L’eredità dell’Agente Arancio – Damir Sagolj
Con l’approssimarsi del 30 aprile, che segna il 40° anniversario della fine della guerra del Vietnam, c’è gente in Vietnam ancora affetta da gravi menomazioni mentali e fisiche per i perduranti effetti dell’Agente Arancio.
Fra i vietnamiti come fra i veterani USA si sono collegati tumori respiratori e difetti natali all’esposizione di quel defoliante. I militari USA irrorarono milioni di galloni di Agente Arancio sulle giungle del Vietnam durante la guerra per scovare le truppe comuniste del Nord. Il fotografo della Reuters Damir Sagolj ha viaggiato per il Vietnam per incontrare le persone tuttora affette, quattro decenni dopo.
Se si è sull’aereo che decolla dall’aeroporto di Danang in Vietnam, guardando dal finestrino verso destra – fra l’edificio delle partenze e il muro giallo di separazione dell’aeroporto dagli adiacenti quartieri densamente popolati – si vede una brutta cicatrice sulla faccia già non molto graziosa del Vietnam della [pur lontana] guerra. È lì dove erano tenuti i barili del defoliante Agente Arancio che i militari USA solevano spruzzare per il paese. Finalmente adesso, più di quarant’anni dopo, la zona viene decontaminata.
Quando si documenta un anniversario, è facile cadere nella trappola di un cliché “prima e dopo” o, ancor peggio, di fare qualcosa di diverso ma irrilevante.
Pur così, volevo fare una storia sull’eredità dell’Agente Arancio. Attorno a me c’erano molte sopracciglia alzate mentre i colleghi mi chiedevano se non potessi fare qualcosa di nuovo invece di rivangare una storia già detta e ridetta.
Non so dire dove e quando l’ho sentito ma iI consiglio lo ricordo bene: indipendentemente da quante volte sia già stata messa su la storia e da quanti, rifalla come se fossi il primo e il solo a esserne testimone. Ho seguito questo consiglio tante volte in passato e l’ho seguito adesso.
Tali missioni hanno delle norme, fra le cui più importanti quella che più tempo si passa in ambiente sconosciuto, più opportunità si hanno di ottenere immagini intense.
Sicché un collega vietnamita e io siamo andati in viaggio per il Vietnam, un paese che si estende per oltre 1.500 kilometri da Nord a Sud, con moltissime persone ancora affette dall’Agente Arancio.
L’Associazione Vietnamita delle Vittime dell’ Agente Arancio/Diossina (VAVA) ha detto alla Reuters che oltre 4,8 milioni di persone in Vietnam sono state esposte all’erbicida e oltre 3 milioni di esse soffrono di malattie mortali.
Ma poco dopo aver cominciato a fotografare e parlare con le vittime e i loro parenti, mi sono reso conto che avrei dovuto ripensare da capo a come mettere su la storia. La mia reazione immediata e naturale era di avvicinare molto, quasi a contatto del viso delle vittime, per mostrare quel che era successo a quei corpi umani.
Quasi un approccio da fotografia giudiziaria. In un ospizio in periferia di Hanoi, dopo alcuni intensi ritratti di un ragazzo nato senza occhi e di altre vittime con il corpo orribilmente contorto, il mio piano originario lo percepii sbagliato. I visi e gli occhi nelle foto sono impressionanti: il punto focale c’è ma forse mi manca il contorno, magari addirittura la storia relativa.
Voglio inserirli nel contesto del Vietnam odierno, quarant’anni dopo. Per vedere vittime di seconda e terza generazione, dove e come vivono. Per venire a sapere perché figli e nipoti di persone affette nascano tuttora con menomazioni, per scoprire se sanno dei pericoli, e se sì quando l’hanno saputo.
E per fare foto di tutto quanto.
Avvicinandoci alle ex-linee del fronte da Nord, il numero dei casi aumentava. Ci tenevamo in contatto con VAVA, la principale associazione d’aiuto alle vittime, che ci forniva informazioni quanto mai necessarie, compreso il numero delle vittime e dove vivono.
Per tutta la missione, VAVA e altri funzionari locali insieme a famigliari ci hanno confermato che le condizioni di salute delle persone che incontravamo e fotografavamo sono connesse all’ Agente Arancio in quanto i loro genitori o nonni vi sono stati esposti.
In un altro villaggio, Le Van Dan, un ex-soldato sudvietnamita, con addosso una logora giacca militare dei comunisti, suoi ex-nemici, mi ha raccontato come fosse stato irrorato direttamente da aerei USA non lontano dalla sua attuale casa.
Mentre quest’uomo coriaceo parlava fra denti rotti, in una stanza dietro la cucina stavano dando a due suoi nipoti latte fornito da un ente assistenziale governativo.Tuttti e due i bimbi sono nati con gravi menomazioni, dicono i dottori, dovute all’Agente Arancio.
In un piccolo villaggio nella provincia di Thai Binh, in una stanza fredda priva di qualunque mobile, Doan Thi Hong Gam si era rannicchiato sotto una copertina blu. Le pareti sporche suggeriscono rabbia e una qualche sorta di lotta. Lei è tenuta in isolamento da quando aveva sedici anni per la sua aggressività e gravi problemi mentali. Adesso ha 38 anni.
Ho fatto foto della povera donna per circa un quarto d’ora, forse le inquadrature più intense da chissà quanto tempo. Suo padre, un ex-soldato anche lui infermo in un letto della stanza accanto, fu esposto all’Agente Arancio durante la guerra.
Poi un altro villaggio e un’altra immagine. su una collina sopra casa sua, l’ex-soldato Do Duc Diu mi ha mostrato il cimitero che ha fatto per i suoi dodici figli, tutti morti con menomazioni natali. Ci sono alcuni altri posti vacanti vicino alle tombe esistenti, dove si seppelliranno le sue figlie, ancora vive ma malandate.
Anche quest’uomo era un soldato nordvietnamita esposto al defoliante tossico. Per oltre vent’anni lui e sua moglie hanno cercato di avere un figlio sano. A uno a uno i piccoli morivano, e loro pensavano che fosse una maledizione o sfortuna, pregarono e fecero visita a eminenze spirituali ma non servì.
Vennero a sapere dell’Agente Arancio solo dopo la nascita del loro quindicesimo figlio, malato pure lui. Ho fatto una foto della loro figlia più giovane; non è stato facile.
Un villaggio dopo l’altro, emergono immagini forti e storie ancora più forti. La mia macchina fotografica stava a una certa distanza; io riprendevo attraverso reti anti-zanzara e controluce, particolari e riflessi. Abbiamo preso molti appunti cercando di non tralasciare alcun particolare importante necessario per comporre un’immagine precisa. Poi proseguimmo verso sud.
Di ritorno a Danang, accanto al suo aeroporto internazionale, facemmo visita a una giovane coppia che ci vive e lavora dalla fine degli anni 1990. Quando vi si trasferirono, l’uomo era solito andare a pescare, e in cerca di lumache e verdure da portare a casa da mangiare.
La famiglia era povera e ogni cibo era ben accetto. Quel che non sapevano era che l’Agente Arancio, che era stato depositato nei pressi, aveva contaminato le acque e tutto il resto attorno al lago situato presso la pista.
Sua figlia nacque malata nel 2000 e morì a sette anni. Il figlio nacque nel 2008, anche lui malato con gli stessi sintomi della povera sorella. Scattai delle foto e poi accompagnammo in auto la famiglia in ospedale per la trasfusione di sangue al ragazzino, cieco e molto malato. Che mi teneva il dito e poi mi mandò un bacio: lo vidi da lontano mentre me ne andavo.
Gli Stati Uniti smisero di irrorare l’Agente Arancio nel 1971 e la guerra finì nel 1975. Vent’anni dopo, molta gente nei villaggi e nelle città non ne sapeva nulla. Quarant’anni dopo, oggi, bambini e loro genitori ancora ne soffrono e gran parte della storia resta da raccontare. L’Agente Arancio è una grossa tragedia fatta di tante piccole tragedie, tutte artificiali.
Non c’è granché che io possa farci con le mie foto tranne narrarne di nuovo la storia, nonostante tutte quelle sopracciglia alzate. Le foto che ho fatto non riguardano il prima e il dopo, ma tutte l’adesso. Per come leggiamo malamente la storia e le vicende del passato, temo che riguardino anche il nostro futuro.
Guarda il video:
http://cds1.yospace.com/access/selector/u/0/1/106940584?f=000024675963&d=fb&q=1000&yo.sl=2
Traduzione di Micky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
Titolo originale: Legacy of Agent Orange
http://widerimage.reuters.com/story/legacy-of-agent-orange
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