Un telefono intelligente… ed equo?
Su ‘Le Monde Diplomatique’ del 10 marzo 2016 è stato pubblicato un interessante articolo del giornalista Emmanuel Raoul dal titolo “E’ possibile fabbricare un telefono equo?”. L’Autore illustra alcuni degli aspetti problematici che l’impresa sociale Fairphone ha dovuto affrontare da quando, nel 2013, ha deciso di produrre un telefono cellulare rispettoso delle persone e dell’ambiente. I nodi da affrontare nel cercare di produrre un telefono ‘etico’ riguardano, da un lato, le condizioni di lavoro durante le fasi di fabbricazione e di assemblaggio, e dall’altro i flussi di energia e materia della filiera. Sono più di una trentina i materiali – provenienti da diversi continenti – che sono necessari per la costruzione di questo oggetto altamente tecnologico.
L’utente finale si trova – spesso a sua insaputa – ad essere collegato (quindi in parte corresponsabile) con realtà sociali drammatiche: capannoni insalubri, turni di lavoro massacranti, mancato rispetto dei diritti dei lavoratori, infortuni e malattie causate da esposizione a prodotti nocivi. Anche l’ambiente subisce tragiche devastazioni ecologiche, con gli scavi in miniera, l’inquinamento delle acque, l’abbandono dei residui tossici di lavorazione. E intorno alle miniere, fonti di enormi ricchezze, si scatenano conflitti armati e guerre, che provocano sofferenze e lutti nelle popolazioni locali. Un caso concreto che i responsabili dell’impresa raccontano è quello relativo alla Repubblica Democratica del Congo, dove è stato tentato un sistema di certificazione dei minerali di stagno ‘non contaminati da conflitti’. Ma molti colossi dell’elettronica preferiscono evitare queste ‘complicazioni’ e si rivolgono ad altri mercati, con il risultato di ridurre i posti di lavoro della popolazione locale – proprio quella che si voleva proteggere. Insomma, le intenzioni sono ottime, ma lungo e complesso è il percorso che porterà a migliorare la situazione.
L’impresa avviata da Fairphone si è dimostrata dunque, in questa fase iniziale, di difficile realizzazione, per la difficoltà di conoscere le situazioni reali delle varie tappe della filiera, e per individuare soluzioni alternative in grado di rispettare i diritti umani e l’ambiente. Sul sito http://www.fairphone.com/ è possibile trovare informazioni (fotografie, video, articoli e notizie di attualità) su molti dei problemi che l’impresa sta affrontando nella prospettiva di offrire ai consumatori un prodotto più equo. E sono i consumatori a sostenere questo ‘esperimento commerciale’: Fairphones infatti non conta sugli investitori, ma sui consumatori, che nel 2013 sono stati invitati a partecipare a una campagna di finanziamento che ha avuto un ottimo successo: in poche settimane sono stati raccolti circa 7 milioni di euro.
Un altro aspetto interessante di questo telefono cellulare è che il nuovo modello, Fairphone2, viene costruito a moduli, in modo da permettere agli utenti di sostituire alcune parti se si rompono o se necessitano di un aggiornamento, prolungando in tal modo la vita del telefono oltre i 2 anni che sono attualmente la durata media del ‘ciclo vitale’, e riducendo l’accumulo in discarica.
Saranno i consumatori a decidere se questa impresa sociale avrà futuro: con un giro d’affati passato da 0 a 16 milioni di euro in un anno e mezzo (come riferisce Emmanuel Raoul a conclusione del suo articolo su Le Monde Diplomatique) sembra che la società civile sia interessata a contribuire alla produzione di oggetti costruiti con maggiore equità e con rispetto per gli ecosistemi.
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