Norvegia rivisitata: Due crisi – una chiazza di petrolio – e…? Johan Galtung

Jondal, Oslo – La Norvegia, in cima all’indicatore ONU per la buona vita da anni, è ora colpita da due diverse crisi; una per l’aspetto meno sviluppato e una per il più sviluppato. Eppure i cittadini sono protetti da una massiccia chiazza di petrolio, il maggior fondo sovrano al mondo, il Fondo Pensioni Governativo per una popolazione in corso d’invecchiamento quando il petrolio si prosciugherà. Per solo 5 milioni d’abitanti, 178.000 $ pro-capite, e in crescita.

Prima crisi: monocultura da Terzo Mondo — petrolio/gas – colpita dai mercati mondiali; da oltre 100 $ al barile a neppure 50 recentemente. Una crisi di sovra-fornitura e anche di sotto-domanda, meno di quanto ci si aspettava: i tossici combustibili fossili fanno la stessa cosa ai polmoni del pianeta Terra che il fumo ai polmoni umani. Le alternative verdi sono forti in Germania, in Cina, in avvio negli USA.

C’è voluta una generazione perché la verità sul fumo penetrasse [nell’opinione pubblica], ma il fumo è sopravvissuto nel Terzo Mondo – per un po’. Ci toccherà lo stesso per la dipendenza dai combustibili fossili, dalla negazione all’astensione, con decisioni collettive. Finora, la gran parte dell’azione è focalizzata sul carbone – compreso il fondo petrolifero norvegese che non fa più investimenti – e sta arrivando l’ora del petrolio.

Con prezzi calanti, una domanda insicura, e 1/3 dell’occupazione dipendente dal petrolio, sta salendo la disoccupazione. A febbraio 4.1% dei circa 2.730.000 complessivi era disoccupato, in aumento all’8% (Klassekampen, KK 12 maggio 2015). Il potente settore petrolifero pretende che sia tutto temporaneo, che presto i prezzi saliranno. Ottimismo ufficiale, sperando che si autorealizzi.

Seconda crisi: un enorme boom edilizio (Oslo è la capitale europea in più rapida espansione) con le famiglie norvegesi fra le più indebitate al mondo (KK, 18 maggio 2015), e pochissimo risparmio. Scenario famigliare? I norvegesi mirano senza tentennamenti ai massimi standard materiali, anche per i figli, con denaro [a prestito] molto a buon mercato, fidando nella durata del boom trainato dal petrolio.

I mercati valutari mondiali raccontano una storia diversa. L’euro era come inchiodato a 8 corone norvegesi, adesso è a 9,5 all’acquisto e 8,5 alla vendita (Den norske Bank, 8 agosto 2015); la gran differenza la dice tutta. L’euro sta calando rispetto al dollaro – ma presto il dollaro può seguire la stessa tendenza, con il mercato obbligazionario mondiale in calo (Financial Times, 6 agosto 2015).

Tuttavia, la Norvegia coprirà questo con l’assicurazione di disoccupazione finora; e qualcuno lo preferirà rispetto a lavorare. E questi s’aggiungeranno all’enormità (15%?) di occupati in malattia (“fa male la schiena, dottore”) quando il vero problema possono essere i conflitti al lavoro e la scarsa capacità di gestirli. I conflitti sono di solito strutturali: le aziende sono troppo verticali; possono essere meglio cooperative orizzontali con punti di vendita [sparsi]. Un’occasione d’oro per i datori di lavoro di liberarsi dei “brysomme arbeidere“, “sobillatori”, il che peggiora la situazione: meno voci a parlare.

A questo si aggiunga la solitudine, una sensazione d’inutilità particolarmente fra gli uomini (75% dei suicidi oltre i 75 anni sono di uomini – KK, 16 maggio 2015). Ma anche fra i giovani: si veda il film OSLO; vacuità, sesso vuoto, droghe – suicidio.

Si aggiunga ancora un’alta immigrazione, principalmente dall’Europa orientale: 15.6% sono o nati all’estero o (1/5) figlio di genitori nati all’estero. I norvegesi vedono il paese sfuggirgli via. Breivik uccise 76 persone quattro anni fa dando la colpa all’apertura del partito laburista ai musulmani.

E poi ancora una disuguaglianza in aumento, in alto ricchezza inaudita nella storia norvegese, seppure senza miseria in basso come nel modello per la Norvegia, gli USA; non ancora. Come continua a far notare il brillante sociologo svedese Göran Thernbom, attualmente a Cambridge: c’è bisogno di una nuova alleanza politica fra le classi basse e medie per trattare una tale situazione. Le elezioni del settembre 2017 possono essere vinte dal partito laburista; solido ceto medio come i democratici USA.

Per di più, legati al “modello Nordico” con lo stato, datori di lavoro e lavoratori che condividono una torta crescente, ma solo dello 0,9%, e con una crescita d’uguaglianza negativa. Un’economia da Terzo Mondo a vantaggio di pochi; stagnazione o peggio per il resto.

Con i massicci problemi dell’atomia – destrutturazione, solitudine – e dell’anomia – deculturazione, insignificanza – indotti da economisti guidati dal Più Grosso, dal Migliore. Esempio: vogliono ridurre il numero dei comuni da 400 a 100. Eppure la comunità locale è una sorgente importante di cura, solidarietà, condivisione, identità. Più razionale sarebbe aumentarne il numero a 4.000, dimensione media 1.250 abitanti, come Jondal nel Hardanger. Piccolo è bello. Qualcosa di grosso è necessario, solo lo si costruisca orizzontale, basato più sull’auto-sufficienza che sul Grosso.

La Norvegia ha 1.000 anni di pace con la Russia da quando i vikinghi norvegesi l’attaccarono; eppure le sanzioni per i problemi sono malcomprese. L’economia è orientata all’UE e la sicurezza agli USA per “quando arrivano i russi”.

Allora, quali sono le soluzioni a tutti questi problemi? Dieci punti, alcuni ovvi:

1 Un’economia completa, con agricoltura, pesca, industrie diversificate, servizi telematici, un settore quaternario di cura per la gente e la natura;

2 Decentralizzazione, trasporto meno inquinante, iniziativa a più mani, un’economia meno orientata alle aziende, più alle cooperative;

3 Aumento dei tassi d’interesse per incoraggiare il risparmio e la diminuzione del debito;

4 Tassazione più progressiva, reintrodurre la tassa sull’eredità;

5 Un salto dal materialismo della crescita economica alla crescita spirituale, approfittando dell’ eccellente offerta culturale della Norvegia contemporanea;

6 Più Comunità Nordica, meno Comunità Europea a dominanza tedesca;

7 Un rapporto non paranoide, aperto, verso la Russia nell’interesse della Norvegia;

8 Più Cina, ammettendo l’errore di un premio Nobel per la Pace a un difensore del colonialismo e della belligeranza USA (un premio non problematico);

9 Rafforzamento del sistema bancario norvegese con un po’ di finanza islamica;

10 Usare i media silenziosi: far fiorire 1.000 dialoghi, meno “esperti” che hanno prodotto questi problemi, più gente comune con idee locali.

Quasi tutto ciò non avverrà. L’americanizzazione nel brutto senso ha eroso la capacità mentale dell’élite; e l’ambasciata USA sarà contraria.

La prognosi per la Norvegia è fosca. E il fondo sovrano non è per sempre.

Eppure, si guardi questo splendido paese! Lo si attraversi, dalla Norvegia I a ovest alla Norvegia II, la parte con Oslo a est, sulla E134 o [7], l’una e l’altra gemme della natura. Si guardi il vuoto invitante fra le due, con parlate norvegesi differenti, con storie differenti.

La Norvegia III è il nord, in buone relazioni con la Russia che batté Napoleone nel 1812 e spianando così la strada alla nostra indipendenza nel 1814; che batté Hitler nel 1944 spianando così la strada alla nostra libertà nel1945. Nostra amica, come gli USA.


10 agosto 2015

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Titolo originale: Norway Revisited: Two Crises-An Oil Slick-And?

http://www.transcend.org/tms/2015/08/norway-revisited-two-crises-an-oil-slick-and/

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