WFC è a un bivio: vogliamo, possiamo sviluppare le nostre potenzialità?

La scelta spetta a ciascuno di noi. La storia ha bussato forte alla nostra porta. Risponderemo?


Note

1 Il World Future Council (WFC) è una istituzione indipendente fondata nel 2007 ad Amburgo (Germania), allo scopo di elaborare soluzioni politiche che proteggano gli interessi delle future generazioni. Vi partecipano membri attivi nelle istituzioni di governo, nella società civile, nel commercio, nella scienza e nelle arti. Tra i suoi impegni prevalenti vi sono l’abolizione delle armi nucleari e la transizione a energie rinnovabili.

2 http://www.samaritans.org/ Una associazione inglese che offre sostegno psicologico (con un servizio simile a ‘Telefono amico’).

3 “I limiti dello sviluppo” nella traduzione italiana (EST Mondadori, 1972)

4 DICE: Dynamic Integrated Climate-Economy: è un modello di valutazione basato su un programma informatico, sviluppato da William Nordhaus, che integra l’economia, il ciclo del carbonio, la scienza del clima e gli impatti in un modello aggregsato che consente di pesare costi e benefici delle diverse iniziative intraprese per ridurre il riscaldamento climatico.

6 Organizzazione Mondiale del Commercio

7 Un mandato per la Leadership: gestione delle scelte politiche in una Amministrazione dei Conservatori


march 15, 2016
Titolo originale: History has knocked very loudly on our door. Will we answer? 

http://www.worldfuturecouncil.org/2016/03/15/world-future-forum-2016-opening-speech-jakob-von-uexkull/

Traduzione e sintesi di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis

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