Quo Vadis Europa, dove stai andando?

Johan Galtung

Quo Vadis Europa? Risposta: Da nessuna parte, perché l’Europa non esiste. Su un asse di cinque stadi riguardanti la pace positiva, il processo si è arenato allo stadio #3. Hanno fatto miracoli allo stadio #1 – cooperazione a mutuo e uguale beneficio – e sono stati bravi allo stadio #2 – empatia reciproca, i tuoi problemi sono anche miei, le tue soluzioni sono anche mie. E poi la lunga marcia attraverso i corridoi dell’istituzionalizzazione, stadio #3, il solidificarsi; dalla cooperazione franco-tedesca ai trattati in continuo cambiamento per approdare a un’Unione Europea sempre più profonda. E lì si è fermata.

Lo stadio #4 – la fusione dei suoi stati membri in un’Europa – non c’è e non ci sarà per qualche tempo. Ma lo stadio #5 – trasmissione ad altri che imparino la costruzione di regioni dalle conquiste e dagli errori UE – funziona.

Che cos’è andato storto? In termini taoisti c’erano sì forze intense per un holon, un’Europa olistica, ma le controforze erano ancora più intense. Ed erano molte.

Per prima, le lunghe ombre della storia nelle linee di faglia del passato definite dalla religione: fra l’ ortodossia e il cattolicesimo derivante dalla divisione dell’Impero Romano del 395 (confermata nel 1054); fra il cattolicesimo e giudaismo-ortodossia-islam nelle crociate fra il 1095 e il 1291; fra il cattolicesimo e i protestantesimi, compreso il calvinismo, da circa il 1500, particolarmente la Guerra dei Trent’Anni 1618-48; meno [influenzata] dalle due “guerre mondiali” 1914-18 e 1939-45, che furono causate dal sistema statuale trasceso dal processo di costituzione dell’UE – pur senz’alcuna “Europa”. Stanno ansimando affinché il GASP – acronimo, in lingua tedesca (Gemeinsame Außen- und Sicherheitspolitik, ndt) per politica estera e di sicurezza comune – non li eluda.

Secondo, storie differenti, alcuni colonialisti, altri no, alcuni belligeranti altri no, alcuni sfruttatori del Terzo Mondo, altri no.

Terzo, pur con la guerra e la violenza diretta “impensabile” fra gli stati membri, la violenza strutturale c’è già, fra stati creditori e stati debitori. In parte perché era impensabile non avere quel modo di pensare. Un’importante tendenza mondiale, ma per loro una sorta di “virata”.

L’ex-ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis (“la tempesta di Schäuble in formazione”, [email protected]) cita il ministro dell’economia francese, Emmanuel Macron – banchiere voltosi alla politica –come se parlasse in termini di “un’imminente guerra religiosa in Europa, fra il nordest dominato da tedeschi calvinisti e la periferia prevalentemente cattolica”.

Che un politico-banchiere abbia anche una prospettiva culturale sarebbe da celebrare. Ma ha fatto tre errori nella sua mappa.

Primo, parte del centro dell’UE è calvinista; ma protestante dice quello e altro. Basilare è l’analogia fra la salvezza protestante e i mercati protestanti: salvezza e dominazione sono per i prescelti, c’è un accesso limitato, la fede in Dio e nel mercato è necessaria ma non sufficiente; in ultima istanza, decidono Dio e il Mercato. Il calvinismo porta questo modo di pensare un passo più in là, a un presagio, un presentimento.

Secondo, parte della periferia europea è cattolica, ma parte è ortodossa – nell’UE, Romania-Bulgaria-Grecia – e musulmana. Nella periferia cattolica ci sono anche Lettonia-Lituania-Polonia-Slovacchia-Ungheria-Slovenia e al di fuori del’UE la parte uniate dell’Ucraina, fino al confine ortodosso. C’è sì qualcosa di dominato dai tedeschi, ma al centro-nord non al nordest.

Terzo, “guerra religiosa” è troppo forte; ci sono controforze intense contro quella controforza. C’è un conflitto, eccome, che grida per una soluzione. Ce ne sono? Oh sì, molte, se essi sono interessati.

[1] Ammettere le linee di faglia e superarle con ponti. Più che il punto focale di Emmanuel Macron; cattolici-protestanti vs ortodossi, più gente e più terra. Un ponte multiplo ha bisogno di una testa di ponte in Russia che non definisca la Russia un malvagio non-paese. Un qualche genere di Casa Europea di Gorbaciov. L’Unione Eurasiatica è un fatto sul terreno, più gente e terra che nell’Unione Europea. Quella è la Russia (si guardi la mappa) ma potrebbe migliorare i rapporti verso ovest. Costruire sull’OSCE meno USA e Canada: niente Grexit o Brexit [uscite della Grecia o della Gran Bretagna], ma un’uscita US-Can. La Russia deve lasciar perdere i visti e industializzarsi con un’economia di servizi. E l’UE dev’essere meno anti-russa a riflesso condizionato, saperne di più, capirne di più.

[2] Ammettere le storie differenti. L’enorme movimento di gente da paesi devastati dev’essere trattato da quelli che l’hanno causato. È pura stupidità esigere dall’Europa Orientale di condividere l’onere della reazione ai crimini dell’Europa Occidentale. Diamo uno sguardo alla carta geografica: tutti quei paesi, prevalentemente circondati da mari, hanno trasportato schiavi e/o sviluppato imperi d’oltre mare, colonie, al contrario dell’est senza sbocchi marittimi. Il loro capitalismo non è stato coltivato come capitalismo di rapina all’estero, come il neo-colonialismo, ed è stato convertito/imposto in socialismo-comunismo. Anche i paesi nordici furono coinvolti, salvo Finlandia e Islanda, ma meno.

Molto addentro erano invece gli USA che, isolati dietro ai loro due oceani, provocarono devastazioni in Europa Occidentale e Asia Orientale. Facciamo ospitare agli USA molti migranti, molti di più. Comunque, aldilà di ciò consideriamo i migranti come risorse, non solo una minaccia: poiché riempiono gravi vuoti di popolazione, come manodopera che sviluppa molte zone dell’Europa, come portatori di altre culture per dialoghi e apprendimento reciproco.

[3] Ammettere la contraddizione fra ambito di competenza UE e suo raggio d’azione, fra numero dei suoi membri e profondità d’integrazione. La UE ha optato per l’ambito di competenza, una vasta estensione, e paga il prezzo di una minore integrazione. Un’Europa a due velocità è un cattivo modo di uscirne; quindi una minore integrazione. Mantenere le brillanti “conquiste” come il libero flusso di persone e dei fattori di produzione-informazione e di opinione entro l’Europa; mantenere la condivisione di confine esterno e passaporto; mantenere l’euro – ma forse come valuta comune, non unica, a meno che una Banca Centrale possa servire a creare più uguaglianza, non austerità, finanziando reti di sicurezza.

[4] Ammettere la violenza strutturale fra creditore e debitore entro l’Europa e combatterla con mitigazioni/cancellazioni del debito – non solo per la Grecia e rendendo i membri UE meno dipendenti dalla Germania sollevandone le economie allo stesso livello – senza inganni Volks-wagen. Schiacciare il mito della Germania: un membro fra gli altri. L’UE ha bisogno di cooperazione sud-sud, est-est e sud-est, tanto quanto si sta attivando nel mondo intero.

[5] Ammettere la dipendenza economica-politica-culturale-militare UE dagli USA, optare per l’ indipendenza, non speculando né sull’una né sull’altra con il denaro della gente.

Quo Vadis Europa?


Titolo originale: Quo Vadis Europe, Where Are You Going?

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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