Il terzo millennio – Recensione di Cinzia Picchioni

cop_balducci_terzo_millennioErnesto Balducci, Il terzo millennio. Saggio sulla situazione apocalittica, Mauro Pagliai Editore, Firenze 2014, pp. 216, € 14,00

Più armi affilate ci saranno
più ottenebrata sarà tutta la Terra.
Più abili artigiani ci sono
più saranno inventati pericolosi congegni.
Più leggi saranno promulgate
più ladri e banditi ci saranno.
Tendi l’arco al massimo
e desidererai di esserti fermato in tempo

[Lao Tse, “il suo credo antistorico”, p. 72]

Gli uomini del futuro o saranno uomini di pace o non saranno

Parole, quelle del titoletto qui sopra, pronunciate da Balducci negli anni Ottanta. Il libro presentato questa settimana è di quegli anni (Bompiani, 1981), ma continua ad essere attuale, ecco perché è stato ri-pubblicato ora: “Si è ritenuto opportuno […] ristampare questo saggio […] perché siamo convinti che la lettura del libro ponga interrogativi a cui siamo tuttora chiamati a dare risposta”, pp. 8-9. Ma se qualcuno avesse già letto il libro – che ha proprio lo stesso titolo – non tèma, perché Andrea Cecconi (Presidente della Fondazione Balducci) ci tiene a dirci che: “[…] abbiamo ritenuto di offrire al lettore quel saggio nella sua versione originale – a cui sono state aggiunte soltanto alcune brevi note introduttive a ogni singolo capitolo – pubblicato nella collana “Le ragioni dell’Occidente” […]”, p. 9. Le “brevi note introduttive” sono molto carine, rappresentando una specie di “segnalibro” per leggere gli interventi con qualche dato in più. Anche se il libro è scorrevole, e leggendolo sembra di sentire il padre scolopiano parlare (evidentemente Balducci sapeva scrivere, oltreché parlare, bene); non perdetevi la Premessa, in cui Balducci ci informa che le sue sono “riflessioni in cammino, ipotesi di viaggio. Ma quando vien meno ogni segnaletica, anche l’ipotesi può meritare ascolto”, p. 15. Questo nel 1981…

E l’atomica dove la mettiamo?

Per Balducci il passaggio a una società nonviolenta avrebbe dovuto attuarsi non solo in nome  “di un imperativo morale di tipo cristiano, che deve riscoprire il Vangelo della non-violenza”, ma anche perché la società è “minacciata dalla catastrofe”, p. 8. Ecco la spiegazione del sottotitolo: Saggio sulla situazione apocalittica (che poi, scrive, è “energetica”, l’apocalisse: “Siamo […] come l’equipaggio di un’astronave lanciata nello spazio che si trovi in riserva di carburante. […] Non abbiamo scampo. Per provvedere alla grande macchina del cosmo dobbiamo tentare altre strade”, p. 209. Le altre strade cui si riferisce sono quelle di energie alternative, del sole, del vento, anche perché fa venire i brividi leggere le molte pagine dedicate alla “questione atomica”, e in particolare alle scorie. Da p. 70 scopriamo per esempio che le scorie – “Gli usa ne hanno accumulate 250 milioni di litri”, scriveva Balducci nel 1981 – sono stipate in cassoni sottoterra (?), e – scrive Balducci – “Può bastare un nulla, magari una scossa sismica, per rompere gli involucri e lasciar libero l’elemento mortale”, p. 81. Ma questo è niente e – almeno per me – non è nuovo. Poche righe più sotto invece leggo con raccapriccio che “C’è perfino chi ha progettato di aprire un foro nel fondo corallino del Pacifico per gettarvi dentro, a due chilometri e mezzo di profondità, i contenitori pieni di residui e poi saldare il foro”, p. 81. Chissà se, dal 1981 ad oggi, qualcuno l’ha fatto davvero?

“Quando Einstein riconobbe in Gandhi il più grande spirito del secolo sapeva quel che diceva. Diceva che per rispondere alle minacce mortali dell’era atomica non c’era che la scelta della non-violenza”, p. 205.

Funghi, acidi e stati di coscienza

Il capitolo s’intitola Un messaggio cifrato e tratta di acido lisergico, Timothy Leary, Harvey Cox (il teologo evangelico che provò l’lsd e il peyote; si leggono riflessioni su Rajneesh e Aldous Huxley, in un capitolo veramente interessante, subito prima di un altro – intitolato La rivincita dell’Oriente – che si apre con la frequentazione di Balducci all’ashram del Movimento per la coscienza di Krishna (i famosi “Hare Krishna”) sulle colline di Firenze. Grazie davvero per l’occasione di questa riflessione, sulla orme di un uomo di grande apertura – oltreché cultura.

Vale la pena finire i libri!

Proprio in fondo trovo le parole più toccanti, quelle più evocative, quelle che fanno venire voglia – una volta chiuso il libro – di alzarsi e fare qualcosa. È una poesia di Bertolt Brecht, stampata insieme alle parole di Ernesto Balducci (che la ricorda quasi come una preghiera) che chiudono l’intero libro: “[…] per la fede messianica la vera nube n cui si nasconde il Dio della Promessa è il futuro che incombe su di noi come minaccia o come adempimento. Per entrare in quella nube, credenti o non credenti, dobbiamo in qualche modo pregare, senza fuggire però dal “tempo buio””, p. 213.

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