L’ipocrisia occidentale della libertà d’espressione – Johan Galtung

La società è tripartita: Stato, Capitale, e Popolo con le proprie associazioni, la Società Civile. C’è libertà d’espressione conquistata a fatica e lodabile per il Popolo, diretta allo Stato e ai suoi predecessori feudali, Clero e Aristocrazia. Ma in quanto al Capitale?

Si consideri questo. Qualcuno può pagare l’accesso ai media – giornali, radio, TV – con libertà totale d’espressione di opinioni forti, riempiendo pagine e ore di lettura e d’ascolto-visione; a senso unico – senza contraddittorio, o qualcuno che scriva o dica opinioni contrarie, semini dubbi, presenti dati in opposizione, valori, teorie avverse. Un flusso espressivo in una sola direzione, e non solo un flusso di bla bla bensì per indurre comportamenti, anche per mutarli; mirato ad arrivare sotto-pelle ai lettori-ascoltatori-spettatori, catturandone lo spirito per impartire nuovi ordini ai loro corpi. Un dittatore tiranno potrebbe chiedere di più?

Eppure è ciò di cui consiste la pubblicità, la promozione commerciale. Non una parola contro. Nessuno invitato a scrivere, dire, mostrare, “ho comprato quel prodotto, si è ristretto al primo lavaggio e si è scolorito”; “l’ho comprato ma non teneva l’acqua”. Oppure, anche: Mi è davvero piaciuto, provatene uno!

In politica, si avanzano vedute, idee, opinioni per dibattiti in cui le si contesta; o dialoghi che le sviluppino ulteriormente. Negli affari pure si avanzano apprezzamenti dei prodotti dei venditori, per lo più in spazi pubblicissimi, pur se non per dibattito né per dialogo, ma per convertire appunto lettori ecc. in acquirenti. Al clero e all’aristocrazia nella Francia pre-rivoluzionaria sarebbe piaciuto molto l’accesso ai media “moderni” per convertire la gente in fedeli e servi, incuranti dei tabù contrari al degnarla di risposta ove interpellati, trattati come sacri, come fossero santi.

Sempre più si vendono spazio e tempo mediatico al Capitale (e molto del risultato si usa per criticare lo Stato che ostacola il Capitale) Stato vs Capitale, una politica di sinistra vs una di destra è più rilevante che mai. La censura statale impallidisce al confronto; Stato e Popolo stanno perdendo.

Solleviamoci per la libertà d’espressione: esigiamo che non ci sia propaganda-pubblicità senza spazio e tempo per altri punti di vista. E sapete una cosa?

Il Capitale potrebbe perfino imparare qualcosa dal dibattito critico invece di sparare missive propagandistiche nello spazio vuoto; e potrebbe perfino sviluppare prodotti migliori da un dialogo costruttivo con gli acquirenti come soggetti, non oggetti da manipolare come da un Hitler, uno Stalin, dilettanti mediatici al confronto, che tuttavia rimediavano aggiungendo proiettili alle parole se necessario, come gli USA quando il loro business è sotto sfida.

Questione: Peter Oborne, autorevole articolista al Daily Telegraph, si è recentemente dimesso dopo aver accusato i proprietari, i fratelli Barclay, di sopprimere rapporti sullo scandalo HSBC per timore di perdere ricavi pubblicitari. Libertà d’espressione?

Questione: TPP (Trans Pacific Partnership). “Il TPP è stato negoziato a porte chiuse da burocrati governativi e più di 600 lobbysti aziendali. Minaccia tutto ciò cui si tiene: democrazia, posti di lavoro, ambiente, e Internet.” (“Wetlands Preserve Collective”). Il testo dell’accordo? ignoto, perfino ai legislatori USA. Giornalismo d’indagine da parte dei media principali – Fox, ABC, NBC, CNN? Nessuno. Ci sono voci per cui la Grande Agricoltura, come Monsanto, ha un ruolo primario nella commercializzazione di prodotti geneticamente modificati che c’influenzano tutti, provvedendo a che non ci sia alcuna libertà di esprimersi sugli OGM.

Se i profitti delle aziende USA non arrivano a quanto esse si aspettano, possono citare in giudizio i governi membri del TPP per non aver tolto di mezzo gli ostacoli al mercato, a porte chiuse, con giudici e procedure sconosciuti. Eccetto le sentenze. Non c’è reciprocità in quanto agli USA non si può far causa. Libertà d’espressione nello spazio pubblico? Neppure per i tribunali.

Trasformare questi testi sconosciuti in legge avrà il privilegio di un “iter accelerato” nel Congress USA; Obama lo farà passare a forza. Libertà d’espressione nello spazio pubblico? Neppure per il Parlamento.

Libertà d’espressione in USA? Lasciamo perdere.

Non so quante volte Charlie Hebdo faccia caricature mirate alla pubblicità per prodotti commerciali schifosi, tossici; o sultani del capitale che sfruttano i lavoratori e fregano gli acquirenti. Non sono Charlie Hebdo. Je suis humain.

Eppure caricature riferite alla religione sanno di Francia del 18° secolo, d’Illuminismo, di liberi pensatori che sconfiggono clero e credenti, spianando la strada a Borghesia-Capitale-Affari spimgendo da parte i valori del clero e la forza dell’aristocrazia a favore della compra-vendita senza limiti. Con libertà d’espressione sui propri prodotti per sé soli, protetti dalla legge. Chiunque affronti dubbioso un prodotto dev’essere disposto a fornire prove mentre i venditori possono lodarlo senza presentarne alcuna (pur se occasionalmente lo fanno).

Charlie Hebdo sembra radicato nella Francia del 18° secolo, a rivivere la gran rivoluzione e i suoi valori, non nel 21° secolo segnato e sciupato dai problemi in cui dapprima Napoleone e poi il Capitale li hanno invischiati.

Che dire delle vittime di veder irrise le proprie credenze più profonde? E non solo irrisi, ma offesi, insultati, feriti, dalle caricature? E non solo feriti ma pugnalati al cuore, un’uccisione spirituale? Per il vero credente questo è quel che è; per qualcuno che abbozzi, disegni, è volontà d’espressione. I credenti non sono più sacri, protetti da tabù – oggi i tabù sono generosamente ceduti al Capitale, al Capitale davvero esistente, in azione fattuale – non a quelle ombre sulle pareti della caverna di Platone chiamate dibattiti politici.

Torna in mente Rudolf Steiner, la sua Dreigliederung, società tripartita: Stato-Legge, Capitale, e Cultura. Che sono al loro meglio quando indipendenti l’uno dall’altro. Lo Stato non dovrebbe interferire con il mercato, il Capitale non con la politica, né con la Cultura. Guardiamo anche solo come il Capitale cambi parti importanti della Cultura come gli sport, le arti e la scienza, trasformandoli in prodotti d’acquisto, vendita e investimento, esigendo dalle università che servano il Capitale, non la Verità.

Utilizziamo quel che ci resta della libertà d’espressione per scagliare via il giogo del Capitale pervertito, che sta ora invadendo ogni parte della società.

23 febbraio 2015

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Titolo originale: The Western Freedom of Expression Hypocrisy

http://www.transcend.org/tms/2015/02/the-western-freedom-of-expression-hypocrisy/

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